Dal petrolio al litio, la difficile conversione energetica dell'Unione europea

Il mercato delle batterie di litio varrà 35 miliardi di euro entro il 2030, spinto da quelle per i veicoli elettrici
Il mercato delle batterie di litio varrà 35 miliardi di euro entro il 2030, spinto da quelle per i veicoli elettrici Diritti d'autore Manu Fernandez/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.
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La volontà di diminuire le emissioni di gas a effetto serra porterà a una graduale eliminazione delle automobili alimentate a combustibili fossili. Ma l'Europa rischia una nuova dipendenza dall'estero

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Il desiderio dell'Unione europea di abbandonare i combustibili fossili e porre fine alla sua dipendenza dall'energia russa non comporterà solo un cambiamento epocale nelle abitudini dei consumatori, ma richiederà probabilmente anche molto litio. Dato che la produzione europea è molto scarsa, il rischio è però quello di passare da una dipendenza a un'altra.

L'importanza del litio

Il Green Deal europeo prevede i 27 Paesi dell'Unione raggiungano la neutralità climatica entro il 2050. Per restare in pari con la tabella di marcia, l'UE mira a ridurre le emissioni nette di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto al livello degli anni '90, vietando la vendita di automobili alimentate a combustibili fossili dopo il 2035 e aumentando la quota di rinnovabili nel proprio mix energetico fino al 40%.

Il litio giocherà allora un ruolo cruciale, dato che è utilizzato per le batterie dei prodotti elettronici, dagli smartphone alle televisioni fino alle auto elettriche, ma anche per immagazzinare l'energia prodotta dai pannelli solari e dalle turbine eoliche.

Secondo la Banca mondiale, la produzione di minerali, come grafite, litio e cobalto, dovrebbe aumentare di quasi il 500% entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi climatici, mentre i funzionari dell'UE stimano che per raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo, i Paesi del blocco comunitario avranno bisogno della quantità di litio utilizzata attualmente moltiplicata per 18 entro il 2030 e per quasi 60  entro il 2050.

Autonomia strategica cercasi

Tuttavia, l'Europa ha solo una miniera di litio, che si trova in Portogallo, e la stragrande maggioranza del suo fabbisogno è attualmente soddisfatta dalle importazioni. Circa l'87% del litio grezzo impiegato nell'UE proviene dall'Australia, che è anche il maggior produttore a livello mondiale, seguito dal Cile.

Al terzo posto c'è la Cina, con circa il 7% delle riserve mondiali e soprattutto una fiorente lavorazione del materiale: più del 70% delle batterie agli ioni di litio commercializzate nell'ultimo anno sono sdi provenienza cinese.

L'Unione europea è consapevole di questa dipendenza e ha aggiunto il litio alla sua lista di materie prime strategiche nel 2020. Un portavoce della Commissione ha riconosciuto a Euronews che "la produzione e la raffinazione del litio sono fortemente concentrate in una manciata di Paesi stranieri, il che aumenta la nostra vulnerabilità a vari rischi di approvvigionamento".

"Data la rilevanza economica e tecnologica di questa risorsa, nonché le dipendenze esterne che genera, è nostra responsabilità garantire che l'economia europea possa beneficiare di una fornitura sostenibile e resiliente di litio".

La strategia è chiara: più produzione interna, meno importazioni. "Sebbene l'UE continuerà a coltivare i suoi partenariati internazionali, esiste un notevole potenziale di estrazione del litio all'interno dei nostri confini e il suo sfruttamento potrebbe creare migliaia di posti di lavoro. Lo sviluppo di operazioni locali di estrazione e lavorazione non solo rafforzerà la nostra autonomia strategica e la nostra economia, ma consentirà di monitorare e contenere meglio gli impatti ambientali delle industrie minerarie, molto più difficili da controllare fuori dall'UE", 

L'opposizione alle miniere

Attualmente ci sono dieci progetti potenzialmente realizzabili nell'UE: tre in Portogallo, due in Spagna e Germania, uno a testa in in Repubblica Ceca, Finlandia e Austria.

Per Rene Kleijn, professore associato presso l'Istituto di scienze ambientali dell'Università di Leiden, nei Paesi Bassi, "se tutti questi impianti diventassero operativi, sarebbero probabilmente sufficienti per il nostro fabbisogno".

Ma bisogna fare i conti anche con i luoghi dove queste miniere di litio sorgeranno. Un progetto da 2,2 miliardi di euro in Serbia è stato accantonato all'inizio di quest'anno dopo una forte contestazione locale basata su preoccupazioni ambientali. Una forte opposizione all'attività estrattiva si registra pure a Fundão, in Portogallo, sede dell'unica miniera europea.

Il processo di estrazione del litio avviene principalmente in due modi. C'è il metodo tradizionale, con il metallo estratto dalla roccia e quello idraulico, che prevede di pompare enormi quantità di acqua sotterranea in superficie per poi rimuovere il litio dal liquido salmastro che emerge al momento dell'evaporazione.

Entrambi sono considerati problematici per il territorio e la popolazione locale, con potenzial rischi di inquinamento di aria e acqua. Anche l'utilizzo dell'acqua per estrarre il litio è controverso, poiché provocherebbe carenza in alcune aree,anche a causa dei periodi di siccità di cui soffrono i Paesi del Sud Europa: gran parte del Portogallo e della Spagna, ad esempio, hanno registrato l'esaurimento dei propri bacini idrici durante l'inverno.

