"Vinci un viaggio per tornare nella tua soleggiata Siria": l'ultima trovata dei nazionalisti danesi

settembre 2012: richiedenti asilo siriani protestano in Danimarca, che all'epoca riteneva che il conflitto non riguardasse l'intera Siria, respingendo così molte richieste
settembre 2012: richiedenti asilo siriani protestano in Danimarca, che all'epoca riteneva che il conflitto non riguardasse l'intera Siria, respingendo così molte richieste Diritti d'autore DRESLING JENS/AP
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Di Antonio Michele Storto
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ideato da un gruppo d'estrema destra, il "concorso" è stato rilanciato perfino dall'agenzia stampa di Damasco, che punta così a dimostrare la pacificazione del paese. Un'idea che anche il governo di Copenhagen ha ormai apertamente sposato

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È cominciato tutto lo scorso 17 aprile, con un lancio pubblicato dall'agenzia di stampa siriana SANA, organo alle dirette dipendenze del Ministero dell'informazione di Damasco: la Danimarca, vi si legge, sta esortando i rifugiati siriani a tornare nel loro paese, ormai sicuro e pacificato.

Nulla di troppo inverosimile, in teoria: dal momento che il governo danese, negli ultimi mesi, ha fatto molto discutere per via d'una serie di iniziative, spesso controverse, volte a esortare i siriani a rimpatriare in quello che ormai l'esecutivo socialdemocratico guidato da Mette Frederiksen considera, per l'appunto, un paese sicuro.

Non fosse, però, che l'articolo poggia su un equivoco di fondo. Ovverosia che non è il governo danese, stavolta, a chiedere ai siriani di lasciare la Danimaca, ma un gruppo nazionalista d'estrema destra, che ha tappezzato le strade di Copenhagen di cartelloni, che - in tono aprertamente sprezzante - recitano: "Ora puoi tornare a casa nella soleggiata Siria, la tua patria ha bisogno di te".

"Vinci un viaggio in Siria"

Autori del manifesto sono i militanti di Generation Identitær (il cui logo appare chiaramente in fondo ai manifesti) filiazione danese del più celebre gruppo francese Generation identitaire, che a partire dal 2012 sta facendo proseliti in tutta Europa.

La campagna è illustrata chiaramente sul sito web dell'organizzazione: "in Danimarca - si legge - ci sono oltre 40.000 migranti e discendenti siriani che ora dovrebbero tornare a casa nel proprio paese, in modo che possano aiutare a ricostruire la loro nazione. Come Generation Identitær, esortiamo (il ministro dell'Immigrazione, nda) Mattias Tesfaye e il governo a dire 'grazie per la visita' a tutti i siriani e ad aiutarli a iniziare il viaggio verso casa".

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dal sito di Generation Identitaer: "Se sei un cittadino siriano che vive qui e hai più di 18 anni, puoi partecipare al nostro concorso ' Vinci un viaggio a casa in Siria'"identitaer.dk

Il gruppo ha lanciato anche "Vinci un viaggio a casa in Siria", un concorso - anch'esso dal sapore vagamente beffardo - che si propone di "aiutare un fortunato a tornare a casa".

"In Generation Identitær - si legge sulla presentazione dell'iniziativa "vogliamo mostrare spirito di comunità, e quindi ora stiamo aiutando il governo a riprendere il viaggio di ritorno a casa. Nella nostra competizione, c'è la possibilità che un fortunato siriano possa vincere un biglietto per il paese d'origine, gratuitamente! In poche ore, puoi cambiare gli scenari dal freddo nord alla soleggiata Siria, dove puoi rimboccarti le maniche e iniziare a ricostruire il Paese".

Gli umori del paese

Esternazioni che, tutto sommato, non si discostano poi molto dalla linea tenuta dal governo danese.

Lo scorso marzo, annunciando di considerare ormai la Siria un luogo sicuro, il governo ha avviato la soppressione della protezione internazionale per un primo gruppo di circa cento rifugiati, mentre altre centinaia si sono visti riesaminare il caso, andando ad aggiungersi ai quasi mille che l'anno prima avevano dovuto ricominciare da capo l'iter.

Nemmeno due settimane dopo, proprio in concomitanza con il decennale della guerra civile siriana, è stato il turno di una legge che a livello internazionale ha suscitato un vero polverone, oltre a diversi paragoni con le confische d'epoca nazista: in breve, ai rifugiati siriani sul suolo danese si vieta di possedere beni e contanti per un valore eccedente le 1.100 euro, pena l'esclusione dai programmi di protezione.

L'altolà, in quel caso, è arrivato direttamente da Bruxelles: "La Danimarca non dovrebbe costringere nessuno a tornare in Siria al momento" dichiarò in proposito il Commissario europeo per la gestione delle crisi e degli aiuti umanitari, Janez Lenarcic. "Stiamo esaminando la questione e certamente parleremo con tutti coloro che pensano sia giunto il momento che i profughi tornino a casa, perché i ritorni dovrebbero essere volontari, sicuri, dignitosi e sostenibili e queste condizioni non esistono ancora in Siria".

Riconciliazione?

Un approccio, quello Danese, che è in un certo senso speculare alle decisioni adottate dal regime siriano, che nel 2018 - con la famigerata legge 10 - ha sancito la confisca della casa per i rifugiati che rifiutino di rientrare.

L'assunto di base, del resto, è lo stesso: con la riconquista di gran parte dei territori contesi da parte delle forze di Basar al-Asad, la Siria dovrebbe ormai essere considerata un paese largamente pacificato e sicuro. Non fosse, però, che quello stesso paese è ancora oggi attraversato da un fitto mosaico di conflitti politici e settari, o perfino di regolamenti di conti tra clan.

Come l'analista Daniele Raineri ricordava di recente sul Foglio, soltanto nella zona di Daraa, una delle culle della rivolta, dove nell'estate del 2018 un milione di persone aveva accettato un patto di riconciliazione col regime, "non passa un giorno senza che avvengano attacchi contro le forze assadiste".

"Nel 2020 - scrive Raineri - sono morti circa quattrocento soldati e funzionari del governo in uno stillicidio di attacchi ai posti di blocco, aggressioni sulla porta di casa e agguati agli angoli delle strade. A febbraio è arrivata in zona la Quarta Divisione corazzata – un’unità di lealisti comandata da Maher el Assad, fratello di Bashar – per conquistare la città di Tafas e non è una notizia che suggerisca stabilità. Tra l’altro molte delle forze di sicurezza sono ex ribelli riconvertiti in miliziani governativi dopo l’estate della riconciliazione, sono combattenti che si conoscono tutti e si uccidono in una guerriglia fratricida che è anche un regolamento di conti".

Sdegno internazionale

Nel frattempo, la campagna condotta da Generation Identitær sta riportando la Danimarca al centro delle attenzioni e dello sdegno di organizzazioni umanitarie ed opinione pubblica internazionale.

"Una vergogna per la Danimarca - ha scritto in un tweet Donatella Rovera, crisis advisor di Amnesty International - l'aver spinto i rifugiati siriani a tornare in Siria, che non è sicura e dove le violazioni dei diritti umani sono diffuse. E una vergogna per i razzisti danesi, che mettono questi manifesti che prendono in giro i rifugiati siriani".

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