L'atleta bielorussa Tsimanouskaya non chiede asilo ma non torna a casa

L'atleta bielorussa Tsimanouskaya non chiede asilo ma non torna a casa
Diritti d'autore Czarek Sokolowski/The Associated Press
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Di Euronews
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Da Varsavia, dove si trova, dice di temere per la famiglia, la nonna le consiglia di non tornare

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Non voleva sollevare il polverone politico che è stato, la politica non le interessa, lei, la velocista bielorussa,  Krystsina Tsimanouskaya, pensa solo a correre.

E invece un post, tutto sommato innocuo ma forse dai toni un po' accesi che si addicono all'età e anche alla situazione, (Krystsina chiedeva perché non fosse stata avvisata di correre la staffetta), ha scatenato le paranoie del regime. Da Varsavia, dove è atterrata qualche ora fa, la 24enne fa una premessa "voglio continuare a correre. Non ho ancora pensato a chiedere asilo politico, voglio solo continuare la mia carriera sportiva".

La Polonia è comunque pronta a darle un visto umanitario. E comunque a tornare a casa per il momento non ci pensa, anche se teme per la propria famiglia.

"Mi ha chiamata mia nonna che mi ha detto non puoi i rientrare a casa, dicono un sacco di brutte cose sul tuo conto, che hai problemi mentali, che forse potresti essere ricoverata o incarcerata".

Insieme a lei in Polonia anche il marito, anche lui un atleta professionista.

Le paranoie del regime

Nel testo qui sotto vi è una parte della conversazione tra l’atleta, che ha  criticato sui social i vertici della sua squadra, il vicedirettore della federazione di atletica leggera Artur Shumak e l’allenatore capo Yuri Moisevich, perché non l'hanno avvisata del fatto che doveva correre la staffetta ai Giochi Olimpici. I due dirigenti stanno comunicando all’atleta che deve rientrare in Bielorussia. Invece, la Polonia decide di ospitarla. L'atleta si trova a Varsavia da mercoledì sera.

Kristina non si è mai occupata di politica, la sua unica preoccupazione è l'atletica e negli ultimi tempi la preparazione ai Giochi. Non pensava di scatenare un caso politico.

Artur Shumak: Sono arrivate le seguenti istruzioni: tu oggi te ne torni a casa, non scrivi niente da nessuna parte, non fai dichiarazioni. Te la dico così come me l’hanno detta, parola per parola. Se vuoi di nuovo gareggiare per la Bielorussia, vai a casa o dai tuoi o dove ti pare. Più ti agiti... Hai presente una mosca nella ragnatela? Più si dimena, peggio è. Ecco, la vita è così. Facciamo cose stupide. Tu hai fatto una cosa stupida.

Tsimanouskaya: «Non dovevate informarmi? (del fatto che avrebbe dovuto correre nella staffetta)

-Te lo rispiego. Qui tu rappresenti la Repubblica di Bielorussia. Non è tua la colpa se non ti hanno informata, però resti responsabile di quel che dici. Stai accusando gente qua e là nel paese senza sapere nemmeno perché e percome. Sai cosa potrebbe provocare la tua stupidità? Che ci sia chi perde il lavoro. Gente che ha famiglie. Con la tua stupidità potresti distruggere vite intere. [...] Oltretutto, sai benissimo che non potresti competere in questo stato emotivo».

T: «Ho vinto un’Universiade in questo stato emotivo».

S: «Non stavi così. Ora sei fuori controllo».

Yuri Moisevich: "E mi dispiace, ma non lascerai un buon ricordo di te se non ti calmi".  «Ora devo andare. Devi anche darmi 350 dollari di diaria che non avrai più. Guarda, dammi 150 dollari. Se è troppo te li ridò». 

T: "Per me non fanno alcuna differenza".

Moisevich: "Non è che siano soldi miei. Non capisci? Ho sessant’anni, non mi spaventa più nulla, ma se arriva uno di questi funzionari e dice “Eseguirò gli ordini”? Potrebbe farci una purga tale che non resterebbe più nulla della squadra. E tu resterai nella storia: diranno, tutto è iniziato con la Tsimanouskaya. Mi ascolti?".

T: «Non penso che questa storia finirà bene per me».

M: "No. Hai sentito il ministro? Beh, poi mi ha parlato: è insubordinazione. [...] Mi ha detto: parlale tu... Se tu te ne vai le cose andranno avanti, ci saranno medaglie, tutto sarà dimenticato; se resti, contro la sua volontà, sarà un precedente che interferisce col futuro della squadra. Non puoi farlo per la squadra? [...] È così che vanno i suicidi, sai? Il diavolo spinge uno sul davanzale e gli dice: salta, dimostraci che lo sai fare. E sai cos’è la cosa peggiore? Che alla fine non avrai dimostrato niente a nessuno. E potevi vivere".

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