Europa e Africa rinforzano i rapporti di collaborazione su clima, migrazioni e vaccini

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Vaccini, migranti, cambiamenti climatici. Europa e Africa si siedono al tavolo, a Bruxelles per trovare strategie comuni sulle questioni di stretta attualità

I leader europei e africani si sono incontrati a Bruxelles per il sesto vertice congiunto. L'Africa e l'Europa vogliono gettare le basi per una nuova partnership. L'Unione europea vuole rimanere il principale partner multilaterale del continente africano. Agli occhi dei leader, questa rinnovata collaborazione deve andare oltre le questioni economiche per affrontare temi come educazione, salute, clima e tecnologia digitale. Sostanzialmente, si tratta di proporre questa collaborazione sulla scena internazionale.

In questa intervista doppia i giornalisti  Nathalie Wakam e Grégoire Lory entrano nel dettaglio del vertice con  il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel e il presidente del Senegal e presidente dell'Unione Africana, Macky Sall. 

Charles Michel, il primo obiettivo di questo vertice era quello di rimescolare un po' le carte. È pienamente soddisfatto del risultato in questi due giorni a Bruxelles?

Sono molto soddisfatto perché sono convinto che durante queste poche ore a Bruxelles l’alleanza tra l'Africa e l'Europa è stata davvero rinnovata, abbiamo cambiato paradigma e la preparazione del vertice rifletteva già questa volontà politica comune. Come identificare insieme gli obiettivi e le sfide, e come individuare insieme le migliori soluzioni con più pragmatismo, in modo più concreto,  E di conseguenza garantire che possiamo davvero mantenere i nostri impegni.

Quindi è soddisfatto?

Sono felice perché ho sentito sintonia. Ho sentito davvero che i leader africani ed europei erano impegnati, motivati e mobilitati ad ascoltarsi a vicenda, ed è importante ascoltarsi a vicenda perché questa è la chiave della fiducia. Per capire meglio i punti di vista di entrambe le parti. Capire meglio, fin dall'inizio, i punti di vista che a volte non sono spontaneamente gli stessi, dove sono i ponti, quali sono i percorsi comuni per affrontare le difficoltà , perché ce ne possono essere, perchè si veda che c'è la capacità di superare l'ostacolo in modo intelligente.

Macky Sall, pensa che dopo questo vertice sia possibile costruire una rinnovata collaborazione?

Assolutamente. Come ha detto Charles (vorrei ringraziarlo prima di tutto per la buona organizzazione di questo vertice).  Questo sarà il punto di partenza di questo rinnovato sodalizio ripensato, ma costruito sul rispetto reciproco, sulla solidarietà e infine sull'ascolto reciproco perché spesso non siamo stati ascoltati.  Noto questo cambio di metodo fondamentale nella relazione, costruita sull'amicizia, la considerazione,  e la ricerca di soluzioni comuni, la co-costruzione di soluzioni. E quando siamo venuti a Bruxelles, naturalmente, c'erano temi delicati sui quali non avevamo ancora chiuso la negoziazione : la questione della transizione energetica, la transizione climatica, le questioni dei diritti di proprietà in relazione ai vaccini, sono temi difficili che siamo più o meno riusciti a fissare. E così, prima di tutto, il metodo di lavoro nuovo ha reso di più e alla fine ha portato a dei risultati abbastanza convincenti. Ora c'è l'implementazione, per la quale ci siamo impegnati allo stesso modo

Macky Sall, la gestione di Covid ha messo a dura prova le relazioni tra l'Unione africana e l'Unione europea. C'era Omicron e le decisioni che sono state prese di conseguenza. Ora c'è la questione urgente della revoca dei brevetti sui vaccini. E ovviamente non siete soddisfatti. È un fallimento?

