Giocatori di cricket Maasai impegnati contro la mutilazione genitale femminile

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Capita spesso che lo sport promuova battaglie per la salute e per i diritti. Capita meno spesso che questo succeda tra gli altipiani del Kenya.

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Capita spesso che lo sport promuova battaglie per la salute e per i diritti. Capita meno spesso che questo succeda tra gli altipiani del Kenya. E ancor meno che l’idea venga a un gruppo di giovani maasai armati di guantoni e mazze da cricket.

Eppure, dal 2009, i Maasai Cricket Warriors sono impegnati contro la pratica della mutilazione genitale femminile, ancora diffusa tra questi clan.

Nel 2013, hanno partecipato al torneo mondiale Last Man Stands che si è disputato a Londra. Il regista Barney Douglas li ha seguiti in questa avventura: “Un giorno vidi la foto di un guerriero che giocava a cricket, credo che fosse apparsa su un quotidiano britannico, quattro anni fa. Ne rimasi affascinato, la trovai stupenda. Allora cominciai a fare qualche ricerca e scoprii che la squadra utilizzava il cricket per fare campagna contro la mutilazione genitale femminile e contro i rischi di contagio dell’HIV. Capii che c’era materiale per un film”.

Il documentario “Warriors” racconta come la squadra si è preparata per il torneo, ma anche le difficoltà in cui si è imbattuta per convincere gli anziani dei clan ad abbandonare rituali sempre più contestati.

Il problema è stato integrare la troupe all’interno della comunità maasai, come spiega
Sonyanga Ole Ngais: “Era impensabile andare in giro e cominciare a filmare come se niente fosse. Prima di tutto, abbiamo dovuto spiegare chi era quella gente che veniva da fuori. Abbiamo dovuto presentarli, fare capire che stavamo facendo un lavoro insieme, che stavamo cercando di raccontare la storia della nostra comunità e che, grazie a questo racconto, la nostra società avrebbe potuto evolvere in positivo”.

Il film è attualmente nelle sale in Gran Bretagna.

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