I papà russi in esilio, "vittime collaterali" della guerra

Ekaterina Filimonova, 34 anni, insieme ai due figli Kesha e Vitya, vivono in Russia, alla periferia di Mosca, e non sono sotto le bombe, come chi vive in Ucraina, ma non sono comunque sfuggiti all'impatto della guerra.
Il marito di Ekaterina, Yaroslav Leonov, è tra la moltitudine di uomini in età "da combattimento" fuggiti all'estero dopo che il 21 settembre Putin ha annunciato la mobilitazione "parziale".
"Il primo mese è stato il più duro"
"Il primo mese è stato molto triste e duro, ovviamente, ed è stato molto difficile per me e per i bambini. Quando io sono triste e arrabbiata, loro diventano isterici e piangono, soprattutto di notte. Ho capito che debbo tenere sotto controllo le mie emozioni", racconta Ekaterina.
Saluti da Belgrado
Yaroslav, di professione programmatore informatico, ora vive a Belgrado, lontano dalla linea del fronte, ma lontano anche dai suoi figli. Si tengono in contatto grazie alla tecnologia.
"I bambini a distanza non sono la stessa cosa dei colleghi a distanza. Con i colleghi si possono raggiungere accordi a distanza, ma con i bambini come si puo giocare cosi lontani?", si domanda papà Yaroslav, con un comprensibile filo di malinconia.
L'improvvisa partenza di così tanti padri ha costretto le madri di tutta la Russia a lottare per crescere i figli da sole. Un gruppo di supporto afferma che spesso non ricevono alcun aiuto dal resto della famiglia.
Lo conferma Anastasia Arsenicheva, co-fondatrice di un'organizzazione di beneficenza a sostegno delle madri: "Questo è particolarmente evidente nelle famiglie che si dividono letteralmente per le loro opinioni divergenti sulla guerra. E poi prendono decisioni diverse. Quando una donna è completamente sola, è davvero spaventoso ed è in quel momento che il nostro centro interviene per sostenerla”.
Quando è stata dichiarata la mobilitazione, il 21 settembre scorso, decine di migliaia di uomini sono fuggiti attraverso i confini della Russia per evitare di essere costretti a partire per il fronte.
È stata una scelta disperata, ma inevitabile.