Perché sciiti e cristiani si parlano in Irak

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Reazioni positive degli esponenti di Chiese d'Oriente e Islam sciita iracheno dopo l'orazione ecumenica a Ur tra Papa Francesco e l'Ayatollah al-Sistani

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Alle origini della civiltà comune. A Ur, un insediamento mesopotamico antico di 6000 anni, così reagiscono i ministri di culto cristiani e musulmani alla preghiera ecumenica tra Papa Francesco e l'Ayatollah sciita Alì al-Sistani.

Il rapporto con l'Islam sciita iracheno ha un messaggio politico molto forte dopo gli incontri del Pontefice nel 2019 negli Emirati arabi con le comunità religiose sunnite.

Alì al-Sistani è inoltre l'architetto della pacificazione irachena dopo l'invasione Usa. Infatti ha un rapporto poco cordiale con i fratelli sciiti iraniani.

Ciononostante, a Ur le ragioni dello spirito hanno dominato su quelle temporali.

Un religioso cristiano, padre Aphram dice: "l'incontro ecumenico è un'occasione per imparare ad accettarci l'un l'altro, e abbattere i muri. Questi muri di cemento non possono dividere credenti, esseri umani e Paesi."

Per le millenarie comunità cristiane d'Oriente è ormai una questione di sopravvivenza. Sono minoranze travolte dagli eventi degli ultimi decenni che rischiano di sparire in Irak come in Siria.

Per questo diventa essenziale una nuova convivenza basata su di una forma concordataria fra le tre grandi religioni bibliche: Cristianesimo, Ebraismo e Islam.

Infatti il musulmano sceicco Abdulibrahim Al-Ansari dice:

"sentiamo la necessità di un'apertura tra Cristianità e Islam. Per un'affinità di pensiero che avvicini i popoli nella comprensione reciproca"

A Najaf, una delle città sante più importanti per il credo sciita, batte il cuore religioso e anche politico dell'Irak del dopo Saddam Hussein e ora del dopo Isis.

È all'ombra della cupola della moschea di Alì infatti che si gioca la stabilità di una buona parte parte della Mesopotamia, soprattutto dato il peso specifico della comunità sciita irachena in termini numerici e le relazioni cordiali intrattenute con gli Stati Uniti poco apprezzate dai confratelli seguaci di Alì di Teheran e di Qom.

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