Ma ci sarebbe un terzo modo, più ecologico, di estrarre il litio, chiamato "estrazione diretta" e che verrà sviluppato per il potenziale progetto tedesco. Si basa sull'energia geotermica per pompare in superficie il liquido salmastro sotterraneo che contiene il litio e poir riportarlo in profondità dopo l'estrazione.

Dall'estrazione alla produzione

L'attività estrattiva, tuttavia, è solo la punta dell'iceberg. Una volta estratto, il litio deve essere raffinato, le batterie prodotte ed eventualmente riciclate.

"Una delle maggiori fonti di inquinamento in Europa e di emissioni di gas a effetto serra è il trasporto su strada", dice a Euronews Julia Poliscanova, responsabile per il settore veicoli elettrici a Transport & Environment, federazione europea che spinge per una mobilità a impatto ridotto.

I trasporti generano circa un quarto delle emissioni totali dell'UE e il trasporto su strada rappresenta circa il 70% di esse. "Il modo migliore per ridurle è il passaggio alla mobilità elettrica e per questo abbiamo bisogno di batterie e quindi di litio".

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"Tuttavia è importante sottolineare che qualsiasi estrazione mineraia di materie prime ha un impatto. Quando si tratta di litio, l'impatto calcolato sulla singola automobile è significativamente inferiore a un veicolo alimentato a benzina, che brucerebbe 17mila litri di petrolio".

"Per la batteria di un veicolo elettrico, servono circa cinque o sei chilogrammi di litio, che puoi poi riciclare e riutilizzare. Bisogna prenderne di nuovo solo all'inizio e poi il processo è circolare. Quindi l'impatto del litio è di molto inferiore a quello del petrolio".

Stati Uniti e Cina in vantaggio sull'Europa

Ma ancora una volta l'Europa è in ritardo sull'intera infrastruttura della catena di approvvigionamento.

La Direttiva europea sulle batterie del 2006 è stata redatta prima che le batterie agli ioni di litio acquisissero la rilevanza odierna e, a causa di un approccio più tiepido nella lotta ai cambiamenti climatici, non fissa alcun obiettivo per il riciclaggio del litio. Al giorno d'oggi, nell'UE questo materiale non viene quasi mai recuperato, mentre si stima che l'efficienza di riciclaggio sia del 95 % circa per il cobalto e del nichel e dell'80 % per il rame.

"Avremmo potuto prevedere questi sviluppi. Ad esempio, negli Stati Uniti  ci sono politiche che derivano  dai tempi della Guerra Fredda e che ora vengono rinforzate dal presidente Joe Biden volte a proteggere le catene di approvvigionamento di batterie e veicoli elettrici", afferma Rene Kleijn.

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Il Defence Production Act di Washington consente alla Casa Bianca di esercitare il controllo sulle industrie nazionali in tempi di crisi. È stato utilizzato dal presidente Trump per limitare le esportazioni di medicinali all'inizio della pandemia e da Biden per accelerare la vaccinazione.

Ora è stato invocato ancora da Biden "per garantire la produzione americana di materiali critici a rafforzare la nostra economia sostenibile, riducendo la nostra dipendenza dalla Cina e da altri Paesi per i minerali e i materiali che alimenteranno il nostro futuro di energia pulita". Tra questi sono inclusi litio, nichel, cobalto, grafite e manganese.

"Si tratta in pratica di un'intervento statale sui mercati per assicurarsi che le tue industrie siano in grado di sopravvivere e non dipendano da Paesi autocratici o a cui non vorresti essere troppo vincolato. Questo non è il tipo di politiche per cui l'Ue è famosa", sostiene Kleijn.

In Cina, poi, la produzione è completamente gestita dallo stato. "Le grandi compagnie minerarie statali cinesi sono coinvolte nell'estrazione di tutti questi materiali in tutto il mondo, dal cobalto in Africa al litio in Australia. La più grande azienda del settore operante nel più grande sito di estrazione australiano, ad esempio, è per un quarto di proprietà di una società statale cinese. Il governo di Pechino è fortemente coinvolto nella protezione delle catene di approvvigionamento anche all'estero" 

Autosufficienza dopo il 2030

L'Unione cerca di recuperare il suo svantaggio con investimenti massicci in tutta Europa nella produzione di batterie. 24  grandi fabbriche di batterie agli ioni di litio dovrebbero cominciare la produzione negli Stati europei in questo decennio, tra cui la_gigafactory_ di Tesla in Germania, operativa dallo scorso marzo.

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L'associazione dei produttori europei di batterie per autoveicoli e industriali prevede che il valore del mercato delle batterie nell'UE aumenterà a 35 miliardi di euro nel 2030, dai 15 miliardi di euro del 2019. Quelle agli ioni di litio varranno circa la metà del totale. 

Tuttavia, anche nel migliore dei casi, con tutte le potenziali nuove miniere aperte entro il 2025, "non vedo come l'Europa raggiungerà l'autosufficienza in questo decennio", dichiara Poliscanova.

"Ma l'obiettivo potrà essere raggiunto dopo il 2030, a seconda di quanto sarà intelligente la politica europea di riciclaggio".

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