Iraq, incendiata la sede del Partito Democratico del Kurdistan. Il Paese cerca stabilità politica

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In Iraq lo scenario politico è di grande incertezza. Slittano ancora le elezioni presidenziali mentre a Baghdad è stata incendiata la sede del Partito Democratico del Kurdistan

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Un attacco che arriva nel mezzo delle crescenti tensioni in Iraq. I sostenitori delle milizie sciite hanno appiccato il fuoco alla sede del principale partito curdo a Baghdad. Un gesto che arriva forse come riposta alle critiche avanzata da parte di un ex candidato parlamentare del Partito Democratico del Kurdistan al Grande Ayatollah Ali al-Sistani, il massimo esponente religioso sciita in Iraq.

Un gruppo di uomini armati ha preso d'assalto l'edificio del KDP dopo che Naif Jardo, un candidato alle parlamentari irachene del 2018, ha dichiarato che la massima autorità sciita irachena dovrebbe essere di origine araba e qualcuno di provenienza dall’India, Afghanistan o Iran.

Il Paese, da tempo alla ricerca di una stabilità, è di nuovo nel mezzo di una crescente crisi tra lotte e disaccordi all’interno del governo, in subbuglio dalle elezioni generali del 10 ottobre 2021, segnate da minacce e violenze post-elettorali. Lo scorso 5 marzo il parlamento iracheno ha riaperto la registrazione per i candidati alla presidenza della Repubblica. I parlamentari hanno fissato un periodo di tre giorni per la registrazione dei nomi, con una votazione che ha visto 203 legislatori favorevoli sui 265 che hanno partecipato alla sessione speciale per decidere sulla questione.

Una crisi senza fine

Nella corsa alla Presidenza, la Corte suprema irachena aveva escluso la candidatura del politico ed ex ministro degli Esteri, Hoshyar Zebari, dopo che l’uomo era stato denunciato con accuse di corruzione risalenti a molti anni fa. Un’esclusione che avrebbe potuto aprire la strada al suo principale avversario, il presidente in carica, Barham Saleh, che dovrebbe candidarsi per un secondo mandato.

Il più grande blocco politico guidato dal religioso sciita Moqtada Sadr, aveva sostenuto Zebari per la presidenza. In questo clima le elezioni del capo di Stato slittano ancora. La costituzione irachena prevede che un termine di trenta giorni per candidarsi alla carica di presidente della Repubblica, a partire dalla data della prima sessione del Parlamento, avvenuta il 9 gennaio scorso.

Secondo il sistema di governo iracheno, in vigore da quando è stata adottata la Costituzione post-Saddam Hussein nel 2005, il ruolo di presidente è in gran parte cerimoniale ed è ricoperto da un esponente curdo. Il capo di Stato viene eletto dai deputati, nel corso di una seduta in cui è richiesta la presenza dei due terzi dei 329 membri dell’organo legislativo. Il nuovo presidente del Paese, a sua volta, chiederà successivamente al blocco parlamentare più numeroso di formare un governo.

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