Convocati gli amministratori di Facebook, Twitter e Google. Si lavora a una nuova regolamentazione per proteggere da fake news e istigazione all'odio
Che ruolo hanno avuto i social networks nell'assalto al Campidoglio dello scorso gennaio? E quanta influenza hanno esercitato nella disinformazione sulla pandemia? Per rispondere a queste e ad altre domande il Congresso statunitense ha convocato per una audizione i vertici di Facebook, Twitter e Google.
Davanti alla Commissione parlamentare i tre amministratori delegati hanno parlato delle iniziative per eliminare dai social, usati da miliardi di persone, i contenuti ritenuti tossici, e degli sforzi per garantire il pluralismo.
Per Jack Dorsey, amministratore di Twitter, "disinformazione è un concetto troppo ampio. Ci si deve concentrare laddove il rischio è maggiore se vogliamo avere un qualche impatto".
I repubblicani hanno rilanciato le accuse ai social di prevenzione nei confronti delle posizioni conservatrici, che sarebbero sistematicamente censurate soprattutto in tema di politica o di religione.
A titolo di esempio citano il bando agli account di Donald Trump deciso da Facebook e Twitter all'indomani dell'insurrezione davanti al parlamento di Washington.
Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook: "Molti si dicono preoccupati che le piattaforme possano mettere al bando i leader eletti, e anche io lo sono. Non penso che le aziende private debbano prendere decisioni come questa da sole. Abbiamo bisogno di un processo responsabile, e per questo abbiamo creato un comitato di supervisione indipendente col potere di annullare le decisioni e abbiamo bisogno di regole concordate per Internet concordate democraticamente".
In discussione c'è la revoca delle protezioni garantite da una legge di 25 anni fa agli operatori del web per i contenuti postati dai singoli utenti. Una revoca richiesta tanto da democratici quanto da repubblicani.
Sundar Pichai, Google: "Per noi sarebbe una sfida senza soluzioni facili. Su Youtube ogni minuto vengono caricate più di 500 ore di video, e circa il 15% delle ricerche di Google ogni giorno riguarda contenuti nuovi".
Secondo molti, il clima mutato potrebbe rendere meno difficile l'adozione di una regolamentazione sulla materia, nonostante la resistenza opposta dai giganti del web.