Intervista con Ilkka Salmi, coordinatore anti terrorismo dell'Ue: come la tecnologia può essere arma di difesa e di offesa
Ilkka Salmi è l'uomo di punta dell'UE quando si parla di anti terrorismo.
Ha recentemente assunto il ruolo di coordinatore della risposta degli Stati membri alle minacce alla sicurezza.
La nomina di Salmi arriva in un momento in cui l'estremismo di destra conosce una nuova ondata e in cui la propaganda online è una preoccupazione crescente.
Sono solo alcune delle questioni al centro dell'intervista realizzata al Consiglio europeo, a Bruxelles.
"La minaccia terroristica è ancora lì"
- Abbiamo appena iniziato un nuovo anno. Nel 2022, come definirebbe il terrorismo?
"Direi che dobbiamo ancora tenere a mente che il terrorismo esiste - risponde Ilkka Salmi - Se consideriamo, per esempio, le opinioni radicali islamiche o il jihadismo, l'ideologia è ancora lì, anche se il Califfato è stato sconfitto in Siria. Dobbiamo essere preparati a questo".
- Lei assume questo ruolo in un momento in cui il terrorismo sembra avere un impatto minore. La minaccia terroristica non è più nell'agenda politica?
"Purtroppo, la minaccia del terrorismo è costantemente presente. Dovremmo dire che è, in parte, probabilmente ancora elevata. Non è sparita del tutto. Naturalmente, specialmente dal punto di vista europeo, la pandemia potrebbe aver avuto un impatto. Voglio dire, la gente non si muove più liberamente come prima. Vorrei anche sottolineare una cosa, ed è una cosa buona: la resilienza. Abbiamo visto, in Europa, attacchi terroristici su piccola scala, molto sfortunati, nei quali sono state perse delle vite. Nonostante questo, le società sono riuscite a riprendersi".
Il ruolo delle nuove tecnologie
- Qual è, secondo lei, la situazione attuale quando si parla di minacce terroristiche in Europa e quali le questioni urgenti?
"Direi fondamentalmente due, in realtà tre cose. La prima: il jihadismo o la minaccia islamista radicale è ancora lì. La seconda: abbiamo visto che l'estremismo di destra, specialmente l'estremismo violento della destra bianca, è più presente in Europa. La terza questione riguarda lo sviluppo della tecnologia.
- In passato, diversi cittadini europei sono stati accusati di essersi uniti a organizzazioni legate al terrorismo. Secondo lei, l'Europa è ancora attraente per queste organizzazioni? E quali potrebbero essere le cause di tali reclutamenti?
"Quello che abbiamo visto, diciamo nel 2012, 2013, 2014 specialmente, o nel 2015 in relazione alla crisi in Siria e alla formazione di Daesh o Isis in quei giorni, ha davvero spinto alcuni europei a partire e a unirsi alle fila di queste organizzazioni terroristiche. Teoricamente parlando, in un certo senso, la possibilità esiste ancora. Abbiamo visto gli sviluppi in Afghanistan. È certamente una questione che seguiremo".
Migrazione uguale terrorismo? È fuori questione ma...
- Nell'ultimo trimestre la migrazione è diventata di nuovo un argomento all'ordine del giorno. Pensa che ci sia un legame, come alcuni sostengono, tra migrazione e terrorismo. O non è così?
- Siamo a Bruxelles, una città che è stata toccata dal terrorismo in passato. Secondo lei, quali sono le priorità per rendere l'Europa un luogo più sicuro?
"Dobbiamo fare in modo che l'equilibrio tra due questioni - come la privacy, da un lato, e la sicurezza, dall'altro - sia garantito. La nostra legislazione deve permettere alle forze dell'ordine di lavorare in modo efficiente, ma allo stesso tempo deve fare in modo che la nuova tecnologia sia disponibile per queste agenzie".
Covid e posizioni estreme
- Passiamo a un altro argomento. Sulla pandemia, che è una questione urgente, un recente rapporto di Europol, riferito al 2020, rivela che le organizzazioni legate al terrorismo stanno approfittando del Covid per esacerbare il discorso di odio e la propaganda online in questo senso. Cosa si sta facendo per combattere questo fenomeno e affrontare il problema, che ha il potenziale per diventare più grande in futuro?
"In effetti, affrontare queste sfide, è una questione molto attuale. La cosiddetta legislazione sui contenuti terroristici online entrerà in vigore".
La legge entrerà in vigore la prossima estate.
- In questi giorni, nel contesto della pandemia, assistiamo anche a molti discorsi online contro la vaccinazione. Ritiene che tutto questo possa essere usato dall'estremismo di destra per cavalcare il dissenso e conquistare più seguaci?
"Non credo che lo etichetteremo come terrorismo, per il momento. Detto questo, naturalmente, c'è stata qualche preoccupazione per il fatto che una parte marginale di coloro che sono fortemente contrari si radicalizzi e, forse, cerchi alleanze con gruppi diversi, come l'estremismo violento di destra, per esempio. Ma, per il momento, dobbiamo tenere a mente che la libertà di parola e il diritto di espressione e di manifestazione sono sempre lì".
Le sfide tech
- Mentre la tecnologia si evolve, sembra che anche il terrorismo si stia evolvendo. Come affrontiamo tutto questo?
"Prima di tutto, naturalmente, dobbiamo impegnarci molto nel lavoro di prevenzione, cercando di assicurarci che le persone non si radicalizzino, che non assumano posizioni estreme, specialmente quando si parla di Europa ma, naturalmente, anche a livello globale. In secondo luogo, dobbiamo assicurarci che le forze dell'ordine, le autorità di sicurezza abbiano A) abbastanza risorse e B) un quadro giuridico in cui possano operare".
- L'online è l'arma preferita per il futuro. Come affronterete, in questo senso, la lotta al cyber-terrorismo?
"Credo assolutamente che sia la strada da seguire. Non sostituirà, ovviamente, ciò che accade nel mondo reale perché è lì che, purtroppo, tutti gli incidenti terroristici possono avere un impatto psicologico. Allo stesso tempo, le nuove tecnologie - che sappiamo essere estremamente utili - danno anche nuovi strumenti a coloro che vogliono nuocere. Ed è proprio per questo che dobbiamo assicurarci di stare al passo con gli sviluppi tecnologici".
- Secondo lei esiste una sorta di approccio unico, paneuropeo, che può essere adottato?
"Se discutiamo della minaccia, questa certamente varia tra i diversi stati membri dell'Ue o i diversi Paesi in Europa. Quindi, in questo senso, probabilmente non possiamo parlare di un approccio monolitico alla questione".