"Le nostre figlie non saranno mutilate": la battaglia mondiale contro l'infibulazione

"Le nostre figlie non saranno mutilate": la battaglia mondiale contro l'infibulazione
Di Euronews
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“Due donne mi hanno presa e mi hanno trascrinata in una stanza. Quella dietro di me mi teneva giù premendomi con le ginocchia sulle spalle con tutta la sua forza.Così non riuscivo a muovermi. Piangevo e urlavo”. Da “Blood Stain”, di Khady Koita

Si chiama Infibulazione, una pratica comune in molti paesi. Ci sono leggi che la probiscono ma non non sono suffcienti per risolvere quello che è diventato un complesso problema mondiale

Khady Koita:
“Rabbia, è questo che continuo a provare. Davvero non capisco, nel mondo si stanno facendo passi da gigante in molte aree. Perchè su questo problema il progresso si ferma ? Perchè non riusciamo a cambiare atteggiamento? E’ questo che mi fa arrabbiare”.

L’infibulazione viene praticata in Africa ed Asia. Ma anche in Occidente i casi nelle comunità di imigrati sono decine di migliaia.

In molti paesi europei la pratica è vietata. In Italia, per esempio, dove ogni hanno si hanno circa 40mila casi, la legge prevede fino a 12 anni di carcere per la mutilazione degli organi genitali femminili.

In Francia le misure sono ancora più severe, la legge copre anche i casi in cui le bambine vengano portate all’estero per subire il taglio.

Incontriamo una scrittrice che da anni fa campagna sull’argomento a Parigi. Madre di quattro figli, è nata in Senegal ma ora vive a Bruxelles. Ci racconta quello che è capitato a lei all’età di sette anni: “Questa violenza inflitta sul corpo di una bambina. Non capivo. Nessuno mi aveva messo in guardia su quello che mi sarebbe successo, non le mie sorelle maggiori o le mie amiche più grandi. No, nessuno. E’ stato totalmente ingiusto, pura crudeltà, perchè è inspiegabile. Perchè venivo punita?.”

“Le conseguenze psicologiche sono molto importanti perché durano per tutta la vita. E c‘è un momento in cui davvero ci fa entrare in depressione. Ma nella nostra cultura la depressione non esiste, sono giusto brevi periodi in cui le cose non vanno proprio bene. Ma io collego questi periodi alla mutilazione. E naturalmente questa ha conseguenze sulla mia vita personale, sulla mia vita sessuale e sulla mia vita come donna. Su di me gli effetti post-mutilazione resteranno a vita.”

Per le autorità è difficile conoscere la vera portata del fenomeno in Occidente.

In Francia la legge ha abolito il vincolo della riservatezza e medici e professionisti, per esempio, sono obbligati a denunciare ogni caso sospetto.

Chi più di ogni altro può capire ciò per cui si battono gli attivisti è un cantante del Mali, Bafing Kul, costretto a lasciare il suo paese a causa delle minacce ricevute per aver scritto una canzone contro l’infibulazione.

“La musica -dice Bafing Kul – può portare al cambiamento, attraverso i giovani, ma bisognerebbe che più uomini si facessero sentire.”

“Non mi piace questo termine, ma nelle società patriarcali l’uomo è il capo della famiglia. Anche se io voglio cambiare le cose, il Mali al momento è una società patriarcale. Dunque è molto imporante che siano gli uomini a fare qualcosa per risolvere il problema. In Mali questa lotta non potrà essere vinta se non uniscono anche gli uomini. Questo vale in tutto il mondo. In fondo la battaglia contro l’infibulazione non è solo un problema delle donne. Riguarda anche gli uomini. E’ una questione di diritti umani, Riguarda tutti. Dunque è molto importante che si attivino anche gli uomini.”

“Di fatto, alcuni anni fa sei tornato in Mali per parlare di questa questione alle persone in strada. Vediamo.

Un uomo: “E’ un metodo per far si che le donne siano fedeli”

Un uomo:“Sarebbe un disastro se non si facesse più, perchè le donne proverebbero troppo piacere”

Un uomo:“Non è solo un fatto religioso. Sono le tradizioni a richiederlo”

Una donna:“Le donne devono essere tagliate, altrimenti impazzirebbero” Una donna:“Nel nostro villaggio, è più prudente non sollevare questa questione. E’ un’usanza antica.

Una donna: “per me è solo una questione religiosa”.

Un uomo:“Me lo impone la mia religione. Lo faro’ a tutte le mie figlie se è il volere di Dio”.

Si stima che ad essere infibulate in Africa sia una ragazza su tre. Qui in Europa, soltanto in Francia, si hanno 65mila casi.

Secondo gli attivisti nessuna religione potrebbe imporre una pratica come l’infibulazione. Secondo loro si tratta di un fatto criminale, più che culturale dunque le campagne devono essere sostenute dalla legge.

Linda Weil-Curiel, avvocato: “Possiamo continuare a ripetere alle famigle di non farlo per trent’anni. Ma senza li lungo braccio della legge a fare da deterrente continueranno a fare ciò che vogliono. La paura di andare in prigione e di essere puniti in corte è ciò che spinge le famiglie a fare attenzione e proteggere le figlie”.

Isabelle Gilette-Faye, Direttrice GAMS:“L’istruzione gioca un ruolo fondamentale. Se prendiamo i paesi in Africa dove il numero di persone istruite sta aumentando, anche solo a livello di leggere e scrivere, notiamo un calo nel numero di figlie che ripetono la pratica perpetrata dalle madri.

“Le nostre figlie non saranno mutilate”, è il messaggio che gli attivisti sperano venga accolto.

A Dicembre 2012 l’assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili.

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