Yemen, un conflitto infinito: ecco chi si spartisce il Paese

Guerra nello Yemen
Guerra nello Yemen Diritti d'autore SALEH AL-OBEIDI/AFP or licensors
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Di Stefania De Michele
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Il conflitto nello Yemen non si placa: si intensifica la battaglia per la presa di Marib, roccaforte in mano ai lealisti.

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Lo Yemen è in questo momento meno mediatico dell'Afghanistan.
Eppure, la guerra civile - deflagrata nel Paese all'estremità meridionale della Penisola araba - ha causato quasi 19.000 vittime civili e oltre 4,3 milioni di sfollati, tra marzo 2015 e novembre 2020.
Save the Children stima che l'80% della popolazione - 24,3 milioni di persone - abbia bisogno di assistenza umanitaria.

In queste ore nello Yemen

Sul campo si intensifica la battaglia per la presa di Marib, roccaforte in mano ai lealisti nello Yemen centrale.

Nelle scorse ore un raid missilistico ha colpito l’area residenziale di Rawdah Jadidah. Nell'attacco sono morti 4 civili, di cui 3 bambini; altre 33 persone sono rimaste ferite.

I ribelli Ḥouthī, appoggiati dall'Iran, hanno aumentato la pressione sulla città, ancora sotto il controllo delle forze armate yemenite, che godono del sostegno dell'Arabia Saudita.

Secondo Medici Senza Frontiere, prima del conflitto il governatorato di Marib contava 400mila abitanti, mentre oggi sono quasi 2,7 milioni, soprattutto sfollati, che adesso si trovano stretti nella morsa dei combattimenti.

Le fazioni in guerra

Una guerra “per procura” tra Arabia Saudita e Iran: così viene definito da più parti il conflitto yemenita.

L'escalation comincia nel settembre 2014 quando i ribelli Ḥouthī - movimento anti-governativo sciita zaydita Anṣār Allāh, che costituisce il 50% della popolazione settentrionale - prendono il controllo della capitale Sana’a.

Il presidente in carica Hādī accetta di scendere a patti, ma la proposta di dividere il Paese in sei regioni federali non soddisfa gli Ḥouthī, che costringono il presidente e il governo alle dimissioni. A febbraio 2015 i ribelli continuano la loro avanzata, conquistando diverse città, tra cui Aden, ex capitale dello Yemen del Sud, dove aveva sede il governo dimissionario. Il presidente scappa in Arabia Saudita.

Nei giorni a seguire, a sostegno del governo yemenita, l’Arabia Saudita si mette alla testa di una vasta coalizione militare, formata da Egitto, Senegal, Giordania, Sudan, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Pakistan, sostenuta militarmente e a livello di intelligence da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Israele.

Sul fronte opposto, nel posizionamento strategico a cui lo Yemen fa da cornice, gli Ḥouthī sono supportati logisticamente e operativamente da Iran, Corea del Nord, Eritrea ed Hezbollāh .

Nella guerra contro gli Ḥouthī figurano anche al-Qāʿida e lo Stato Islamico (ISY): non si tratta di un conflitto esclusivamente religioso, ma di definizione degli equilibri lasciati dal vuoto di potere.

Perché la guerra nello Yemen

La guerra, anzi le diverse guerre che infiammano lo Yemen.

Il Paese è scosso da diversi conflitti locali, che coinvolgono poteri regionali e internazionali. Il primo di questi conflitti è quello che mette di fronte gli Ḥouthī e il governo riconosciuto in campo internazionale, supportato dalla coalizione a guida saudita.

Altre tensioni sono legate alle milizie del gruppo secessionista dello Yemen meridionale, il cosiddetto “Consiglio di Transizione del Sud” (STC) - supportato e riconosciuto dagli Emirati Arabi Uniti - che si batte per la creazione di uno stato indipendente nel sud del Paese e che ad oggi, solo sulla carta, ha accettato una tregua dopo la promessa di essere integrato nella compagine governativa yemenita.

Infine, la presenza di AQAP e ISY - le organizzazioni jihadiste presenti sul suolo yemenita - è al centro di diverse operazioni antiterroriste per limitare l'influenza dei gruppi sul territorio.

Il ruolo degli interessi economici

Gli equilibri geopolitici dell'area sono la posta in palio.
L'obiettivo saudita è quello di limitare l'influenza iraniana nel Paese e il suo ruolo nella gestione delle risorse energetiche. In ballo - tra le altre cose - la via di transito delle petroliere nel Golfo di Aden che, insieme con quello di Hormuz, è tra le principali e fondamentali vie marittime. L'appoggio Usa ai sauditi rientra nel posizionamento strategico anti iraniano.

Gli Emirati Arabi Uniti sostengono gruppi armati per perseguire una serie di obiettivi regionali: il controllo delle risorse naturali nel sud del Paese, soprattutto petrolio, argento e oro, i cui giacimenti sono stati rinvenuti in particolare al confine con l’Oman; il contrasto ad AQAP e ISY e una maggiore influenza nel sud dello Yemen.

Infine, l'alleanza di posizionamento tra Turchia e Qatar (con il sostegno indiretto agli oppositori dei sauditi) risponde all'esigenza da parte di Ankara di avere il controllo dello Stretto di Bab elMandeb tra Mar Rosso e Oceano Indiano per accrescere l’influenza nell'area e contrastare quelli delle rivali del Golfo.

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Qualche numero sulla crisi umanitaria dell’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), preposto al coordinamento dell’azione umanitaria delle diverse agenzie delle Nazioni Unite ➡ https://reports.unocha.org/en/country/yemen/

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