A fuoco la prigione degli oppositori politici a Teheran

La prigione di Evin, a Teheran
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Un funzionario del governo ha sostenuto che il fuoco è divampato da un magazzino dove erano stoccate uniformi carcerarie. Gli sconti sono stati avvertiti fino a notte fonda

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Un incendio di grandi dimensioni è divampato sabato nella prigione di Evin a Teheran dove sono rinchiusi prigionieri politici e attivisti antigovernativi nella capitale iraniana. Un alto funzionario della sicurezza ha detto che i prigionieri hanno dato fuoco a un magazzino pieno di uniformi carcerarie, causando l'incendio. Ci sono stati scontri tra i detenuti di un reparto e il personale della prigione. Per molto tempo sono stati avvertiti colpi di arma da fuoco.

Poco dopo una protesta che inneggiava alla morte dell'ayatollah Ali Khamenei è scoppiata in strada. Testimoni hanno raccontato che la polizia ha bloccato le strade e le autostrade che portano alla prigione di Evin e che internet era bloccato nell'area. La polizia antisommossa è stata vista dirigersi in moto verso la struttura, così come le ambulanze e i vigili del fuoco. Ed è proprio nella prigione del Nord della capitale che potrebbe essere Alessia Piperno, la trentenne italiana arrestata dal regime di Teheran per la sua presunta complicità nelle proteste organizzate dopo la morte di Mahsa Amini.

Dopo 4 settimane di proteste il bilancio dei morti nel Paese ha superato le 200 persone. Secondo l'agenzia stampa degli attivisti per i diritti umani HRANA sono almeno 233 i manifestanti uccisi nella repressione. 

Il regime tecnocratico iraniano continua a essere messo a dura prova. Anche altri segmenti della società, tra cui i lavoratori del settore petrolifero, si sono uniti al movimento, ormai diffuso in almeno diciannove città del Paese.

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