Tregua difficile tra Israele e jihad. Dopo tre giorni di violenti attacchi è stato siglato il cessate il fuoco con la mediazione dell'Egitto
Sono piovuti razzi qualche minuto prima e poco dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco: una tregua armata, quella tra Israele e la jihad islamica.
Un'intesa che segue a quasi tre giorni di violenze, proseguite a ridosso del negoziato.
Nell'ambito del cessate il fuoco, l'Egitto - che ha mediato l'accordo - ha accettato di lavorare per garantire il rilascio di 2 membri della jihad nelle mani di Israele.
I residenti del campo profughi di Jabalia, nella Striscia di Gaza, hanno accolto con favore l'intesa.
"Speriamo di non avere guerre - dice il palestinese, Ataa Fouad - Siamo un popolo e abbiamo il diritto di vivere la nostra vita a Gaza. Non vogliamo guerre ogni anno o ogni due giorni, e ora non ci siamo neppure ripresi dai precedenti scontri".
Ma il patto resta fragile.
Il ministro della Difesa israeliano ha ordinato alle forze armate di tenersi pronte a reagire a qualsiasi violazione della tregua. "Se il cessate il fuoco sarà violato - ha precisato - Israele si riserva il diritto di agire con forza. Non sarà consentito ad alcuno di disturbare la routine di vita dei suoi cittadini".
A Gaza le vittime delle violenze dei giorni scorsi sono almeno 40 e i feriti ad oltre 300. Israele nega però la responsabilità degli ultimi due attacchi che invece ha attribuito a razzi difettosi della jihad.