Putin ha firmato martedì un decreto presidenziale che vieta, a partire dal 1° febbraio 2023, l'esportazione di petrolio verso quei Paesi che applicano il tetto al prezzo del greggio russo. Putin risponde così al limite di 60 dollari al barile del greggio russo deciso da Ue, G7 e Australia
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato martedì un decreto presidenziale che vieta, a partire dal 1° febbraio 2023, l'esportazione di petrolio verso quei Paesi che applicano un tetto al prezzo del greggio russo. La misura sarà in vigore fino almeno al 1° luglio.
Il decreto include una clausola che consente a Putin di annullare il divieto in casi speciali.
È la risposta di Putin al limite di 60 dollari al barile imposto - a causa della guerra in Ucraina - da Unione europea, Paesi del G7 (Usa, Canada, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito) e Australia, a inizio dicembre, al petrolio russo trasportato via mare,
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è convinta che il price cap provocherà uno scossone all'economia russa.
Deficit di bilancio più alto
La Russia è il secondo esportatore di petrolio al mondo, dopo gli Usa, ma per il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, a causa del limite del prezzo al petrolio - posto per ridurre i profitti delle esportazioni di Mosca - il deficit di bilancio della Russia potrebbe essere ben maggiore del 2% del PIL previsto per il 2023.
Già ad agosto, le importazioni di petrolio russo nell'Ue e nel Regno Unito erano calate del 35% rispetto a gennaio, un mese prima dell'inizio della guerra.
E gli Stati Uniti potrebbero presto superare la Russia come principale fornitore di greggio dei paesi dell'Unione europea e del Regno Unito.