A 10 anni dalle prime proteste, Euronews lancia una serie di reportage esclusivi allo scopo di esplorare le conseguenze del conflitto siriano attraverso le esperienze personali di chi è stato costretto a scappare e cercare asilo in Europa
Nel marzo 2011 la Siria iniziava a sollevarsi contro Bashar al-Assad, invano. I primi siriani sono scesi in piazza a Daraa, una città nel sud del Paese diventato simbolo della rivoluzione fallita contro l'attuale presidente. Erano i mesi della Primavera Araba, delle rivolte contro i tiranni in Medio Oriente che hanno portato al rovesciamento di regimi oppressivi in Tunisia, Egitto e Libia.
In Siria, tuttavia, Assad ha risposto ai manifestanti pro-democrazia con una repressione brutale, facendo sprofondare il Paese in una guerra civile totale dalle cui ceneri è nato lo Stato Islamico.
Dalle prime proteste di Daraa sono morte almeno 400mila persone e milioni di siriani hanno lasciato la propria casa.
A 10 anni da quelle prime scintille, Euronews lancia una serie di reportage esclusivi chiamata Finding refuge, allo scopo di esplorare le conseguenze del conflitto attraverso le esperienze personali di chi è stato costretto a scappare, cercando asilo in Europa.
Secondo le Nazioni Unite, solamente in Siria vivono 6.6 milioni di sfollati, mentre altre 5.6 milioni di persone sono fuggite oltre confine. In molti si sono rifugiati nella vicina Giordania e in Libano. La Turchia - che ha stretto un controverso accordo con Bruxelles per fare da "tappo" al flusso migratorio - finora ha accolto 3.5 milioni di siriani, spesso in campi sovraffollati dove le condizioni di vita sono al limite della tollerabilità. Un limbo infernale, dove i siriani vivono in attesa di essere processati e deportati.
Molti, come Razan Ibraheem, sono riusciti a passare e oggi si sono ricostruiti una vita in Europa. Razan vive a Dublino. 570mila dei suoi connazionali hanno trovato un futuro in Germania, 113mila in Svezia, 51mila in Austria, 31mila nei Paesi Bassi, 26mila in Grecia, 20mila in Danimarca, meno di 20mila in Paesi come Svizzera, Francia, Bulgaria, Belgio, Armenia, Norvegia, Spagna, Regno Unito, Cipro e Italia.
"Il mondo deve sapere del fallimento della comunità internazionale", dice Razan a Euronews. "Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu è un esempio di questa impotenza nel fermare la guerra e salvare ciò che è rimasto in Siria. La comunità internazionale dovrebbe vergognarsi per aver permesso il massacro di persone, bambini e donne, uccise e violentate. Hanno abbandonato un Paese dalla civiltà secolare e lo hanno lasciato frantumato, distrutto. La sofferenza è sempre presente. I rifugiati sono ancora lì. Così come la loro umiliazione. La comunità internazionale si è voltata dall'altra parte".