I 30 anni del mercato unico. Una storia di successi da perfezionare

Gli abitanti di Scheibenhard, divisi dal 1815 lungo il confine franco-tedesco, festeggiano la riunificazione del loro villaggio dopo l'introduzione del mercato unico
Gli abitanti di Scheibenhard, divisi dal 1815 lungo il confine franco-tedesco, festeggiano la riunificazione del loro villaggio dopo l'introduzione del mercato unico Diritti d'autore JEAN-PHILIPPE KSIAZEK/AFP
Di Euronews
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Ha riunito comunità divise in alcuni casi da più di un secolo, ma ha aderito in maniera troppo fedele ai dogmi della libera concorrenza. Ora il successo della sua storia dipende dalla risposta alla concorrenza di Cina e Stati Uniti

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Il 2023 sarà un anno impegnativo per l'Unione europea: la guerra in Ucraina si trascina senza mostrare progressi significativi e senza lasciar presagire una soluzione pacifica vicina e le tensioni sui mercati finanziari si aggiungono all'ondata infazionistica più aggressiva che la moneta unica abbia conosciuto. Tra le sfide che attraversano l'Unione tuttavia, il mercato unico celebra i 30 anni dalla sua nascita.

Questo spazio di libera circolazione di merci, persone, servizi, capitali e (dal 2019) dati non personali, fu uno degli obiettivi originari dei padri fondatori dell'integrazione europea, un elemento indispensabile per contribuire all'ambizione più generale di garantire pace e stabilità al vecchio continente, che aveva visto gli Stati  lacerarsi durante le due guerre mondiali.

Ha permesso ai cittadini europei di studiare, vivere, lavorare e godere del diritto di andare in pensione ovunque in questa vasta area del continente che include anche Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera (che vi aderisce grazie ad accordi bilaterali). 

Spesso il mercato unico, così come l'Ue hanno dovuto affrontare cambiamenti radicali che ne hanno seriamente compromesso le prospettive future. Nel 2020, la Brexit, ha dimostrato gli effetti devastanti che può scatenare l'uscita dal mercato unico europeo. La pandemia di Covid-19 ha messo a dura prova la libera circolazione, con gli Stati impegnati a improvvisare sulle misure più efficaci per contenere la diffusione del contagio. La guerra in Ucraina ha probabilmente messo in risalto le sue potenzialità, mostrando gli Stati europei impegnati a condividere le risorse energetiche dinanzi ai tagli delle forniture di gas dalla Russia (ora la Norvegia è il principale esportatore di energia verso l'Unione europea).

Guardando più a lungo termine la grande sfida per il mercato unico europeo è rimanere competitivo sul mercato internazionale senza subire la concorrenza degli Stati Uniti e della Cina.

Un modello identitario

Simbolicamente, per molti europei il mercato unico, quando è nato nel gennaio 1993, ha rappresentato la fine di interminabili file ai controlli doganali e ha rafforzato il senso di appartenenza alla "casa comune" europea. La sua attuazione ha portato a una rivoluzione nelle vite di molti. È successo agli abitanti di Scheibenhard, un villaggio diviso lungo il confine franco-tedesco dalle guerre napoleoniche. 

Il mercato unico ha dato il meglio di sé prima di tutto nella crescita del commercio. Le esportazioni di beni verso altri Paesi dell'Ue hanno superato i 3,4 bilioni (migliaia di miliardi) di euro nel 2021, rispetto ai 671 miliardi di euro del 1993. Questo è uno degli elementi che rende lo spazio europeo uno dei mercati più competitivi al mondo.

Il Regno Unito "più colpito" dalla Brexit

Secondo Jacques Pelkmans, ricercatore presso il Centre for European Policy Studies (CEPS), un istituto di ricerca indipendente specializzato in affari europei, la Brexit ha complicato gli scambi commerciali tra la Gran Bretagna e il continente. Le esportazioni dell'Ue sono state colpite in diversi settori. I Paesi Bassi ad esempio hanno subito una riduzione nelle esportazioni di fiori, duramente colpite a causa di "controlli più severi".

Ma Pelkmans insiste sul fatto che la Brexit ha colpito solo "selettivamente" alcuni settori e che il "Paese più colpito" è proprio il Regno Unito. La sterlina si è svalutata, una caduta iniziata dopo il referendum del 2016 e che non si è ancora esaurita. Pelkmans afferma che questo ha generato "molta diffidenza" da parte degli investitori di tutto il mondo, compresi i Paesi europei.

Un altro fronte lasciato aperto dall'uscita del Regno Unito dal mercato unico dell'Ue è stata la questione spinosa dell'Irlanda del Nord. Dopo mesi di tensione, il 28 febbraio il primo ministro britannico Rishi Sunak e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno presentato un nuovo accordo che modifica il Protocollo sull'Irlanda del Nord e che dovrebbe offrire soluzioni pratiche alle difficoltà di approvvigionamento e alle preoccupazioni politiche create dal vecchio compromesso.