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No, per niente. Non è affatto un fallimento. Cioè, quando ci sono due posizioni opposte, si cerca di trovare un compromesso, una soluzione che soddisfi entrambe le posizioni. Non siamo in una relazione manichea dove è sì o no. No. Già, per ottenere ciò che vogliamo, cioè che i vaccini siano prodotti in Africa, almeno il 60%, l'Europa ha fatto degli sforzi. Prima di tutto, la fornitura di vaccini, checché se ne dica. Sono già state donate 150 milioni di dosi. E l'Europa si è impegnata a rendere disponibili 400 milioni di dosi entro l'estate del 2022. Questo è il primo passo. Ma noi diciamo che ricevere le dosi non è sufficiente. Vogliamo produrre le dosi in Africa. E in questo quadro, c'è stato uno scambio estremamente importante dove i paesi europei, e Team Europe si sono impegnati con noi, con l'OMS, a trasferire la nuova tecnologia dell'RNA messaggero a sei paesi africani inizialmente, sei hub. Dobbiamo anche affrontare la questione dei brevetti. Alcuni dicono che i brevetti dovrebbero essere sospesi. Si dice che non si può mettere in discussione la proprietà intellettuale. Quindi cosa dovremmo fare? Abbiamo una pandemia. La gente sta morendo. Abbiamo dato un mandato alle due commissioni: l'Unione europea e l'Unione africana, e l'OMC ci accompagnerà per trovare un compromesso. E il compromesso è prima di tutto il trasferimento di tecnologia. Una volta che abbiamo la tecnologia, è più facile discutere con chi ha il brevetto, magari per migliorare le condizioni, per ridurre i costi in modo che chi ha la tecnologia possa riprodurla nel continente. Così questo dibattito è stato rimandato ad aprile-maggio e non credo si possa definire un fallimento. Al contrario, c'è una volontà comune di raggiungere questo compromesso, che sono sicuro sarà trovato.

Charles Michel, perché l'Unione Europea non ha voluto eliminare i brevetti? Non ha paura di accentuare la diffidenza dei suoi partner africani?

Siamo convinti di condividere esattamente lo stesso obiettivo. Vogliamo, leader africani, leader europei, avere la capacità di sviluppare la produzione di vaccini, e nel settore della medicina più in generale nel continente africano. Questo è il punto di partenza. In secondo luogo, sappiamo bene che la proprietà intellettuale è una potente leva per promuovere l'innovazione e la ricerca. Ed è ovviamente essenziale proteggere questa dimensione. E poi capiamo che quando si producono medicine o vaccini, c'è un elemento molto importante che è la tecnologia, il know-how e la capacità normativa. E volevamo essere estremamente pragmatici, perché? Perché negli ultimi mesi, piuttosto che avere un dibattito ideologico senza fine con due posizioni antagoniste e un po' estreme, ci siamo detti che non avremmo aspettato, che ci saremmo comunque rimboccati le maniche. Sono stato a Dakar in visita all'Istituto Pasteur, sia in Senegal che in altri paesi africani, per lanciare progetti che abbiamo spinto con il settore privato e per sviluppare , dove c'era, una volontà politica molto, molto forte. E questo è ciò che ha reso possibile oggi realizzare questi trasferimenti di tecnologia. E stiamo andando oltre. Ora lavoreremo insieme su una posizione comune africana ed europea che potremo difendere all'interno dell'OMS e dell'OMC. Ciò significa che questo è un buon esempio di come la federazione delle forze politiche africane ed europee può aiutare il mondo a trovare una soluzione intelligente. Quando siamo colpiti da una pandemia come questa, dobbiamo trovare un equilibrio tra la proprietà intellettuale per garantire l'innovazione, e l’esigenza di non perdere tempo perchè l’ accesso ai vaccini sia garantito ovunque

Ho una domanda sugli investimenti. L'Unione Europea offre 150 miliardi di euro all'Africa. Questa quantità è sufficiente per contrastare, diciamo, l'influenza di Cina e Russia? Ed è questa l'unica risposta possibile?

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Vorrei fare una specifica . Non ci devono essere malintesi. La volontà dell'Unione Europea non è affatto quella di contrastare l'influenza di qualcuno. Si tratta di sviluppare un progetto positivo, un alleanza positiva, intelligente e impegnata. Perché? Perché abbiamo un desiderio sincero, perché è nel nostro interesse reciproco. Sappiamo che se l'Africa si stabilizza, si sviluppa e prospera, è un bene per l'Europa. E allo stesso modo, quando vanno bene le cose in Europa è un bene anche per l'Africa. Questo è un primo elemento che è importante sottolineare e chiarire. Questa è la verità di questo impegno. Si tratta di una somma senza precedenti. Mai prima d'ora siamo stati in grado di mobilitare una tale somma.  Cercheremo quello che chiamiamo l'effetto leva. La Banca europea per gli investimenti sta diventando un attore importante dal punto di vista europeo nello sviluppo di collaborazione con i nostri partner africani. Ogni volta che lavoriamo con i leader africani mi assicuro sempre di portare con noi gli esperti della Banca europea, per essere ben informati sulle priorità dei paesi africani in termini di investimenti, in particolare nel settore delle infrastrutture, per esempio.

