Comincia il processo d'appello a Mimmo Lucano, il sindaco dell'accoglienza

Mimmo Lucano  è stato sindaco di Riace dal 2004 al 2018
Mimmo Lucano è stato sindaco di Riace dal 2004 al 2018 Diritti d'autore Tiziana Bagnato
Di Euronews
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L'ex primo cittadino del comune calabrese di Riace era stato condannato in primo grado a a 13 anni e due mesi di carcere, quasi il doppio di quanto chiesto dall'accusa. Il suo avvocato, Pisapia, denuncia una “lettura forzata, se non surreale dei fatti”

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È iniziato oggi a Reggio Calabria il processo d'appello a Mimmo Lucano, l'ex sindaco del paese di Riace, noto per l'ambizioso, inedito, e per molti esemplare, modello di accoglienza dei migranti instaurato nel piccolo comune calabrese.

Condanna e appello

In primo grado, Lucano era stato condannato a 13 anni e due mesi di carcere dal Tribunale di Locrinell’ambito del processo Xenia, per associazione a delinquere, frode, falso in atto pubblico, peculato, abuso d’ufficio e truffa. Secondo le motivazioni della sentenza, avrebbe strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica.

I giudici hanno ritenuto il sistema organizzato da Lucano un’organizzazione “tutt’altro che rudimentale”, che rispettava regole precise e che era gestita da Lucano “per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale”. 

Nel suo paese, Lucano avrebbe messo in atto una serie di espedienti atti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso e il soggiorno delle persone migranti in Italia, come la celebrazione di finti matrimoni. 

L'ex sindaco non ha tratto profitti in denaro dalle sue azioni, ma, si legge nelle motivazioni della sentenza, si sarebbe comunque arricchito grazie l’acquisto di un frantoio e di numerosi beni immobili da destinare ad alberghi per l’accoglienza turistica, su cui sapeva di poter contare a fine carriera.

La pena comminata il 30 settembre 2021 era stata quasi il doppio rispetto alle richieste del procuratore capo di Locri, Luigi D’Alessio, e dal pubblico ministero Michele Permunian, che avevano chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere. Con Lucano erano state condannate anche altre 17 persone, coinvolte a vario titolo nella gestione dei progetti di accoglienza a Riace.

Sindaco modello o truffatore?

La vicenda di Lucano è da sempre divisiva nel dibattito pubblico italiano: gli esponenti dei partiti politici di sinistra ritengono Riace un modello di integrazione e credono nella buona fede del suo protagonista, magari poco rispettoso delle formalità amministrative, ma di certo animato da obiettivi umanitari e generosità. Anche alcuni influenti mezzi di informazione statunitensi come il New York Times e Time hanno raccontato con toni positivi la storia di Riace e nel 2016 la prestigiosa rivista Fortune ha inserito Lucano fra i 50 personaggi più influenti al mondo.

Le forze politiche tradizionalmente contrarie all'immigrazione, al contrario, lo hanno dipinto come un approfittatore a capo di un sistema opaco e dannoso per le casse statali.

Alla notizia della condanna, infatti, diverse personalità del mondo politico e della società civile italiana avevano espresso la propria solidarietà all'ex sindaco, altre avevano sottolineato la gravità dei reati contestati e criticato aspramente il business dell'immigrazione addebitatogli.

A differenza del processo di primo grado, in cui il Tribunale di Locri aveva vietato alle telecamere di entrare in aula, il Tribunale di Appello di Reggio Calabria ha accolto la richiesta dei vari mezzi di informazione, che seguiranno i lavori.

“Condannato per aver rispettato le persone”

L'ex sindaco non era presente in aula ma ha parlato della sua vicenda. "È giusto che io venga condannato solo perché accusato di aver mantenuto le persone più a lungo? Qual era il mio obiettivo? Sono stato sicuramente rispettoso; non della legalità perché quelle erano solo linee guida. Se avessi rispettato quelle linee guida, come sindaco, cacciando ogni migrante dopo sei mesi (di assistenza ai profughi, ndr) sarebbe stato tutto risolto. Non sarei incorso in questo reato, nel reato di truffa, nel reato di abuso d'ufficio”.

Proprio nella giornata in cui è cominciato il processo di appello, Lucano è intervenuto alla consegna del “Premio Liberetà” a Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro, promosso dal Coordinamento Donne SPI Cgil del comune calabrese, in collaborazione con lo Spi Cgil Calabria e Auser Calabria.

Gli avvocati che lo difendono, tra cui l'eurodeputato del Partito democratico Giuliano Pisapia, ritengono forzata se non surreale la lettura dei fatti nel processo di primo grado, finalizzata, in sostanza, a "dichiarare Lucano responsabile a tutti i costi". 

La richiesta dei difensori di Lucano e degli altri imputati di riaprire l'istruttoria sarà discussa subito dopo le segnalazioni dei giudici aggiunti, che potrebbero concludersi già nella prossima udienza, il 6 luglio.

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