Reddito minimo nell'Ue: un progetto pilota aiuta i più vulnerabili

In collaborazione con The European Commission
Reddito minimo nell'Ue: un progetto pilota aiuta i più vulnerabili
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Di Bryan Carter
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Il progetto Cris, finanziato da Bruxelles, punta su soluzioni personalizzate per aiutare le persone più vulnerabili: oltre a garantire alloggio e una somma di denaro per le necessità di base, si preoccupa dell'integrazione delle persone nel tessuto sociale.

La città di Offenbach, vicino a Francoforte sul Meno, in Germania, è un importante polo economico. Qui vive un gran numero di immigrati, che spesso hanno difficoltà a integrarsi nel mercato del lavoro e nella comunità locale. I Milanov sono una famiglia di lingua turca con tre figli, emigrata dalla Bulgaria in Germania dieci anni fa. Sono stati anni difficili, segnati da lavori precari, barriere linguistiche e culturali. Negli ultimi due anni, però, una rete di sicurezza sociale finanziata con fondi pubblici ha permesso a questa famiglia di guardare con più ottimismo al futuro.

"Dopo aver perso il lavoro, mi sono rivolto allo Stato e mi hanno aiutato - dice Radostin, il padre di famiglia -. Non avevamo un posto dove stare. Ci hanno trovato subito un appartamento. Hanno trovato un posto a scuola per i miei figli e ci hanno sostenuto. Ci hanno anche spiegato come si vive in Germania".

La famiglia Milanov partecipa a Cris (Cooperate, Reach out, Integrate Services), un progetto pilota finanziato dall'Unione europea. L'obiettivo è quello di trovare nuove soluzioni per aiutare le persone più vulnerabili. Per Serdar Damar, coordinatore di questa iniziativa al centro per l'impiego comunale di Offenbach, i programmi di reddito minimo devono essere più personalizzati.

"Abbiamo più successo quando le persone si fidano di noi - dice Damar -, quando vedono che non sono un numero nel nostro elenco, ma vedono che ci preoccupiamo dell'intera famiglia, che prendiamo sul serio i loro problemi e le loro preoccupazioni, che prendiamo sul serio anche i loro problemi di salute. Questo li fa sentire accuditi. Si sentono integrati in Germania, si sentono accettati. Credo che questo sia il modo migliore per costruire una vita comune con queste persone e un futuro per loro.

95 milioni di persone a rischio di povertà

Si stima che 95 milioni di persone nell'Unione europea siano a rischio di povertà o esclusione sociale. Per Matthias Schulze-Boeing, coordinatore transnazionale del progetto Cris, il reddito minimo tedesco è un buon modello, anche se secondo lui può essere migliorato.

"Copriamo l'intero costo dell'alloggio ed eroghiamo una somma di denaro che copre le necessità di base - dice Schulze-Boeing -. Quindi ci dovrebbe essere sempre un incentivo ad accettare un lavoro per guadagnare di più: questo è il principio di base anche in Germania. C'è un ampio margine di miglioramento per integrare questi servizi: sostegno ai giovani, ai ragazzi, servizi sanitari e servizi abitativi per rendere tutto più efficiente".

L'Ue sta facendo abbastanza?

Bruxelles ha inviato una raccomandazione agli Stati membri su come migliorare i loro programmi di reddito minimo. Le riforme dovrebbero concentrarsi su: copertura e utilizzo; accesso ai mercati del lavoro e ai servizi; sostegno individualizzato e supervisione efficace. Basterà per avere un impatto nella lotta alla povertà? Ne abbiamo parlato con Bea Cantillon, professoressa di politica sociale all'Università di Anversa.

Qual è la sua opinione sul reddito minimo e sul modo in cui viene attualmente applicato nell'Unione europea?

Innanzitutto vorrei dire che è estremamente importante il fatto che tutti gli Stati membri dell'Unione prevedano il reddito minimo come rete di sicurezza per i loro cittadini. Non è così, ad esempio, negli Stati Uniti. Negli ultimi anni anche gli Stati membri che erano in ritardo si sono messi al passo.

Bruxelles sta spingendo per una raccomandazione sul reddito minimo, ma una raccomandazione non è vincolante. Perché non sta spingendo per una direttiva o un regolamento in materia?

Ci sono state molte iniziative, ma direi che l'iniziativa più forte finora è il testo che abbiamo in questa proposta. Prima di tutto, è necessario fissare i salari minimi. Poi si può pensare a una direttiva sulla tutela del reddito minimo. È anche difficile definire quali siano i bisogni fondamentali nell'Unione europea.

Tutto questo è legato anche alla struttura dell'Unione, dove politiche sociali e del lavoro sono ancora in gran parte nelle mani degli Stati membri?

Assolutamente sì. Ma è difficile immaginare qualcosa di diverso. Non si può pensare a un programma di reddito minimo europeo che copra tutti i cittadini dell'Unione europea allo stesso modo. Le differenze tra i Paesi sono troppo grandi in termini di livelli di benessere, capacità economica e sicurezza sociale: ci sono situazioni molto diverse nei vari Stati membri.

A Offenbach abbiamo visto un progetto per il reddito minimo che adotta un approccio a 360°. Pensa che sia una strada da percorrere?

Assolutamente sì. A livello locale il lavoro delle agenzie di welfare è importante, ma non possono sostenere un numero elevato di beneficiari del reddito minimo. È quindi importante che i programmi di reddito minimo rimangano l'ultima risorsa per un numero limitato di persone. Perché se il numero aumenta, come è successo in Europa, diventa sempre più difficile avere un approccio a 360°.

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