Israele, rabbia e proteste dopo il licenziamento del ministro della Difesa

Proteste in Israele
Proteste in Israele Diritti d'autore Ohad Zwigenberg/Copyright 2023 The AP All rights reserved
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Di Debora Gandini
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Centinaia di migliaia le persone scese in strada per protestare ancora una volta contro la riforma della giustizia voluta da Netanyahu

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Un’altra notte di proteste in Israele. Decine di migliaia di persone si sono riversate nelle strade delle principali città di tutto il paese. A scatenare la rabbia, questa volta, il licenziamento del ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, da parte del premier Benjamin Netanyahu per aver contestato il piano della riforma giudiziaria fortemente voluta dal suo governo di destra.

A Tel Aviv i manifestanti hanno bloccato l'autostrada principale, acceso grandi falò, mentre davanti alla residenza privata di Netanyahu a Gerusalemme sono stati segnalati scontri tra la polizia, mentre il console generale di Israele a New York, Asaf Zamir, ha annunciato le sue dimissioni. “Non posso più continuare a rappresentare questo governo”, ha detto. E anche le università annunciano una mobilitazione, con gli atenei in sciopero a tempo indeterminato.

Il ministro della Difesa sabato scorso in una breve dichiarazione televisiva aveva sottolineato che queste proteste che ormai proseguono da settimane, e che sono conseguenza delle azioni del premier, possono costituire una minaccia per la sicurezza di Israele.

Dopo gli ultimi giorni di scontri in Israele, secondo voci non confermate, il premier potrebbe anche valutare la possibilità di ritirare la proposta di riforma che, se approvata, lo metterebbe al riparo dal processo per corruzione in cui è imputato. Già l'avvocato generale dello stato, Gali Baharav-Miara, aveva sollevato il problema. Con la nuova legge, un premier può essere rimosso dalla sua posizione solo per impedimento fisico o mentale. E questo deve essere approvato almeno dal 75% dei ministri dell'esecutivo e se il premier si rifiuta almeno dal 75% della Knesset. 

La riforma contestata

Il primo ministro Netanyahu spinge per il controllo sulle nomine dei giudici. Questa settimana il governo terrà un voto parlamentare proprio su questo tema considerato cruciale. L’obiettivo di Netanyahu è di portare a 11 i membri del Comitato (invece dei 9 di oggi) assicurando la prevalenza dei componenti di nomina politica sui tecnici. Altra intenzione del premier sarebbe nominare David Amsalem (Likud e noto oppositore dei poteri della Corte Suprema).

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha attaccato la decisione di Netanyahu, sostenendo che “il premier può licenziare il ministro, ma non può licenziare la realtà del popolo di Israele che sta resistendo alla follia della maggioranza”. Il segretario generale dell’Histadrut, il potente sindacato laburista, Arnon Bar-David, ha annunciato una conferenza stampa per questo lunedì durante la quale – secondo le stesse fonti – potrebbe annunciare uno sciopero generale.

L’intenzione del governo, nonostante le proteste e la tensione sociale, è quella di varare l’intero provvedimento per entro la prossima settimana o almeno prima della pausa della Knesset per la Pasqua ebraica. Lunedì è in programma una commissione della Knesset che deve esaminare la questione chiave del Comitato di nomina dei giudici della Corte Suprema. 

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