Quello che sta succedendo in Libano è importante per l'Europa. Ecco perché

Un bambino siriano guarda i manifestanti che bruciano pneumatici per bloccare una strada principale durante una manifestazione a Beirut
Un bambino siriano guarda i manifestanti che bruciano pneumatici per bloccare una strada principale durante una manifestazione a Beirut Diritti d'autore Hussein Malla/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.
Di Brent Sadler
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Quello che sta succedendo in Libano è importante per l'Europa. Ecco perché

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Perché a qualcuno dovrebbe importare del Libano? Sì, ha riserve di petrolio in mare aperto, coltiva marijuana di alta qualità, è una potenziale miniera d'oro nel settore farmaceutico e vanta una delle stiliste preferite di Hollywood, Ellie Saab.

Ma Hezbollah non gestisce da lì una ragnatela di reti terroristiche mondiali? E che dire del sistema politico caratterizzato da corruzione endemica? Per non parlare dell'assassinio o della mutilazione di presidenti, primi ministri, politici, attivisti e giornalisti, spesso considerati poco più che un inconveniente temporaneo.

Alla Francia, però, il Libano interessa. Molto. Da quando il presidente Emmanuel Macron si è gettato nel pantano libanese dopo l'esplosione che ha devastato Beirut l'anno scorso, il suo tanto decantato piano di salvataggio per evitare il tracollo finanziario del paese ha colpito un muro di mattoni.

E l'indagine sulle cause dell'incidente al porto di Beirut, dove l'esplosione di un grosso quantitativo di sostanze chimiche immagazzinate per anni in un deposito ha ucciso 200 persone e causato 13 miliardi di euro di danni, non è andata da nessuna parte.

C'è solo una cosa su cui tutti possono essere d'accordo: il paese è sull'orlo del precipizio. Il Libano è già uno stato fallito sotto molti punti di vista. La moneta locale si è svalutata, perdendo circa il 90 per cento del suo valore. Metà del paese vive in condizioni di povertà. Eppure, mentre viene lasciato affogare in un oceano di debiti, gli influenti Stati del Golfo e la comunità internazionale sembrano non aver fatto praticamente nulla di concreto per evitarlo.

Cos'altro può andare storto? Dipende a chi si chiedono queste previsioni nel Libano fratturato. Una nuova guerra civile? Un'altra guerra con Israele? Un ritorno delle truppe siriane a sorvegliare l'instabile nazione? L'ascesa di un nuovo Stato Islamico in stile iraniano? O una ripartizione in mini-stati dove sette rivali, cristiani e drusi, musulmani sunniti e sciiti potrebbero vivere in armonia? Tre decenni fa, l'ex federazione della Jugoslavia, che comprendeva Bosnia, Croazia e Serbia, è stata presentata come un modello promettente per l'armonia multireligiosa in Libano. Sappiamo come è andata a finire male, una sanguinosa guerra alle porte dell'Europa.

Migliaia di libanesi fanno i bagagli e scappano. Se si chiedesse loro di cosa hanno bisogno più di tutto in questo momento, la risposta sarebbe un governo pienamente funzionante per fermare il caos crescente. Una soluzione che sembra lontana, visto che il presidente e un primo ministro in attesa di entrare in carica sono invischiati in una battaglia politica.

Allora, chi è il colpevole di questa situazione? Dipende da che parte state. Supponiamo che siate nel campo dell'ottuagenario presidente cristiano maronita Michel Aoun. A sostenerlo ci sono i militanti sciiti armati di Hezbollah, i cui combattenti hanno aiutato il presidente siriano Bashar al-Assad ad restare al potere durante un decennio di guerra civile.

Dall'altra parte c'è la fazione guidata dal primo ministro designato, il cinquantenne Saad Hariri, che è visto con favore in Occidente. Come suo padre, il cinque volte primo ministro Rafik Hariri, assassinato 16 anni fa, sta combattendo contro un presidente libanese in un clima di intimidazione e paura. Una volta, era la Siria che poteva lanciare minacce contro Hariri padre e i suoi alleati. Oggi, oltre alla Siria, sono Hezbollah e l'Iran a sostenere il presidente in difficoltà.

