Urne aperte in tutta Italia: alcune cose da tenere a mente per queste elezioni

voto in un seggio elettorale a Roma, domenica 25 settembre 2022
voto in un seggio elettorale a Roma, domenica 25 settembre 2022 Diritti d'autore Alessandra Tarantino/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved
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Crisi energetica, guerra in Ucraina, spinte presidenzialiste: la campagna elettorale meno partecipata nella storia recente prelude all'elezione di un governo che si troverà a lavorare in circostanze epocali. Il punto di Euronews

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Le urne sono aperte in Italia, dove in tutto il paese a partire dalle 7 di questa mattina si vota per il rinnovo di Camera e Senato. 

Dei 50.869.304 elettori chiamati al voto, 4.741.790 sono residenti all'estero, con i plichi già arrivati ai seggi speciali allestiti in diversi centri. Circa due milioni e mezzo, invece, i maggiorenni che per la prima volta, dopo la recente modifica dell'articolo 58 della Costituzione, potranno votare non solo per la Camera dei Deputati, ma anche per eleggere il Senato della Repubblica.

La chiusura delle urne è fissata per le 23, ora in cui verranno diffusi i primi dati sugli exit poll, ai quali qualche ora più tardi faranno seguito le prime proiezioni ufficiali.  L'attuale legge elettorale (denominata Rosatellum dal nome del suo estensore Ettore Rosato) sancisce che una lista o una coalizione dovrà raggiungere almeno il 40% nella parte proporzionale e vincere nel 60% almeno dei collegi uninominali, per ottenere una maggioranza parlamentare: per questo, già nelle ore notturne dovrebbe essere chiaro se ci sarà un netto vincitore o se ci si troverà di fronte a un nuovo stallo.

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Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni partecipano alla manifestazione finale della coalizione di centro-destra, giovedì 22 settembre 2022Alessandra Tarantino/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved

Il voto giunge a coronamento di quella che, con ogni evidenza, è stata la campagna elettorale meno partecipata e più sottotono che il Paese ricordi dall'inizio della seconda repubblica. Ma in realtà, il prossimo governo si troverà a legiferare in un momento assolutamente epocale non solo per l'Italia, ma per l'intero occidente. 

Di seguito, in alcuni punti fondamentali, riassumiamo cosa c'è in ballo in queste elezioni, e a cosa andrà incontro il prossimo esecutivo che dovesse assumersi l'onere di guidare il Belpaese

1. Inflazione, caro bollette e crisi energetica

l grande assente di questa campagna elettorale, quando il tema è stato appena sorvolato dai maggiori partiti. Eppure il primo di cui il prossimo governo dovrà occuparsi.

Attualmente, per far fronte a una crisi che rischia di impattare brutalmente sul tessuto imprenditoriale ed economico, oltre che sulla vita degli italiani, sono in vigore una serie di misure varate dall'esecutivo uscente a guida Mario Draghi: l'obiettivo è ridurre i consumi grazie alla stretta sui riscaldamenti e alla promozione di comportamenti virtuosi, portando nel frattempo il paese più vicino all'indipendenza energetica con una serie di misure d'emergenza quali il ritorno al carbone (in deroga al cosiddetto Green Deal europeo).

Mauro Scrobogna/LaPresse
il leader del Partito Democratico Enrico Letta lascia un seggio elettorale dopo aver votato a Roma, domenica 25 settembre 2022Mauro Scrobogna/LaPresse

Da solo, però, questo pacchetto non sarà presumibilmente sufficiente, specialmente se alcuni dei nostri partner, come l'Algeria, si troveranno davvero costretti a rivedere al ribasso le forniture negoziate nei mesi scorsi per allentare la dipendenza dal gas russo.

Una certa divisione si nota, in particolare, nei programmi elettorali, per quanto riguarda gli strumenti che dovrebbero consentire all'Italia di avvicinarsi all'indipendenza energetica: se dalla destra arriva un deciso sì a rigassificatori, termovalorizzatori e nucleare, la Sinistra sembra puntare maggiormente sulle fonti rinnovabili, con i 5 Stelle che, a differenza di PD e Terzo Polo, dicono no anche ai termovalorizzatori

2. Guerra in Ucraina

Uno dei grandi terreni di scontro negli ultimi mesi all'interno dell'esecutivo Draghi.

Notoria, sul punto, è la posizione dei 5 Stelle, che a più riprese hanno fatto sapere di non voler più votare l'invio di aiuti militari a Kiev: secondo il leader Giuseppe Conte, l'Italia dovrebbe assumere un ruolo di mediazione, che tenda a raggiungere un negoziato di pace e a sottrarsi all'egemonia oltranzista di Washington.