Macky Sall, sappiamo che l'Europa è restia a finanziare progetti legati ai combustibili fossili. E so che lei sta spingendo molto in questo senso. Questo significa che cercherete investitori altrove?

No. Prima di tutto, bisogna dire che alla fine di questo vertice, abbiamo raggiunto un compromesso con l'Europa su questa questione essenziale, che mi sta a cuore perché sono contro l'ingiustizia. Ma quello che si voleva fare era ingiusto nei confronti verso l'Africa, perchè l’africa che inquina emette meno del 3 per cento e subisce drasticamente le conseguenze del cambiamento climatico ma le si dice di azzerare il fossile. Questo non è realistico, non è giusto. Ma l'Africa è impegnata nella lotta contro il cambiamento climatico. Per quanto riguarda l'accordo di Parigi, nella maggior parte dei paesi africani c’è l’impegno per un mix energetico e le politiche si stanno adeguando. Il mio paese, per esempio, è al 31% di energia pulita, energia rinnovabile. Non ci sono molti paesi allo stesso livello oggi mentre parliamo. Ma così come dobbiamo dare elettricità a 600 milioni di africani che non ce l'hanno ancora, perché manca l'elettricità, dobbiamo anche sviluppare l'industria in Africa per creare posti di lavoro, valore aggiunto. Stiamo solo vendendo materie prime e comprando manufatti? Dobbiamo industrializzare il continente. Lo faremo con basse emissioni di carbonio, ma lo faremo con un'energia competitiva per le nostre economie. Allo stesso tempo, adatteremo e svilupperemo progetti sostenibili come la Grande Muraglia Verde in Africa e tutto ciò che riguarda l'energia pulita e le energie rinnovabili.

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La sensazione che riceviamo è che questi standard, questi criteri europei forse non sono adattabili all'Africa. Questo significa che l'UE dovrebbe rivedere i suoi criteri? Dovrebbe rivedere la portata dello sforzo climatico?

Capisco  molto bene che è l'Europa, insieme ad altre economie avanzate, ad aver abusato delle risorse naturali e ad aver provocato il riscaldamento globale.

Quindi è vero che c'è un'ingiustizia, o ci sarebbe un'ingiustizia nel non capire che la transizione è necessaria, ma non accettiamo che si adotti un atteggiamento pragmatico sulla realtà del continente africano. All'inizio, non c'era molto entusiasmo a livello europeo nel comprendere questo messaggio, perché c'è un atteggiamento radicale, perché siamo ben consapevoli di questa emergenza climatica. E poi, è stato il dialogo, l'ascolto reciproco questo cambio di mentalità che ha reso possibile non solo l’organizzazione di questo incontro, con molti contatti precedenti, molti scambi di informazioni. Siamo riusciti anche  a concordare un testo, che è la dimostrazione che dove c'è volontà politica c’è fiducia. E la fiducia si ottiene con la trasparenza, e una forma di lealtà reciproca.:

Passiamo ora alla questione della sicurezza. La Francia ha annunciato un ritiro coordinato di Barkhane e Takuba. Lei ha reagito e si è detto felice che questo impegno sia stato rinnovato. In concreto, cosa vedremo nei prossimi mesi in questa regione?

Prima di tutto, dobbiamo ricordare che abbiamo avuto uno scambio estremamente importante all’Eliseo l'altro ieri, Charles Michel era lì, con i leader europei e africani sulla questione della sicurezza, la lotta contro il terrorismo. Ed è emerso che l'Europa non vuole lasciare l'Africa da sola ad affrontare il terrorismo. Questa è una buona cosa. Vorremmo che tutto il mondo ragionasse così, perché se tutti ragionassero così, gli africani non sarebbero soli . Quando si è trattato di terrorismo in Afghanistan o in Siria, sono state le coalizioni mondiali a mobilitarsi, migliaia di miliardi di dollari sono stati mobilitati per vent'anni in Afghanistan. Perché quando si parla di Africa, ci viene detto di fare da soli? Così ci sono stati alcuni paesi, la Francia è uno di quei paesi che hanno risposto alla chiamata del Mali nel 2013. Gli africani hanno risposto prima che l'ONU istituisse una missione di caschi blu. I nostri diversi paesi hanno inviato i loro soldati gratuitamente. Ricordo che i miei soldati hanno percorso 2.300 chilometri per aiutare il Mali perché era uno dei nostri vicini ad essere colpito. Vogliamo che questa solidarietà sia globale ed è una fortuna che l'Europa abbia rinnovato questa volontà e questa solidarietà verso l'Africa.  Spero che le cose migliorino in Mali, in modo che possano tornare. Perché non si può combattere il terrorismo nel Sahel ignorando il Mali, non è possibile. È un vasto territorio di 1 milione e 200.000 chilometri quadrati che confina con altri 7 paesi: Algeria, Mauritania, Niger, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea e Senegal. Ora tengo conto del fatto che ci sono situazioni congiunturali che spero supereremo molto rapidamente per permetterci di riprendere efficacemente la lotta contro il terrorismo nel Sahel.

