Il chips act annunciato da Biden prevede 52 milioni di incentivi dietro impegno decennale a non costruire strutture tecnologiche in Cina. La nuova guerra fredda passa dalla corsa ai semiconduttori
Washington ora punta all'autarchia al silicio: il banco di prova, al picco della pandemia, è stata la crisi delle catene logistiche, quando l'intero occidente si è trovato drammaticamente a corto di Microchip.
A questo si sono aggiunte ora le ruggini con la Cina, dai cui chip le industrie americane continuano ad essere fortemente dipendenti.
Detto fatto, l'amministrazione Biden ha appena annunciato il Chips act, un piano da 52 milioni di dollari a sostegno della produzione nazionale di Microchip. "Una tecnologia inventatae perfezionata negli Stati Uniti" ha rimarcato Biden presentando l'iniziativa, cha ha definito come "un investimento gigantesco che creerà posti di lavoro e tecnologie per il futuro"
Ma sul punto il presidente è stato chiaro: qualunque azienda accederà ai fondi dovrà impegnarsi a non costruire in Cina strutture tecnologiche all'avanguardia per almeno 10 anni.
Il senso dell'operazione dunque è cristallino: recuperare terreno, togliendone al contempo quanto più possibile a Pechino.
S da un lato Washington sembra aver imparato la lezione, per quanto riguarda i guai post-pandemici, dall'altro c'è una guerra fredda all'orizzonte che passerà in primis attraverso la corsa ai semiconduttori