Steve Bannon condannato per "oltraggio al Congresso"

Steve Bannon rischia fino a due anni di carcere
Steve Bannon rischia fino a due anni di carcere Diritti d'autore AP Photo
Di Euronews
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L'ex consigliere di Donald Trump si era rifiutato di testimoniare sui fatti del sei gannio a Capitol Hill. Emerse sue telefonate con il presidente

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Stephen Bannon sarebbe colpevole di oltraggio al Congresso, per essersi rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d'inchiesta sull'assalto del sei gennaio a Capitol Hill. Questo il verdetto raggiunto dalla giuria al termine di tre ore di camera di consiglio, nel processo che vedeva imputato lo stratega e consigliere di Donald Trump.

In attesa della sentenza

Bannon è la prima vittima nel ristretto circolo di fedelissimi dell'ex presidente degli Stati Uniti, che ordinò a tutti i i suoi collaboratori di non cooperare quando la Camera dei deputati ha costituito la commissione per indagare sui fatti del 6 gennaio scorso.

Rifiutandosi di testimoniare Bannon ha seguito la linea, ma è stato per questo incriminato di "oltraggio al Congresso" con due diversi capi d'accusa.

Dopo il responso della giuria, spetta al giudice Carl Nichols stabilire la pena. La sentenza è attesa per il 21 ottobre: per entrambi i capi di imputazione Bannon rischia dai 30 giorni all'anno di carcere, oltre a migliaia di dollari di multe. 

Processi come quello di Bannon, però, sono una rarità e nessuno da più di 50 anni, dai tempi della Guerra Fredda, è mai finito dietro le sbarre per oltraggio al Congresso.

Nonostante ai tempi dell'assalto al Campidoglio Bannon non ricoprisse più alcun ruolo ufficiale, sono emersi continui contatti con Donald Trump nelle ore che hanno portato all'insurrezione, apice di una campagna di sovversione del risultato delle urne negli Stati Uniti. 

Undici minuti al telefono la mattina del 5 gennaio, piiù altri sei la sera dello stesso giorno. Fra le due chiamate la fosca previsione di Bannon nel suo podcast, War room: "Domani si scatenerà l'inferno".

Reazione di sfida

Presente in aula alla lettura del verdetto, Bannon si è lasciato andare a un grande sorriso. "Abbiamo perso una battaglia, ma vinceremo la guerra", ha detto fuori dal tribunale. "Io sto con Trump e con la costituzione". Accanto a lui c'era il suo legale David Schoen, che preannuncia un possibile appello.

Bannon comunque ha sempre negato ogni responsabilità per l'attacco del 6 gennaio, pur vantandosi di essere "l'architetto ideologico" degli sforzi per ribaltare il risultato delle elezioni del 2020.

"Questo non è un caso complesso ma è importante", ha detto l'assistente procuratore Molly Gaston nella sua arringa finale davanti alla giuria. Bannon "ha scelto la fedeltà a Trump invece che il rispetto della legge", ha aggiunto. 

I legali di Bannon hanno respinto l'accusa e spiegato che il loro assistito "non ha ignorato" alcun mandato e suggerito che la richiesta di testimoniare non solo era illegittima ma anche motivata politicamente. Parole che non sono valse a Bannon l'innocenza, almeno in questa prima parte del processo a suo carico.

Al di là della sorte giudiziaria di Bannon, il verdetto è un duro colpo alla strategia elettorale di Donald Trump in vista del 2024: anche perché il primo dei suoi fedelissimi ad essere ritenuto colpevole potrebbe non essere l'ultimo.

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