Georgieva: "Investire nella protezione del clima per scongiurare la crisi"

In collaborazione con The European Commission
Georgieva: "Investire nella protezione del clima per scongiurare la crisi"
Di Efi Koutsokosta
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Fra mille incertezze, l'economia europea rallenta. Ma talvolta dietro un ostacolo si celano nuove opportunità. Questa settimana andiamo a vedere se la Grecia sia pronta a fare affari con la Cina e incontriamo la nuova direttrice dell'Fmi Kristalina Georgieva

In quest'edizione di Real Economy andiamo a Berlino, capitale del motore economico europeo. Con l'arrivo dell'inverno, l'economia ne segue l'umore, rallentando. Ma talvolta dietro un ostacolo si celano nuove opportunità. Un ottimo esempio è la Grecia, che è ora pronta a fare affari con la Cina. E a Berlino incontriamo anche la direttrice dell'Fmi Kristalina Georgieva per capire se questo tempestoso clima economico possa placarsi. Ma prima vediamo che cosa sta succedendo nel mondo e come questo influenza il nostro continente europeo.

Il corso accelerato: la guerra commerciale Usa-Cina e la situazione economica nell'Ue

Bruxelles ha tagliato le previsioni di crescita per la zona euro al livello più basso dal picco della crisi finanziaria, e non prevede miglioramenti per il 2020. Perché? A causa delle persistenti incertezze.

Stati Uniti e Cina sono impegnate in una guerra dei dazi dal marzo 2018 e il maggiore paese europeo rimasto vittima del fuoco incrociato commerciale fra le due potenze è la Germania.

In Germania le esportazioni rappresentano quasi la metà dell'economia. I settori che esportano di più sono quello delle automobili e dei macchinari industriali.

Ora, la crescita tedesca è in forte declino dal 2017.

La Cina, un partner commerciale chiave per la Germania, ha ridotto la domanda di prodotti esteri in seguito al rallentamento della sua economia. E poiché la Germania ha una catena di approvvigionamento che si estende all'Europa centrale e orientale, paesi come l'Ungheria, la Slovacchia e la Polonia iniziano a risentire del rallentamento che sta toccando ormai tutta l'Ue.

Il Pireo, porta d'ingresso in Europa per la Cina

Sotto pressione da parte degli Stati Uniti, la Cina dovrà aprirsi al commercio con nuovi alleati. E Atene le ha srotolato di fronte il tappeto rosso. Nel 2016 il porto del Pireo è diventato il simbolo della Belt and Road Initiative quando Cosco, un gigante del trasporto marittimo di proprietà dello Stato cinese, ne è diventato il principale azionista. Ora, tra l'acquisizione del 67 per cento del porto e le entrate e gli investimenti previsti, si tratta di un affare da oltre un miliardo di euro che fa del Pireo il più grande porto del Mediterraneo. 

Un investimento che, nell'ottica del governo di Atene, dovrebbe avere un grande impatto sull'economia locale, con la creazione di posti di lavoro, ma anche sull'economia nazionale. E un investimento giustificato dalla posizione strategica del porto, dal punto di vista di Pechino. Le merci che viaggiano fra Asia ed Europa via mare attraverso il canale di Suez trovano il Pireo come prima porta d'ingresso verso l'Europa continentale. A chi teme che il porto ateniese possa servire da cavallo di Troia per Pechino, Tassos Vamdakidis di Piraeus Container Terminal S.A. risponde: "Non siamo al servizio della Cina, siamo al servizio del commercio. Ogni merce che passa attraverso il canale di Suez, che venga dalla Cina, dall'India, dall'Australia o altro, arriva qui dieci giorni prima che se dovesse fare tutto il giro per arrivare ai porti del nord Europa".

Ma l'impatto degli investimenti cinesi va ben al di là di gru e container. La collaborazione con Cosco ha anche fatto affluire liquidi in questa zona un tempo duramente colpita dalla crisi. E per rendere le future relazioni commerciali proficue per tutti, la scorsa primavera l'Unione europea ha chiesto che siano effettuati attenti controlli quando si tratta di investire in settori strategici e che ci sia una maggiore reciprocità negli accordi tra Europa e Cina. Perché non è tutt'oro quel che luccica, denuncia il sindacalista Giorgos Gogos: "Certo, c'è più gente che lavora - concede Gogos -. Ma il problema è che lavorano in condizioni peggiori e con salari più bassi".

La Grecia rimane il paese europeo con il più alto tasso di disoccupazione

Dopo la crisi con gli Stati Uniti, la Cina punta ora a investire in Europa. L'acquisizione del Pireo può fornire un prezioso feedback per esperienze future. Ma Bruxelles, che ha descritto la Cina come un "rivale sistemico", ha esortato gli Stati membri Ue a lavorare tutti insieme quando si tratta di collaborare con la seconda economia mondiale.

Kristalina Georgieva: "Investire meglio nella ricerca ed essere leader nelle politiche climatiche"

Torniamo a Berlino, dove incontriamo la nuova direttrice del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, per discutere della situazione, e cercare di capire se ci sia una via d'uscita da questa cappa di pessimismo.

Efi Koutsokosta, euronews: Signora Georgieva, l'Europa, o diciamo pure la Germania, che cosa possono fare per evitare o uscire da questa stagnazione?

Kristalina Georgieva, direttrice del Fmi: "Ecco come vediamo che dovrebbe agire l'Europa: per cominciare, investimenti molto più decisi nella competitività europea, in ricerca e sviluppo. L'Europa deve puntare in alto, in tutti i paesi, per essere sicura di poter competere con l'Asia e con gli Stati Uniti in futuro. E poi, la politica climatica: vorrei esprimere la mia forte opinione sul fatto che è questo il momento storico in cui l'Europa può diventare leader a livello mondiale. Investire nella crescita della resilienza climatica con soluzioni a basse emissioni di carbonio può stimolare un percorso di crescita più dinamico per l'Europa, in cui naturalmente l'Europa si troverebbe in una posizione all'avanguardia in quello che sarà inevitabilmente il futuro di tutto il mondo".

Ci sono ancora tensioni commerciali fra gli Stati Uniti e la Cina, non c'è ancora un accordo, allora le chiedo: è un'opportunità questa per l'Europa?

"Quest'anno stimiamo che gli scambi cresceranno solo dell'1,1 per cento. Questo in sostanza ci dice che il motore commerciale della crescita gira a vuoto. Abbiamo calcolato quanto costano queste tensioni commerciali, e abbiamo concluso che entro il 2020 il costo per l'economia mondiale sarà di 700 miliardi di dollari, pari allo 0,8 per cento del pil globale. Non è poco. E che cosa include questa cifra? La parte più piccola viene direttamente dai dazi, la parte più consistente deriva dall'incertezza, quindi noi vogliamo un avvicinamento fra Stati Uniti e Cina attraverso un accordo che farebbe crescere la fiducia, ma sul lungo termine una tregua commerciale non basta. Abbiamo bisogno di una pace commerciale sostenibile. E noi crediamo che l'Europa abbia un interesse molto forte in questo, perché l'Europa è principalmente un'economia aperta orientata all'esportazione, quindi dobbiamo farci sentire".

E se questo non succederà presto, pensa che attraverseremo un periodo negativo nell'economia, forse una brutta recessione?

"Per ora non vediamo le condizioni di un grosso peggioramento, ma temiamo che un lungo periodo d'incertezza commerciale possa avere effetti molto negativi sulla crescita".

Journalist • Selene Verri

Video editor • Sebastien Leroy

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