Cybersicurezza, veto su Huawei: con il ''golden power'' il governo prevede la progressiva uscita di scena del fornitore cinese
Il voto in Italia ha aperto nuovi orizzonti politici, ma la sterzata a destra lascia invariato l'approccio atlantista del governo Draghi in materia di sicurezza delle comunicazioni 5G.
L'esecutivo oramai al rush finale ha infatti utilizzato il ''golden power'', cioè la facoltà che lo Stato si riserva di esercitare poteri speciali in settori chiave, in relazione ai piani annuali di Tim e Vodafone, i due principali operatori di telecomunicazioni in Italia.
In pratica, il nuovo intervento statale si traduce nella progressiva esclusione del colosso cinese Huawei, in considerazione di possibili rischi per la cybersicurezza.
Una scelta di campo, che si esprime nel solco della sollecitazione, da parte di Stati Uniti e Copasir, di escludere il fornitore cinese dalla rete.
Non sarà la vincitrice delle elezioni, Giorgia Meloni, a cambiare gli equilibri.
La tendenza è dunque dettata: in poco più di tre anni si è passati dalla firma del memorandum d’intesa sulla Belt and Road, l'ambizioso programma del governo cinese che si propone di finanziare con oltre 1.000 miliardi di dollari diversi investimenti infrastrutturali in tutto il mondo, al disimpegno politico di Meloni che ha definito quell'accordo "un grosso errore".
I piani annuali per Tim e Vodafone, previsti dal "decreto Ucraina" dello scorso marzo, sono lo strumento per tenere sotto controllo lo sviluppo della tecnologia sul medio termine.
I piani 2022-2023 di Tim e Vodafone sono stati approvati ma con l'obbligo di seguire una serie di prescrizioni, nell'ambito del "Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica", intese alla progressiva messa al bando dei fornitori cinesi.