Cecilia Fabiano/LaPresse
Giuseppe Conte, leader del MovimentoCinque Stelle, vota al seggio elettorale, a Roma, domenica 25 settembre 2022.Cecilia Fabiano/LaPresse

E se Giorgia Meloni ed Enrico Letta sembrano entrambi irremovibili nella convinzione di voler proseguire, sul solco tracciato dall'esecutivo Draghi, nel sostegno all'Ucraina e nella comminazione di sanzioni a Mosca, parecchio più sfumate nelle ore precedenti al voto si sono fatte le posizioni che si intravedono all'interno della destra.

Ben noti, riguardo alle sanzioni, erano i dubbi di Matteo Salvini, convinto che più che la Russia sia l'Italia a rischiare "di finire in ginocchio". Ma a far discutere, nell'imminenza dell'apertura delle urne, sono state soprattutto le dichiarazioni di Silvio Berlusconi: nel corso di un'ospitata nel salotto di Bruno Vespa, il leader forzista si è detto convinto che siano stati i separatisti del Donbas, lo scorso febbraio, a forzare la mano di Putin, facendolo "cadere in una situazione difficile e drammatica".

Parole che, in qualche modo, sono sembrate voler giustificare il Presidente russo, presumibilmente in nome della storica amicizia politica e personale che da oltre 20 anni lo lega a Berlusconi

3. Assetto istituzionale e presidenzialismo

Un altro dei grandi temi in ballo in questa tornata. La coalizione di centro-destra ha più volte ribadito di puntare a cambiare la costituzione per dare al paese un assetto semi-presidenziale sul modello della Francia.  "Abbiamo avuto in questi anni parlamentari che hanno fatto il contrario di quanto i cittadini chiedevano" ha dichiarato, sul punto, Giorgia Meloni. "A questa nazione serve un legame diretto tra il voto e il governo". 

Un tema su cui è netta l'opposizione del Partito democratico e delle forze di sinistra: "gli italiani - ha dichiarato in merito Enrico Letta - diranno a questa destra che la Costituzione, nata dalla resistenza, non si tocca. Non sarà questa destra a cambiarla, perché gli italiani domenica daranno una direzione di marcia diversa".

Fondamentale, in proposito, sarebbe in effetti l'eventuale maggioranza che un ipotetico governo di destra dovesse riuscire a conquistare: trattandosi di modifica costituzionale - che dovrebbe quindi essere approvata due volte da ciascuna camera - l'unico modo per bypassare il voto referendario sarebbe l'approvazione per due terzi in Parlamento.  Senza la quale, la parola passerebbe invece ai cittadini, che sarebbero chiamati a esprimersi in un referendum senza il vincolo del quorum

4. Rappresentanza e taglio dei parlamentari

Quelle che verranno a comporsi con questo voto saranno le prime Camere a risentire della riforma del numero dei parlamentari approvata con il referendum del settembre 2020.

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In concreto, circa 200 saranno i deputati che verranno a mancare in Parlamento, dove si passerà da 630 a 400 eletti; il Senato conterà invece 200 rappresentanti, a fronte dei 315 presenti finora. 

Dati alla mano, anche prendendo in considerazione le sole camere basse (ossia la Camera dei deputati, per il Belpaese), con questa elezione l’Italia è destinata a diventare il paese europeo con il rapporto più esiguo tra deputati e numero abitanti: la proporzione sarà di 0,66 deputati ogni 100mila abitanti, contro quella di un deputato ogni 100mila abitanti finora esistente.

Ciò comporterà cambiamenti più o meno drastici nella effettiva rappresentanza di cui i singoli territori godranno alle camere: di fatto, con la riorganizzazione dei collegi elettorali, parecchie città sono destinate a perdere la propria delegazione territoriale, scivolando inesorabilmente alla periferia dell'impero

5. Disaffezione incombente

Non c'è da stupirsene, in fondo: nei mesi estivi, soprattutto ad agosto, l'Italia si è sempre mostrata renitente alla politica. Così, quella che il Paese si è appena lasciata alle spalle è stata senz'altro la campagna elettorale più sfocata e meno partecipata nell'intera storia della seconda repubblica.

Ma al di là delle contingenze, è certo che il prossimo esecutivo rischia di trovarsi a guidare un paese stanco e quantomai disilluso. Per il momento, comunque, i dati sull'affluenza sono più incoraggianti del previsto: alle 12, ora della prima rilevazione, avevano votato il 19,21% degli aventi diritto, con uno scostamento minimo rispetto all'ultima tornata del 2018, quando l'affluenza era stata del 19,58%.

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Per questa elezione, analisti e sondaggisti hanno stimato un'affluenza totale che dovrebbe aggirarsi sul 65% per cento, 7 punti in meno rispetto al quasi 73% del 2018 e in linea con il trend di caduta libera degli ultimi anni

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