L'Europa si interroga sui carri armati all'Ucraina

Un carro armato ucraino si dirige al fronte nella regione di Donetsk
Un carro armato ucraino si dirige al fronte nella regione di Donetsk Diritti d'autore Evgeniy Maloletka/Copyright 2020 The AP. All rights reserved
Di Stefan Grobe
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La settimana europea è stata segnata dalla richiesta di Kiev di mezzi corazzati: Polonia e Regno Unito favorevoli, Germania più esitante. L'Occidente co,patto, invece, nel condannare l'assalto alle istituzioni in Brasile

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I paesi occidentali stanno iniziando a rendersi conto che dovranno fare di più per aiutare l'Ucraina liberare il proprio territorio dall'occupazione russa.

Il momento dei carri armati?

Germania e gli Stati Uniti hanno recentemente concordato di inviare veicoli terrestri da combattimento nel Paese, ma il governo di Kiev chiede carri armati.

E su questo gli alleati occidentali non sembrano coincidere e nessuno sembra in graado di provvedere da solo.

Polonia e Regno Unito stanno progettando l'invio di mezzi corazzati in Ucraina, ma vogliono "lavorare con i partner", come ha spiegato il presidente polacco Andrzej Duda: "Vogliamo che questa sia una coalizione internazionale e abbiamo preso la decisione di contribuire a questa coalizione con un pacchetto di aiuti militari. È Il primo pacchetto di carri armati, carri armati Leopard e spero che altri Paesi contribuiscano con altri Leopard".

I Leopard sono costruiti in Germania. Quindi la decisione di Londra e Varsavia aumenta la pressione su Berlino e su altri governi, perché aderiscano all'iniziativa militare.

Tuttavia, la Germania esita, temendo forse un'ulteriore escalation della guerra, che potrebbe potenzialmente trascinare la Nato nel conflitto.

Condanna unanime

In altri scenari internazionali il blocco occidentale è più compatto, come la condanna di quanto accaduto in Brasile, dove una folla di manifestanti ha assaltato i palazzi delle istituzioni, contestando il risultato delle elezioni presidenziali, che hanno visto la sconfitta del leader di estrema destra Jair Bolsonaro.

“In tutto il mondo le democrazie vengano attaccate, questo è sempre un attacco alla nostra libertà e ai nostri valori. Pertanto, tutta la nostra solidarietà al popolo brasiliano e alle istituzioni democratiche del Brasile, che hanno eletto un nuovo governo con elezioni libere ed eque”, ha detto in proposito Annalena Baerbock, ministro degli esteri tedesco.

L'internazionale dei nazionalisti

Ma nemmeno l'Europa è totalmente estranea alle proteste violente o alla retorica populista. Una sorta di negazionismo elettorale si sta lentamente insinuando anche a queste latitudini, spiega Panos Panayotu, politologo a capo del gruppo di ricerca sul populismo presso l'Università di Loughborough.

Quanto che abbiamo visto negli Stati Uniti e in Brasile può arrivare in Europa?

Per  rispondere a questa domanda, dovremmo considerare i crescenti legami tra alcuni politici e partiti di destra radicale di Paesi diversi. Quello a cui stiamo assistendo ultimamente è l'emergere di una forma peculiare di sovranismo internazionale occidentale, o, in altre parole, l'emergere di una cosiddetta Internazionale nazionalista. Potrebbe sembrare paradossale per alcuni, perché tendiamo a pensare ai nazionalisti come esponenti rivolti al pubblico nazionale. Ma ultimamente vediamo un tentativo di sviluppare legami più stretti tra loro. 

Non dimentichiamo che nel 2015 hanno istituito un gruppo politico al Parlamento europeo. Organizzano incontri in tutta Europa, dove si riuniscono figure di estrema destra dall'Ungheria, all'Austria, alla Polonia. E questo tentativo di rafforzare i legami tra le destre radicali non è limitato all'Europa. Si espande fino all'altra parte dell'Atlantico. Quindi, sì, penso che qualcosa di simile potrebbe accadere in Europa con personaggi come Viktor Orbán, ad esempio.

Perché nel 21esimo secolo le difese della democrazia faticano a reggere? Come spiegare questa drammatica diminuzione della fiducia nelle istituzioni democratiche?

Un aspetto chiave comune agli eventi dell'8 gennaio in Brasile e del 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti è l'uso dei social media per diffondere disinformazione e teorie del complotto. Nel 2021 l'intera situazione è stata provocata ovviamente da Donald Trump. Ma soprattutto, i rivoltosi sono stati sobillati in spazi online dominati dalle teorie del complotto di QAnon e dai gruppi di estrema destra che diffondono disinformazione sulle "elezioni rubate" e sui "brogli elettorali". In Brasile abbiamo visto qualcosa di molto, molto simile. E ovviamente in Brasile questa campagna di disinformazione è iniziata già a ottobre, e poi al primo turno delle elezioni, e già da anche prima stavano costruendo narrazioni per "fermare il furto" e si parlava persino di un colpo di stato, se Bolsonaro avesse perso le elezioni.

Il populismo è diventato un pericolo, persino un nemico per la democrazia?

Dovremmo stare più attenti quando etichettiamo come populisti degli eventi o degli attori in questi eventi. Penso che dovremmo chiamarli per quello che sono veramente. Cioè estremisti di estrema destra. Cioè nazionalisti, razzisti, sessisti e in molti casi fascisti. Quindi il populismo non è ciò che definisce veramente questi personaggi. È il loro sovranismo, che è una combinazione di nazionalismo e xenofobia. E ciò che li definisce anche è il loro autoritarismo.

Proteste ambientaliste

Ci sono invece forme di protesta più pacifiche, anche se provocano disagi nelle città.

A Vienna, gli attivisti per il clima del gruppo Ultima Generazione si sono incollati alle strade per bloccare il traffico mattutino nell'ora di punta. Hanno chiesto misure climatiche più ambiziose, come l'introduzione un limite di velocità sulle autostrade in Austria e la fine dell'uso di combustibili fossili.

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Un blocco stradale è stato subito sciolto fermato dalla polizia, gli altri sono durati circa un'ora.

A differenza di altri Paesi in cui si sono svolte azioni simili, le persone al volante hanno rispettato la protesta e aspettato con calma nelle loro automobili fino a quando le strade non sono state liberate.

Forse per solidarietà con i manifestanti, forse per le gelide temperature esterne.

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