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Il fallimento dell'operazione francese Barkhane e l'insuccesso dell'operazione europea rimettono in discussione questo modello di operazione e potrebbero rimettere in discussione altri interventi europei?

Sfido la sua analisi perché dobbiamo ricordare qual era il punto di partenza. Il punto di partenza era un rischio di collasso totale ed estremamente grave del Mali, con implicazioni per tutta la regione e oltre. E’ perché in quel momento, gli stati sovrani hanno ritenuto che fosse utile avere collaborazione dalla Francia e dei paesi europei che è stata presa la decisione di schierarsi , per cercare di evitare quello che sarebbe stato un disastro ancora più grave della situazione attuale. Il secondo elemento è che prendiamo in considerazione l'evoluzione della minaccia, ma anche la situazione in Mali che, come già detto, sta causando una difficoltà, spero circostanziale, e speriamo che al più presto si possa tornare a una forma più tradizionale di cooperazione con questo paese che è un paese importante nel cuore del Sahel. Ma ci stiamo anche ricalibrando come detto.  Ci stiamo adattando in piena sintonia con i paesi africani, tenendo conto, per esempio, dell'iniziativa di Accra e dell'importanza di prendere in considerazione anche i paesi del Golfo di Guinea, anch’essi rappresentati in questa riunione, quindi al tavolo si sono seduti i paesi europei e i paesi africani, ed è stata un'occasione per uno scambio diretto, un'analisi comune della situazione, e sulla base di questa analisi comune, vediamo come possiamo muoverci concretamente. Ancora una volta, come europei, abbiamo cercato di impiegare i mezzi più consoni e utili, seguendo le analisi fatte dai nostri amici africani.

Charles Michel, cinque anni fa ad Abidjan, sono state prese delle decisioni in materia di immigrazione, in particolare per porre fine al traffico illegale. Parliamo per esempio della Libia, del rafforzamento della cooperazione. Ma alla fine fino ad ora, i migranti li troviamo sempre in partenza e ci troviamo a doverli salvare in mare. Nulla sembra cambiato dal 2017

Prima di tutto è evidente che la questione migratoria è una questione politicamente sensibile in Europa, probabilmente anche in Africa. Ed era importante avere questo dialogo. Ricordo che alla vigilia di questo vertice, alcuni amici sia della parte africana che di quella europea erano un po' preoccupati per questo dibattito, un po' preoccupati che il dibattito si trasformasse in occasione di grande scontro, una grande disputa, un faccia a faccia tra Europa e Africa. Ma volevamo davvero ascoltarci a vicenda e avere uno sguardo intelligente e sfaccettato sull'argomento. Prima di tutto, capiamo, come europei , che una delle prime sfide è la migrazione interna , e capiamo come possiamo prendere in considerazione questa situazione mobilitando, come è stato deciso, progetti molto concreti per un investimento massiccio nella formazione professionale, nell'apprendistato, per garantire a questi giovani africani delle prospettive ottimistiche. In secondo luogo, come possiamo combattere efficacemente insieme le forme criminali approfittano in modo un po' cinico di questo disagio umano? Qui abbiamo interessi comuni perché abbiamo lo stesso concetto della dignità delle persone e quindi vogliamo agire insieme. E voglio anche sottolineare, l'abbiamo detto chiaramente, che  se vogliamo essere fermi nel combattere l'immigrazione irregolare e illegale, dobbiamo anche offrire canali regolari e legali per la migrazione. Vede, su un argomento come questo, non appena ragioniamo razionalmente , scopriamo come possiamo trovare soluzioni serene.

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