In una telefonata lunga un'ora, Biden ha inoltre promesso all'omologo ucraino ulteriori aiuti economici per mezzo miliardo di dollari. Mario Draghi invece chiama il Cremlino per parlare di pace
"Assistenza militare, economica e umanitaria": così Washington è tornata ad assicurare pieno sostegno a Kiev, promettendo aiuti per mezzo miliardo di dollari durante un nuovo colloquio telefonico tra il presidente statunitense Joe Biden e l'omologo ucraino Volodmyr Zelensky.
A quest'ultimo, in una telefonata di un'ora, il presidente americano ha confermato la vicinanza del governo statunitense.
I due leader, riferisce la Casa Bianca, hanno inoltre discusso di come gli Stati Uniti stiano "lavorando incessantemente per soddisfare le principali richieste di assistenza per la sicurezza da parte dell'Ucraina, gli effetti cruciali che queste armi hanno avuto sul conflitto e i continui sforzi da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati e partner per identificare capacità aggiuntive per aiutare l'esercito ucraino a difendere il proprio Paese".
Mario Draghi chiama Putin
"Presidente Putin la chiamo per parlare di pace", così è iniziata la telefonata del presidente del consiglio italiano Mario Draghi al capo del Cremlino. La chiamata è durata 45 minuti, la linea è pure caduta e a quel punto è stata Mosca a richiamare Roma e Mario Draghi sembra potersi ritagliare un ruolo da mediatore. Questa telefonata non registra vere aperture ma rappresnta comunuqe un passo avanti.
Doccia gelata dal Cremlino
Anche se la strada verso una tregua appare ancora lunga.
All'indomani delle aperture dei negoziatori russi dopo icolloqui di Istanbul, arriva la doccia fredda del Cremlino. "Per il momento - ha detto il portavoce Dmitry Peskov - non possiamo dichiarare che ci sia qualcosa di molto promettente o una qualche svolta. C'è molto lavoro da fare".
Parole che frenano l'ottimismo sulle trattative manifestato da Kiev ma anche dagli inviati di Vladimir Putin, mentre anche la Francia sottolinea che non c'è stata "nessuna svolta" nelle trattative.
La posizione di Mosca resta attendista. Un'ambiguità coltivata anche nell'attesa di sviluppi militari favorevoli. Dopo 35 giorni di guerra, le forze russe assicurano di volersi concentrare sulla "priorità" strategica della conquista dell'intero territorio del Donbass, continuando l'assedio delle oblast' limitrofe dell'est e del sud dell'Ucraina, da Kharkiv a Mariupol.
Ma le notizie dal terreno testimoniano di una nuova drammatica ondata di attacchi missilistici su Kiev e Chernihiv, dove Mosca aveva promesso "una riduzione radicale dell'attività militare".
Secondo la Difesa ucraina, non c'è invece nessun ritiro su vasta scala da quelle zone, ma solo movimenti limitati delle "unità che hanno subito le perdite maggiori per rifornirle".
Fuoco di fila
In un fuoco di fila di messaggi contradditori, dopo la frenata del Cremlino - che comunque ha giudicato "positivo" il fatto che Kiev abbia iniziato a formulare proposte per iscritto - sono giunte le nuove aperture dei negoziatori ai vari livelli.
Da Medinsky, secondo cui "l'Ucraina per la prima volta ha mostrato di essere pronta a soddisfare le condizioni per costruire relazioni di buon vicinato con la Russia" e "discuterne le richieste di principio", al ministro degli Esteri Serghei Lavrov, che ha visto un "significativo progresso" nei colloqui, sostenendo che Kiev sta "capendo che le questioni della Crimea e del Donbass sono definitivamente chiuse".
Un'interpretazione seccamente respinta dall'Ucraina, che torna a invocare "il ripristino" della sua "sovranità" su quei territori. Una questione su cui resta evidente tutta la distanza tra le parti, che non a caso per il momento l'hanno esclusa dalle trattative.
Il caos informativo di Mosca appare in bilico tra tattica e incertezza.
Per gli 007 americani, il nodo è anche l'isolamento di Putin dalla realtà. Il presidente russo sarebbe "male informato dai suoi" sull'andamento della guerra, perché i capi militari "hanno paura" di riferirgli quanto "male stiano facendo le forze armate di Mosca".
Instabilità all'orizzonte
Prosegue intanto lo scontro sulle sanzioni con l'Occidente, con le ricadute sui rapporti bilaterali e la diatriba sul pagamento del gas russo in rubli, che insieme agli sviluppi del conflitto e dei negoziati è stata al centro delle telefonate di Putin con il premier Mario Draghi e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Nel frattempo, Mosca rinsalda l'asse con Pechino. In uno scenario di instabilità che minaccia di aggravarsi ulteriormente dopo l'annuncio della regione separatista georgiana dell'Ossezia del Sud di volersi unire formalmente alla "madrepatria storica" russa, Lavrov si è recato in Cina per una riunione dei capi delle diplomazie dei Paesi vicini dell'Afghanistan e ha incontrato il collega Wang Yi.
"Sullo sfondo di una complicata situazione internazionale - ha spiegato -, Russia e Cina continuano a rafforzare la partnership strategica e a parlare con una sola voce negli affari globali"