La discarica di Uborak, esempio della disastrosa gestione dei rifiuti in Bosnia-Erzegovina

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Di Hans von der Brelie
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Gli abitanti della zona nei pressi di Mostar si sono mobilitati per far chiudere la discarica che opera da anni senza permesso. Nella zona è stato registrato un aumento del numero dei tumori

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La città di Mostar, in Bosnia ed Erzegovina, è sotto tiro per la sua discarica a cielo aperto, conosciuta anche come "discarica della morte". I residenti si stanno mobilitando per fare chiudere quella che in molti considerano una bomba a orologeria che degrada l'ambiente e, secondo loro, provoca un aumento dei tumori tra gli abitanti. Il nostro giornalista Hans von der Brelie è andato sul posto per indagare. Ecco il suo resoconto.

La prima cosa che cattura il mio sguardo quando arrivo a Uborak, vicino a Mostar, è la strana danza dei sacchetti di plastica nell'aria mentre il vento solleva la polvere. Avvicinandomi alla discarica noto uno stormo di uccelli si è unito a questo spaventoso balletto. Un'acqua nera dall'odore disgustoso  fuoriesce dalla discarica.

Per i suoi abitanti Uborak è diventato sinonimo di cancro, avvelenamento, malformazioni fetali e malattie mortali. Ma Uborak è prima di tutto un toponimo associato a una discarica controversa vicino a Mostar, in Bosnia ed Erzegovina. Il sito ha raggiunto la sua capacità massima e avrebbe dovuto essere chiuso da tempo, ma i camion della spazzatura vengono ancora a svuotare i loro carichi di rifiuti domestici.

Campionamento clandestino

Accanto a Omer, un abitante del posto, attraverso con discrezione il recinto esterno della discarica. Omer vuole prendere un nuovo campione dell'acqua nera che scorre da questa "discarica di morte", come la chiamano gli abitanti.

Il sito fu dapprima usato come discarica non ufficiale dell'esercito negli anni '60, poi divenne proprietà del comune di Mostar. Si trova su una voragine carsica collegata alla falda acquifera. Omer mi dice che lì sono scaricati resti animali, come le carcasse delle pecore, ma anche rifiuti medici tossici e fanghi contaminati da Pcb provenienti dal sistema di acque reflue della città.

"14 dei miei vicini sono morti di cancro"

Omer mi porta a conoscere Nasuf. Dopo avermi offerto un caffè, l'uomo mi chiede di accompagnarlo al cimitero del villaggio dove si trova la discarica per visitare la tomba del suo amico Vahid. "Ci divertivamo insieme - mi dice Nasuf dopo una preghiera silenziosa -. Vivevamo nella stessa strada, bevevamo raki, ci invitavamo a cena, ci godevamo la vita". Vahid è morto di cancro, così come suo fratello, il padre di Nasuf e molti altri vicini. "Questo villaggio ha 140 famiglie - dice Nasuf - e 14 dei miei vicini sono morti di cancro negli ultimi dieci anni".

Livelli di arsenico 100 volte superiori alla norma

Più tardi Omer mi mostra i risultati delle analisi dei campioni di acqua nera. "Sono spaventosi - mi dice -. Mostrano che c'è molto inquinamento da rame, piombo e zinco. Ma la cosa più preoccupante è il contenuto di arsenico: è 100 volte superiore ai livelli consentiti".

La "mafia dei rifiuti

Chi è responsabile? Perché non è stato ancora trovato un sito per una nuova discarica? E perché questa discarica tossica non è stata sottoposta a lavori di bonifica e messa in sicurezza? Mostar è stata governata per decenni da nazionalisti croati e bosniaci. Entrambi i partiti politici hanno nominato i loro rappresentanti a capo delle cinque società pubbliche di gestione dei rifiuti. I residenti li chiamano la "mafia dei rifiuti".

Il sindaco della città "non ha tempo per un'intervista", mi dice il suo staff. Parliamo invece con Amna Popovac, un'ecologista che era candidata alle elezioni comunali ma non è stata eletta per una manciata di voti. Secondo lei a causa di frodi elettorali.

Per Popovac i partiti etno-nazionalisti di Mostar sono responsabili dello scandalo dei rifiuti. Accusa i due partiti principali di finanziare le loro campagne elettorali sottraendo denaro dalle pubblicità che promuovono una "buona" gestione dei rifiuti. "I partiti al potere usano le società di gestione dei rifiuti come se fossero una cassa - dice l'ambientalista -. Se l'ispettorato finanziario si interessasse davvero alla questione, c'è gente che finirebbe in prigione per questo".

L'Unione europea ha finanziato un centro per il riciclo dei rifiuti Uborak, entrato in servizio nel 2014. Nel suo ultimo rapporto sulla Bosnia-Erzegovina la Commissione europea ha definito catastrofica la gestione dei rifiuti nel paese.

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