Una superpotenza che ha sconfitto la povertà e che mostra i denti al mondo. Per i 100 anni del Partito Comunista Cinese, il presidente Xi Jinping celebra il suo paese ideale e mette in guardia l'Occidente: "Guai a intimidirci. Vi aspetta un bagno di sangue"
"Rinascita irreversibile. Ormai siamo una superpotenza"
"Una nazione protagonista di una rinascita ormai irreversibile, che la sta portando ad assurgere al ruolo di superpotenza". È una Cina ideale, che si compiace, celebra la sconfitta della povertà e mette in guardia il resto del mondo, il Paese celebrato al rullo dei tamburi dal presidente Xi Jinping, in occasione del centenario del Partito Comunista Cinese.
Xi Jinping al mondo: "Guai a intimidirci. Vi aspetta un bagno di sangue"
"Il popolo cinese non permetterà mai ad alcuna forza straniera di intimidirci, opprimerci o ridurci in schiavitù - ha detto Xi Jinping da piazza Tienanmen -. Chiunque provasse a farlo andrà incontro a un bagno di sangue e dovrà far fronte a una Muraglia d'acciaio di miliardo e quattrocento milioni di cittadini cinesi".
Dalle guerre dell'oppio alla sconfitta della povertà: la storia scritta dal Presidente
Dalle guerre dell'oppio al colonialismo occidentale e all'invasione giapponese, la storia che Xi Jinping riscrive è quella di un paese che il Partito comunista cinese ha in un secolo portato alle soglie dell'affermazione planetaria.
Tra i successi celebrati dal presidente, anche la sottrazione alla povertà di centinaia di milioni di persone. Una vulgata che i cittadini difficilmente avrebbero osato smentire davanti alle telecamere. Affamato di gloria, Xi Jinping guarda però oltre, indicando già gli obiettivi del prossimo centenario: quello della nascita della Repubblica Popolare Cinese, che nel duemilaquarantanove segnerà la definitiva affermazione del Paese come potenza socialista del futuro.
Il richiamo alla realtà dei quotidiani scandinavi: "Basta repressione a Hong Kong"
A strappare Pechino a retorica e celebrazioni, una lettera aperta a Xi Jinping con cui i principali quotidiani di Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia hanno denunciato la repressione cinese del dissenso a Hong Kong.