Il giorno in cui il mondo crollò su Haiti

Port-au-Prince. Palazzo presidenziale. 12 gennaio 2010. Ore 16.53. Il mondo crolla su Haiti.
Una scossa che pare non finire mai – “Goudou-Goudou”, l’han chiamata gli haitiani – e che falcerà la vita di 250 mila persone. Per gli altri, resta il trauma.
Come per questo giovane, che racconta: “Ero alla ricevitoria del lotto quando ho sentito il terremoto. Tutti si sono messi correre e una casa è crollata. C’erano molti morti. Ho lasciato cadere tutto e sono corso fuori. Sono caduto, poi mi sono alzato e ho visto casa mia crollare”.
Goudou-Goudou non ha risparmiato nemmeno la cattedrale. Un soldato brasiliano ha filmato i momenti successivi al crollo con il suo cellulare.
All’interno c’era anche qualcuno che è sopravvissuto.
Ena Zizi, oggi settantenne, era andata ad assistere a un incontro. Racconta: “Io e la persona che era lì con me ci siamo guardate, ma io sono caduta in ginocchio. Non so poi che cosa sia accaduto realmente, ma la stanza mi è crollata sulla testa”.
Dopo sette giorni e sette notti trascorsi al buio, sotto le macerie, senza cibo e senz’acqua, pensando di non rivedere mai più i suoi figli e i suoi nipoti, il miracolo.
Javier Vázquez è il soccorritore messicano che l’ha raggiunta per primo. La sua emozione è grande mentre ricorda: “Sono riuscito a raggiungere la signora e sentire che mi prendeva la mano e la stringeva, ho sentito come se fosse Dio a toccarmi la mano, e ho potuto baciarle la mano, e lei mi chiamava figlio. Ho sgomberato la zona. I nostri fratelli, i Topos de Cancùn, ci hanno aiutati, e anche i nostri fratelli soccorritori del Sudafrica”.
Purtroppo, Ena è stata solo una dei pochi fortunati.
Chi non è morto, non ha più una casa. O un braccio, o una gamba. Goudou-Goudou si è portato via anche quelli.