Non solo Brexit

L'uscita del Regno Unito dall'Ue non è stato l'unico grande problema degli ultimi anni. La guerra in Ucraina ha inferto un duro colpo e ha costretto gli Stati membri a cercare di liberarsi dalle forniture energetiche russe.

Nel tentativo di attutire il calo delle forniture russe e di ridurre la loro dipendenza dagli idrocarburi importati, lo scorso luglio i 27 hanno deciso di ridurre la loro domanda di gas nel periodo agosto 2022-marzo 2023 del 15% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Una proposta simile dovrebbe essere reiterata anche per l'inverno 2023-2024.

Ma non mancano le critiche: alcuni denunciano come il mercato unico sia il prodotto di un liberismo troppo ortodosso, in cui la nozione di libera concorrenza è un dogma inattaccabile. La libera concorrenza non ha permesso l'emergere di giganti industriali europei. Lo ha dimostrato lo stop della Commissione, nel 2019, alla fusione tra Alstom e Siemens, che avrebbe potuto dare vita a un gigante ferroviario di livello mondiale.

Negli Stati Uniti l'approccio è diverso. Nel campo della tecnologia e del digitale i GAFAM (acronimo con cui ci si riferisce alle 5 grandi Big Tech Google, Amazon, Facebook - ora Meta -, Apple e Microsoft) e i loro alter ego cinesi regnano sovrani. L'Unione Europea ha messo in atto regole per regolamentare questi colossi, sul proprio mercato.

Nuova politica industriale: se non ora quando?

In molti aspettano una rivoluzione della politica industriale europea. I sussidi già messi in atto da Stati Uniti e Cina fanno temere una fuga degli investimenti europei nei settori delle energie rinnovabili e dei semiconduttori.

Negli Stati Uniti, una delle componenti del vasto piano anti-inflazione messo a punto nel 2022 dall'amministrazione Biden (l'IRA, Inflation Reduction Act) mira a sviluppare il settore delle auto elettriche sovvenzionando veicoli e componenti - come le batterie - prodotti sul suolo americano.

I principali gruppi europei hanno già fatto sapere che stanno valutando la possibilità di sospendere gli investimenti previsti in Europa e di reindirizzarli negli Stati Uniti. Così l'Ue potrebbe trovarsi di fronte a una penuria di fabbriche di batterie per veicoli elettrici nel Vecchio Continente. 

Secondo quanto riferito dal suo direttore Markus Duesmann, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung lo scorso febbraio, l'Audi, una filiale della Volkswagen, starebbe pensando di aprire nel prossimo futuro una fabbrica in Nord America, piuttosto che nel Vecchio Continente, per approfittare degli aiuti forniti dalla Casa Bianca.

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Per Philipp Lausberg, analista dell'European Policy Centre (EPC), intervistato da Euronews, c'è una differenza sostanziale: mentre l'IRA è "un programma di sovvenzioni di politica industriale", il mercato unico europeo "è solo un insieme di regole comuni".

Di fronte a questa situazione, e nel tentativo di trasformare in realtà la sua agenda climatica, il 9 marzo la Commissione europea ha adottato un testo che facilita l'accesso agli aiuti di Statoper i progetti che contribuiscono a ridurre le emissioni di anidride carbonica dell'Ue. E durante la sua visita negli Stati Uniti, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha incontrato Joe Biden nello Studio Ovale. I due sono concordi nell'evitare una concorrenza dannosa nella corsa alla transizione energetica, a partire da un accordo su alcuni metalli e un dialogo approfondito sugli aiuti pubblici da entrambe le parti.

Mettere in discussione l'egemonia franco-tedesca?

Per molti osservatori, se l'Ue vuole raggiungere i suoi obiettivi, dovrà risolvere un problema "strutturale", quello del peso eccessivo della sua forza motrice, la famosa coppia franco-tedesca. Di fronte alla crisi energetica, le autorità europee hanno messo in atto un vasto piano di aiuti del valore di circa 700 miliardi di euro. Ma, secondo Philipp Lausberg, "la maggior parte di questi 700 miliardi, ovvero quasi l'80%, è stata destinata alla Germania e alla Francia, determinando uno squilibrio tra le capacità di investimento dei vari Stati membri, nonché quelle delle loro imprese e dei loro consumatori".

Ma Pelkmans non riununcia ad affermare che il mercato unico europeo resta un "grande successo", che determina tuttora l'esistenza dell'Unione europea. "Penso che dopo la Brexit tutti i Paesi abbiano imparato la lezione", dice, aggiungendo che " i fatti dimostrano quanto l'indipendenza dal mercato unico europeo sia impossibile".

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