A rendere le cose più complicate il fatto che il consigliere chiave del presidente sia il suo genero, Gebran Bassil. Un ex ministro degli Esteri e leader del più grande blocco politico cristiano in parlamento, sospettato dagli oppositori di essere colui che davvero detiene il potere. Gli Stati Uniti gli hanno imposto delle sanzioni l'anno scorso a causa della "corruzione sistematica" e dei legami politici che lui e suo suocero, il presidente, hanno con Hezbollah. Bassil ha liquidato la punizione degli Stati Uniti come insignificante, ma il governo francese da allora sta considerando un'azione simile su politici libanesi sospetti.

Le scelte di Saad Hariri per un nuovo gabinetto sono destinate a seguire il piano di salvataggio economico guidato dalla Francia. Un piano che insiste su un governo di soli tecnocrati per attuare le riforme e trascinare il paese fuori dalla sua dipendenza dalle istituzioni statali che agiscono come feudi per gli interessi di gruppi politici settari. Il presidente Aoun li ha respinti diciotto volte. E i suoi oppositori sostengono che intende contenere una premiership di Hariri attraverso il ricorso al potere di veto sulle decisioni del governo in qualsiasi nuovo gabinetto.

Hariri ha dovuto fare i conti con diverse battute d'arresto. Due volte primo ministro, è stato l'unico leader a lasciare l'incarico l'anno scorso di fronte alle proteste di piazza per rovesciare l'intera élite politica al potere nel paese. L'eredità di suo padre e i suoi sforzi per riposizionare il paese, una volta devastato dalla guerra, sono considerati dagli oppositori come un fallimento.

Il controverso principe ereditario dell'Arabia Sauditam Mohammed bin Salman, non ha nascosto la sua frustrazione per l'influenza diretta di Hezbollah sul paese. A quanto pare è stato su ordine di bin Salman che Saad Hariri è stato arrestato a Riyadh e costretto a dimettersi dal primo ministero più di tre anni fa, citando l'influenza dominante dell'Iran e di Hezbollah in Medio Oriente. 

Con l'aiuto della Francia, Hariri è tornato in Libano come primo ministro dopo che le sue dimissioni sono state respinte, ironicamente dal presidente Aoun e dal suo alleato, Hezbollah. Da allora, i sauditi, una volta il principale mediatore di potere, sembrano aver allentato la loro presa sul Libano.

Ora la Francia sta accelerando per trovare una soluzione, mentre i sauditi avvertono che se i leader libanesi non attuano "vere riforme", il paese rischia di affrontare "circostanze sempre più pericolose". I campanelli d'allarme sono forti e chiari. Hezbollah ha migliaia di razzi che puntano verso Israele. Il pensiero di un esodo di rifugiati, siriani e libanesi, con gli occhi puntati sull'Europa, è un altro scenario da incubo.

Le pressioni politiche interne ed esterne si stanno accumulando, l'asfissia economica non si fermerà a meno che non si metta in piedi un governo trasparente e capace di riforme. I funzionari di Hezbollah sembrano ottimisti dopo il cambio di passo della Francia. Tuttavia, gli iraniani non sembrano avere fretta di rompere presto l'impasse. Lo stallo potrebbe dar loro una leva per combattere la politica di Washington nella regione, in un momento in cui è in corso una ripresa dei colloqui indiretti su un possibile ritorno degli Stati Uniti all'accordo nucleare iraniano.

Le parti in causa dovranno fare delle concessioni affinché ci sia qualche progresso. Le alleanze politiche possono cambiare con il vento in Libano, ma i rischi di questi cambiamenti sono storicamente alti, come i suoi leader sanno fin troppo bene. Quando Rafik Hariri ha cambiato drasticamente il corso politico, è stato l'inizio della sua fine. Suo figlio Saad sta seguendo le sue orme. Non c'è da meravigliarsi che raramente lasci la sua casa pesantemente fortificata nel centro di Beirut.

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