"Uber files", documenti segreti sulla multinazionale di taxi. Pressioni su governi, soldi e manovre

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Uber Diritti d'autore TOLGA AKMEN/AFP or licensors
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Di Debora Gandini Agenzie:  Agenzie internazionali
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Nelle mail emergono nomi di numerosi politici, da Macron a Renzi. Oltre 124 mila documenti svelano i segreti della multinazionale

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Un gigantesco dossier chiamato Uber Files. Dall’inchiesta del Guardian, insieme al Consorzio internazionale di giornalisti investigativi, sono emersi documenti riservati relativi al periodo compreso fra il 2013 e il 2017 che incastrano il colosso dei taxi. In pratica è emerso un sistema di lobbying e pubbliche relazioni attuato dal colosso per provare a ottenere l’appoggio di politici di spicco per scombussolare il settore in Europa quando alla guida della società c’era Travis Kalanick.

Il gigante Uber avrebbe violato le leggi, ingannato la polizia, sfruttato i conducenti e fatto pressioni, in modo segreto, sui governi durante la sua espansione globale. In 124.000 pagine e documenti – vengono smascherate le pratiche.

Dall’inchiesta risultano anche pressioni su politici e amministratori pubblici di decine di nazioni**, Emmanuel Macron** (all’epoca ministro dell’Economia) a Matteo Renzi per evitare procedimenti giudiziari e piegare le norme statali agli interessi della multinazionale.

Nelle mail dei manager americani, Renzi, che all’epoca dei fatti era primo ministro in Italia, viene definito “un entusiasti-co sostenitore di Uber”, ma il leader di Italia Viva, al settimanale l’Espresso, spiega di non aver «mai seguito personalmente" le questioni dei taxi e dei trasporti.

Intanto dai documenti emergono anche altri particolari. Come un forte intervento politico a favore di Uber in Francia, e poi ancora Lavoratori sfruttati, sottopagati, senza preavviso né giustificazione in vari paesi. Senza contare i soldi spostati nei paradisi fiscali per non pagare le tasse.

L'inchiesta e la posizione di Uber

Il Guardian ha condotto un'indagine globale sui file Uber trapelati, condividendo i dati con le organizzazioni dei media di tutto il mondo tramite l'International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). Più di 180 giornalisti di 40 organi di stampa tra cui Le Monde, Washington Post e BBC pubblicheranno una serie di rapporti investigativi sul colosso tecnologico.

In una dichiarazione in risposta alla fuga di notizie, Uber ha ammesso “errori e passi falsi”, ma ha affermato di essere stata trasformata dal 2017 sotto la guida del suo attuale amministratore delegato, Dara Khosrowshahi.

“Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali”, ha affermato. “Chiediamo invece al pubblico di giudicarci da ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e da ciò che faremo negli anni a venire». Il portavoce di Kalanick ha affermato che le iniziative di espansione di Uber sono state «guidate da oltre cento leader in dozzine di paesi in tutto il mondo e in ogni momento sotto la supervisione diretta e con la piena approvazione dei solidi gruppi legali, politici e di conformità di Uber”.

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