Febbre del Nilo occidentale: ecco perché non deve far paura. Tre cose che possiamo fare anche da soli per evitare di prenderla
Quest'anno la circolazione del virus West Nile trasmesso dalla zanzara "è iniziata più precocemente
rispetto agli anni precedenti" e "il numero dei casi a oggi è più alto, ma comunque confrontabile a quello registrato negli altri anni non epidemici, e lontano dai valori registrati nel 2018".
Lo spiega Concetta Castilletti, coordinatore del gruppo
di lavoro sulle infezioni virali emergenti dell'Associazione
microbiologi clinici italiani (Amcli). Il sistema di sorveglianza del ministero della Salute ha rilevato, quest'anno, il primo pool di zanzare positive al virus il 7 giugno nella provincia di Vicenza.
"La conferma di infezione nell'uomo - sottolinea il presidente Amcli, Pierangelo Clerici, direttore Microbiologia della Asst Ovest Milanese - deve essere eseguita ricercando direttamente la presenza del
virus nel sangue o in altri fluidi biologici, o attraverso l'uso di test sierologici per la ricerca di anticorpi".
La caratterizzazione dei virus isolati in questi giorni "ha messo in evidenza la circolazione del lignaggio 1 e 2, entrambi associati alla malattia nell'uomo e già presenti in Italia negli anni passati - spiega Luisa Barzon, virologa dell'Università di Padova . "In Italia, i primi casi umani di febbre del Nilo occidentale sono stati rilevati nel Nord Italia nel 2008, e da allora, ogni anno si sono verificati focolai".
"La sorveglianza integrata prevede il controllo della circolazione della zanzara con interventi mirati di bonifica ambientale - conclude Maria Rosaria Capobianchi, consulente per la ricerca dell'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria IRCCS, Negrar di Valpolicella (Verona) - ma anche i cittadini possono collaborare".
Tra i consigli: "evitare ristagni d'acqua, introdurre pesci nelle fontane così da poterle bonificare, chiudere recipienti che non possono essere spostati, tagliare spesso l'erba" e "ridurre la probabilità di essere punti dalle zanzare" usando repellenti.