La Commissione vuole cambiare le regole fiscali dell'Unione Europea

Alla fine del secondo trimestre del 2022, il rapporto debito pubblico/Pil nell'area euro si attestava al 94,2%
Alla fine del secondo trimestre del 2022, il rapporto debito pubblico/Pil nell'area euro si attestava al 94,2% Diritti d'autore INA FASSBENDER/AFP or licensors
Di Efi KoutsokostaVincenzo Genovese
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Presentata la riforma del Patto di stabilità e crescita, ora all'esame dei 27 governi nazionali. Restano i parametri su debito e deficit, ma chi non è in regola avrà piani di rientro personalizzati

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Bastone e carota per i Paesi più indebitati dell'Unione Europea. Nella proposta di modifica del Patto di stabilità e crescita presentata dalla Commissione rimangono gli obiettivi generali per le economie dei 27: debito al massimo al 60% e deficit annuo massimo al 3% del proprio prodotto interno lordo. Ma chi, come l'Italia, non rientra nel primo parametro avrà più flessibilità per farlo.

Il nuovo Patto

La novità più significativa della proposta riguarda la traiettoria che gli Stati con un debito pubblico superiore al 60% del proprio Pil, che al momento devono ridurre la propria quota di un ventesimo all'anno.

Ma la Commissione ha riconosciuto che per alcuni Paesi con debiti esorbitanti, come Grecia (182% del Pil) o Italia (150%), il programma di riduzione semplicemente non è realistico.  

Quindi questi Stati dovranno presentare un piano di "medio-lungo termine", che comprenda riforme e stime di investimenti pubblici. La Commissione lo valuterà, assicurandosi che la direzione intrapresa sia quella corretta e che il deficit annuo rimanga sotto il 3% del Pil. Dopo l'approvazione da Palazzo Berlaymont, l'ultimo via libera spetterà al Consiglio, cioè agli altri stati.

Come ha chiarito il commissario all'Economia Paolo Gentiloni, l'importante è che tutti gli Stati sovraindebitati mostrino una tendenza alla riduzione della propria esposizione.

"C'è uno spazio di manovra fiscale per gli Stati membri, anche per quelli con debito elevato che negozieranno un percorso più lungo di graduale riduzione del proprio debito", ha spiegato il commissario a Euronews. 

"Poi guadagneranno altri tre anni, rispetto ai quattro anni del piano di rientro iniziale, in caso di investimenti sulle priorità comuni, ovvero latransizione ecologica e la transizione digitale. E penso che avremo un confronto con gli Stati membri sulla possibilità di aggiungere anche le spese legate alla difesa", 

Questi Stati devono però sempre proseguire nella riduzione dell'indebitamento: se così non fosse, secondo il nuovo quadro regolatorio della Commissione sarà più facile applicare loro sanzioni finanziarie. Le "punizioni", comunque saranno inferiori a quelle previste nel Patto attuale e produrranno più un danno reputazionale che un danno economico, secondo fonti della Commissione stessa.

Una lunga discussione

Le nuove regole fiscali comunitarie saranno ora discusse dai 27, a cui è stato anticipato il nucleo della proposta, in attesa del testo ufficiale.  Il Patto attualmente in vigore, intanto, resta sospeso fino alla fine del 2023: una decisione presa inizialmente per fronteggiare le conseguenze della pandemia da Covid19 e poi quelle della guerra in Ucraina.

Il primo round del dibattito sarà il Consiglio dei ministri dell'Economia a Bruxelles all'inizio di dicembre: non sarà facile mettere tutti d'accordo, ma ancora più problematico potrebbe rivelarsi un lungo stallo, che potrebbe penalizzare i Paesi dell'Unione sui mercati. 

"Vedo un punto di partenza comune: la consapevolezza del fatto che servono percorsi più graduali e differenziati per ridurre il debito e che abbiamo bisogno di spazio fiscale per gli investimenti", spiega Gentiloni. Ma secondo fonti comunitarie il nuovo Patto non sarà approvato prima di giugno

Il confronto che si attende è quello tra i governi dei cosiddetti Paesi frugali (Germania in testa) e quelli più inclini ad allentare i vincoli, che tendenzialmente corrispondono agli Stati con maggiore debito pubblico (tra cui l'Italia).

Trovare un equilibrio tra flessibilità e rigore è nell'interesse di tutti. Ma come dice, saggiamente, il commissario all'Economia, "il diavolo è nei dettagli". E ai governi nazionali sono proprio i dettagli che interessano.

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