La bancarotta a inizio novembre di FTX, la gigantesca piattaforma per lo scambio di criptovalute, è al tempo stesso il fallimento di un sistema imprenditoriale, apparentemente (e inizialmente) di successo, basato sul pericoloso triangolo "Business-Droga-Sesso". Ma cosa c'è dietro?
Il fallimento a inizio novembre di FTX, la gigantesca piattaforma per lo scambio di criptovalute, è al tempo stesso il fallimento di un sistema imprenditoriale, apparentemente (e inizialmente) di successo, basato sul pericoloso triangolo "Business-Droga-Sesso".
Un mondo creato a immagine e somiglianza, ad esempio, di Sam Bankman-Fried, il cognome significa "banchiere fritto", un presunto genio 30enne della finanza 3.0, il fondatore di FTX, che viveva a suon di anfetamine in una specie di comunità di lusso (e di lussuria) alle Bahamas, spendendo e spandendo come non ci fosse un domani.
Ma ora dovrà ridare indietro ai suoi 50 principali creditori più di 3 miliardi di dollari.
È quanto risulta dai documenti dell'istanza di fallimento presentata in Delaware l'11 novembre. Un milione, tra clienti e investitori, devono affrontare perdite per miliardi di dollari.
E chissà quanti altri non hanno dichiarato gli investimenti fatti in criptovalute...
Per il liquidatore fallimentare di FTX è una "situazione senza precedenti".
L'importo più alto da restituire ammonta a 226 milioni di dollari, ma ci sono almeno dieci creditori che hanno perso quasi 100 milioni.
Probabilmente, il definitivo colpo del ko per le criptovalute e, soprattutto, per la loro credibilità.
Ma esempi di fenomeni "digitali" - che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità - ne abbiamo avuti anche in Italia: uno è sicuramente Alberto Genovese, "il mago delle start-up", inventore di Facile.it, poi venduto per 100 milioni di euro, ma schiavo dei soldi, degli stupefacenti, del sesso, a tal punto da finire nelle pagine di cronaca nera e persino in galera, per otto anni, per violenza sessuale nei confronti di due ragazze.
Ancora prima, nella categoria "cattivi ragazzi" c'era stato Matteo Cambi da Carpi (ve lo ricordate?), il creatore del marchio Guru, quello della margherita sulla maglietta, un'altro golden boy del business, travolto dalla cocaina, dagli eccessi di una vita sopra le righe e dagli scandali.
E questi sono soltanto alcuni casi.
Allora, forse, è meglio smetterla con l'imprenditoria sintetica e psichedelica e tornare al caro vecchio olio di gomito. O siamo davvero fuori epoca?