Ungheria: accolti 255.000 ucraini. Ma fino a quando?

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Di Nora Shenouda & Cristiano Tassinari
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Veramente modesti gli aiuti di Stato del governo-Orbán, storicamente anti-migranti. E, allora, ad accogliere gli ucraini in arrivo in Ungheria, ci pensa la società civile e religiosa. Ma presto - sostengono gli esperti - si porranno problemi di alloggio, istruzione e previdenza sociale

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BUDAPEST (UNGHERIA) - Più di 2,8 milioni di ucraini hanno lasciato la loro Patria dall'inizio della guerra e sono fuggiti nei paesi vicini, tra cui l'Ungheria. La maggior parte di loro è arrivata in Polonia: più di 1 milione 270.000. 255.000 sono fuggiti in Ungheria, 204.000 in Slovacchia, circa 107.000 sono arrivati in Moldova e quasi 85.000 in Romania. (Dati ufficiali dell'UNHCR, l'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati).

La mobilitazione della società civile, non dello Stato

Da una delle stazioni ferroviare di Budapest, la corrispondente di Euronews, Nora Shenouda:
"Negli ultimi anni, lo Stato ungherese ha quasi completamente abolito il sistema di assistenza ai rifugiati e tre grandi centri di accoglienza sono stati chiusi, come risultato della politica anti-migranti di Fidesz, il partito al governo, del premier Viktor Orban.

Pertanto, l'attuale crisi dei rifugiati è gestita principalmente dalla cooperazione civica: quindi, gli stessi cittadini stanno svolgendo un compito la cui responsabilità dovebbe essere delle istituzioni pubbliche.
Non appena i primi rifugiati ucraini sono apparsi ai valichi di frontiera e alle stazioni ferroviarie, un certo numero di organizzazioni umanitarie e parrocchie si è accampato e organizzato per dar loro una mano, organizzando trasporti e alloggi, riunendo i volontari, raccogliendo e consegnando le donazioni e distribuendo il cibo.
Una grande mobilitazione civile.

Darko Vojinovic/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved
Il sottosegretario a Migranti e Rifugiati della Santa Sede, Cardinale Michael Czerny, visita i rifugiati a Barabas (Ungheria)Darko Vojinovic/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved

Molti cittadini vengono ogni giorno nelle due principali stazioni ferroviarie di Budapest per fare da interpreti e traduttori, e il Partito ungherese del "Cane a due code" (Magyar Kétfarkú Kutya Párt, nato come un partito "scherzoso" e di protesta, è cresciuto notevolmente nel consenso popolare) ha allestito una stazione di ricarica qui, di fronte alla Stazione di Budapest Ovest.

Già nei primi giorni di guerra sono nati diversi gruppi su Facebook, che sono molto attivi: la risposta ai post di ricerca di alloggi arriva regolarmente, in pochi minuti.

E lo Stato che fa?

Negli ultimi giorni sono circolate opinioni nei media sul fatto che ci sarebbe necessità di un qualche tipo di coordinamento e di un maggiore aiuto da parte dello Stato.
Ai valichi di frontiera e nelle stazioni ferroviarie la polizia, le autorità di soccorso e del servizio d'immigrazione stanno facendo un notevole sforzo, ma l'ulteriore destino dei rifugiati dipende soprattutto dalla benevolenza e dalla volontà dei civili.

I futuri problemi: alloggio, previdenza, istruzione

Tuttavia, gli esperti sostengono che l'entusiasmo della società ungherese diminuirà con il tempo, e tra poche settimane la questione sarà: dove potranno vivere i rifugiati rimasti in Ungheria?
Inoltre, l'assistenza sanitaria a lungo termine per tutti e l'istruzione dei bambini sarà un problema, poichè l'Ungheria ha già notevoli difficoltà nei settori della previdenza e della scuola".

Anna Szilagyi/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved.
Manifestazione contro la guerra a Budapest, organizzata da Greenpeace. (9.3.2022)Anna Szilagyi/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved.
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