I 6.000 prigionieri del Tigrè, l'altra faccia della guerra civile etiope

Soldati etiopi prigionieri nel Tigrè.
Soldati etiopi prigionieri nel Tigrè. Diritti d'autore AP/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved
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Di Cristiano TassinariAfricanews
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La guerra civile tra il governo di Addis Abeba e la regione separatista del Tigrè si combatte anche con la propaganda: 6.000 soldati dell'esercito etiope sono stati costretti e sfilare per le vie di Makallè. E la guerra non è finita: il Fronte di Liberazione del Tigrè continua ad avanzare

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La guerra civile tra governo dell'Etiopia e il Fronte di Liberazione del Tigrè si combatte anche così, a colpi di propaganda.

Migliaia di soldati dell'esercito nazionale etiope, rinchiusi nei centri di detenzione di Makallé, capoluogo della regione separatista, sono stati costretti a sfilare per la città.

"Se qualcuno è colpevole, chiederemo giustizia!"

Il leader del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè, Debretsion Gebremichael: 

"Per noi questi militari sono criminali. Ma non possiamo trattenere queste persone, nel complesso sono più di seimila tra soldati e ufficiali, nei centri di detenzione, per tanto tempo. Dobbiamo trattarli come prigionieri di guerra e poi rilasciarli, ma se in qualche modo, se otteniamo qualche prova, qualche indizio, che uno di questi prigioneri ha commesso un omicidio o ha distrutto un villaggio, lo terremo in carcere per avere giustizia".

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Il leader del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè.AP/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved

I leader del Tigrè hanno rifiutato un cessate il fuoco unilaterale per motivi umanitari che il governo etiope del primo ministro Abiy Ahmed - Premio Nobel per la Pace 2019 - ha annunciato ad inizio luglio, dopo che l'esercito regolare è stato costretto alla ritirata da Makallè.

 Con la ritirata delle forze etiopi ed eritree (che aiutano il governo di Ahmed), per i "ribelli" del Tigrè ora significa combattere soprattutto contro le forze della vicina regione di Amhara, che - durante la guerra del Tigrè contro Addis Abeba - si è impadronita di ampie parti, occidentali e meridionali, della regione separatista.  

Intanto, il Fronte Popolare per la Liberazione del Tigrè continua la sua avanzata: conquistata la città di Alamata. 

"Non abbiamo medicinali nè cibo"

Le condizioni dei soldati feriti e imprigionati le descrive uno di loro, Sewareg Bireda, membro dell'Ethiopian National Defense Force:  
"Dopo che sono arrivato qui mi hanno curato le ferite con acqua e bende. Ma non hanno fatto nessuna ricucitura delle ferite e non mi hanno dato nemmeno dei medicinali, degli antidolorifici. Non ce li hanno. Inoltre, c'è carenza di cibo. Non mangiamo abbastanza. Ma qui nel Tigrè la situazione è questa".

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Uno dei feriti descrive le condizioni dei prigionieri.AP/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved

Secondo l'Onu, infatti, questi otto mesi di guerra civile hanno portato il Tigrè sull'orlo di una catastrofe umanitaria, con oltre 400.000 persone a rischio carestia e fame.

Nelle recenti elezioni, stravinte ufficialmente dal "Partito della Prosperità" del primo ministro Ahmed, in Tigrè e in altre zone non si è votato per motivi di sicurezza. 
Una nuova tornata elettorale dovrebbe svolgersi il 6 settembre. 

La risoluzione dell'Onu

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, riunito a Ginevra, martedì ha approvato una risoluzione che chiede il ritiro dei soldati eritrei presenti nella regione del Tigrè.

Il Palazzo di Vetro ha espresso profonda preoccupazione per le gravi violazioni dei diritti umani e gli abusi commessi da tutte le parti nella regione, dall'inizio del conflitto il 4 novembre 2020, quando il premier Ahmed ha ordinato l'invasione del Tigrè, che si era ribellato alle trasformazioni in atto nel Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope.

La risoluzione, promossa dall'Unione europea, con l'appoggio di diversi paesi, sottolinea la necessità che siano tenuti a rispondere delle loro azioni tutti i responsabili delle violazioni. Il conflitto ha trasformato la regione in una "fabbrica di sfollati" che si contano nell'ordine delle centinaia di migliaia, mentre i cadaveri sono talmente tanti tra la popolazione civile che non si sa più dove seppellirli.

Un'altra emergenza umanitaria. 

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