Myanmar, il solito braccio di ferro tra real politik e le ragioni del diritto

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Nel Myanmar le violenze delle forze di sicurezza golpiste contro i manifestanti democratici svegliano l'Onu. Ma il Palazzo di vetro non può far nulla, Russia e Cina bloccano tutto. Il Consiglio di sicurezza permanente non può adottare nessuna iniziativa per ristabilire la democrazia birmana

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Nelle principali città del Myanmar l'esercito cerca di respingere i manifestanti che non danno tregua alla giunta golpista. L'opposizione vuole ristabilire la legittimità democratica e fa appello alla comunità internazionale, incarnata dalle Nazioni Unite per un aiuto politico concreto.

Ma Cina e Russia bloccano ogni iniziativa in sede di Consiglio di sicurezza permanente dell'Onu. Anche le comunità religiose scendono in piazza.

Come ha fatto Ann Roza Nu Tawng, una suora che qualche giorno fa ha sfidato da sola e apertamente i reparti mobili della polizia putschista.

La religiosa rivolge un appello alla comunità internazionale:

"non c'è nessuno che protegga il popolo del Myanmar. La gente si deve difendere da sola e aiutarsi l'un l'altro perché non possiamo fidarci di nessuno. È rischioso. Le forze di sicurezza picchiano tutti quelli che non le convincono, arrivano anche a uccidere."

L'inviata dell'Onu per il Myanmar, Christine Schraner Burgener, ha chiesto al consiglio di sicurezza più determinazione politica per fermare la repressione, che ha già fatto oltre 50 morti e quasi 1600 detenuti.

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