La COP27 di Sharm el Sheik al via tra speranze e perplessità

Si apre la COP27 di Sharm el Sheik
Si apre la COP27 di Sharm el Sheik Diritti d'autore Peter Dejong/AP
Di Gianluca Martucci
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Sul tavolo il controverso fondo di aiuti per i Paesi del Sud del mondo. La grande assente sarà la voce degli attivisti

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Quaranta mila delegati di 200 nazioni saranno a Sharm el-Sheikh fino al 18 novembre per una nuova Conferenza sul clima che impegnare i leader del mondo su politiche concrete volte a evitare lo scenario che prospetta un aumento della temperatura terrestre di 2,8 gradi entro il 2100.

Con la crisi energetica che getta le ombre sulle conclusioni del vertice, i leader si incontreranno per dare seguito ai risultati della COP26 di Glasgow di un anno fa, durante la quale avevano individuato la necessità di un approccio graduale per raggiungere l'obiettivo di avere emissioni di gas serra nette pari a zero entro il 2050. L'ottica è quella di contenere il riscaldamento globale nel limite di un grado e mezzo in più rispetto all'era pre-industriale fino alla fine di questo secolo. Se la COP21 di Parigi aveva fissato gli obiettivi e quella di Glasgow ne ha individuato l'approccio, a Sharm el Sheik ci si aspetta che si parli di impegni concreti.

Uno dei punti più controversi riguarda l'istituzione di un fondo da 100 miliardi di dollari all'anno per aiutare i Paesi del Sud del mondo ad adattarsi al cambiamento climatico e a compensare i danni già subiti dall'inquinamento prodotto dai Paesi che rappresentano le più grandi economie del mondo. A Glasgow ci si era accordati per intavolare una discussione che sarebbe potuta durare fino al 2024. Il successo o il fallimento di questa conferenza climatica sarà principalmente legato alla vera e propria creazione del fondo.

"Che si tratti di Europa, Nord America o Cina, le conseguenze e le realtà del cambiamento climatico e dei suoi impatti sono sotto gli occhi di tutti", spiega il segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Simon Stiell.

La Conferenza è stata già presa d'assalto dalle polemiche, in primis per il Paese in cui viene ospitata. L'Egitto è noto per le politiche repressive adottate dal governo durante le manifestazioni. Una zona verde militarizzata di 22.500 metri quadrati sarà il luogo dove la comunità del business, i giovani, la società civile, gli accademici e gli artisti da tutto il mondo si incontrerà. Sarà anche lo spazio in cui interverranno anche gli attivisti. Ma le organizzazioni egiziane più critiche sull’inquinamento ambientale e sull’aumento delle temperature non saranno presenti. La società civile che critica le scelte nel campo ambientale del presidente Abdel Fattah al-Sisi e i ricercatori che avrebbero potuto far conoscere ai delegati dei Paesi le mancanze nelle politiche per il clima non avranno accesso agli spazi della conferenza. E l'attivista svedese Greta Thunberg ha già dato forfait.

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