Belgio, evacuate 226 persone dall'Afghanistan

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Diritti d'autore Senior Airman Brennen Lege/AP
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Di Jack Parrock
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Iniziato il ponte aereo con diplomatici, cittadini belgi e afghani verso Bruxelles. Slovenia e Austria dicono no ad accoglienza di nuovi rifugiati

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Cittadini belgi, olandesi, personale delle istituzioni europee ma anche tanti afghani. Sono atterrate oggi 226 persone, evacuate dall'Afghanistan, all'aeroporto militare di  Melsbroek vicino Bruxelles. Le operazioni di sbarco dall'aereo proveniente da Islamabad, dove erano state fatte confluire le persone in attesa di decollare per il Belgio, si sono svolte con una calma opposta alle scene di caos e disperazione di cui è stata preda Kabul in questi ultimi giorni. 

Il ponte aereo organizzato dallo stato belga per le prossime ore comprende un totale di circa 400 persone. Tra queste ci sono molti afghani che hanno lavorato negli ultimi venti anni per le istituzioni internazionali, comprese la Nato e l'Unione europea, e che ora necessitano di protezione internazionale. Molti afghani rimpatriati, inoltre, hanno già il permesso di soggiorno o famigliari residenti in Belgio.

Dopo l'atterraggio Melsbroek, nelle Fiandre, gli evacuati provenienti da Kabul sono stati portati in una piccola località, a Peutie, dove ad attenderli c'erano molti famigliari che hanno raccontato, alle emittenti belghe, l'angoscia degli ultimi giorni. Si è trattato infatti di un viaggio estremamente pericoloso e complicato. Vista la situazione di caos in cui è sprofondata la capitale afghana, ormai in mano ai talebani, i ponti aerei sono privilegio per pochi, secondo Catherine Woollard, direttrice del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli: "L'Unione europea fa bene a garantire viaggi sicuri a chi ha lavorato per la comunità internazionale, questo non deve sbarrare la strada però a chi arriva in Europa in maniera autonoma  - ammonisce l'esperta -  e fa richiesta d'asilo senza una grande organizzazione alle spalle».

Ma non tutti gli Stati membri sembrano pronti ad aprire le porte agli afghani in fuga dai talebani. Il primo ministro sloveno Janez Jansa, attuale leader del semestre europeo, in un tweet domenica scorsa ha detto: "Non è dovere dell'Ue o della Slovenia pagare i viaggi a tutti coloro che, nel mondo, fuggono invece di combattere per la propria patria". In un messaggio successivo ha poi ricordato che non c'è coesione tra gli stati membri su una politica d'accoglienza comune. 

Sulla stessa linea, pur senza fare un commento morale sul coraggio di un popolo, anche il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, che ha già messo in chiaro di non voler accogliere nuovi rifugiati. 

Il capo della politica estera dell'Ue, Josep Borrell, dal canto suo, ricorda che l'Ue deve fare la sua parte e propone di utilizzare una via alternativa all'asilo per fornire protezione temporanea alle migliaia di prfughi che stanno per riversarsi in Europa dall'Afghanistan.

"Si tratta di una procedura di supporto operativo e umanitario – ricorda  Woollard - che garantisce un accesso rapido alla protezione internazionale senza rimanere incagliati nei procedimenti burocratici, molto lunghi, del diritto d'asilo".

Le Organizzazioni non governative che si occupano di migranti ricordano che in realtà il 90% dei profughi afghani andrà nei paesi limitrofi, come Iran e Pakistan; ma intanto gli stati membri dell'Ue hanno già iniziato a polemizzare sulle quote di afghani e la loro accoglienza.

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