Perché l'università a distanza resta ancora una soluzione difficile

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C'è poco entusiasmo tra gli studenti universitari per gli studi a distanza. Lo rivela un'indagine svolta dall'organizzazione no profit chegg.org in 21 Paesi. L'apprezzamento varia. Ma molti hanno sofferto lo stress da confinamento

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Dopo il covid, è ormai dato per scontato che il mondo e soprattutto l'Europa dovranno affrontare la questione dell'insegnamento digitale a distanza. Ma non sarà facile. E la transizione accademica si dovrà misurare con grandi ostacoli non solo economici e amministrativi.

È il risultato di una ricerca internazionale effettuata dall'organizzazione no profit Chegg.org.

L'Ong mette soprattutto in guardia contro lo stress da confinamento degli studenti.

Tra i più sofferenti in Europa ci sono i britannici, meno i tedeschi, e chi sembra averne approfittato di più sono gli italiani. Anche se questi ultimi sembrano temere più il dopo covid e il disastro economico annunciato.

Gli universitari della penisola sono infatti i più pessimisti per quanto riguarda il loro futuro.

Marc Boxser, vicepresidente di Chegg dice:

"lo studio universitario, l'esperienza in un campus sono meravigliosi. Sono stato all'università e mi sono divertito. Ma è necessario vivere la stessa esperienza ogni anno dei tuoi studi? Perché in molti casi uno deve vivere in un campus? Perché affrontare spese extra se non vuoi? Così penso perché uno non dovrebbe essere in grado di fare entrambe le cose? Perché non avere l'esperienza del campus se sei abbastanza fortunato da permettertela? O, se vuoi avere un'esperienza on line, o entrambe le cose, penso che una delle chances offerte dalla tecnologia sia dare una scelta alle persone".

Gli studenti tedeschi sono i meno convinti all'idea di proseguire con gli studi on line dopo il covid. Anche inglesi e spagnoli sembrano scettici. Gli italiani, seguiti dai francesi, invece appaiono i più entusiasti.

Inoltre, c'è un problema di carattere organizzativo generale, ed è che i governi non sono ancora pronti per una veloce transizione verso l'università digitale.

"Purtroppo molte istituzioni non si sono ancora adattate alla realtà degli studi on line. Molti hanno sviluppato eccellenti programmi on line. Ma altre credo si stiano indirizzando verso soluzioni diverse" spiega Marc Boxser, che poi conclude: "la pandemia ha accelerato un cambiamento che avrebbe dovuto prodursi in 10 o 20 anni. Penso che dopo la pandemia il mondo universitario non sarà più lo stesso".

Altri dati rilevanti sono che circa due terzi (ossia il 65%) degli studenti intervistati nei vari Paesi vorrebbero un insegnamento universitario online se ciò comporta rette universitarie più basse.

Oltre la metà (il 54%) degli studenti preferirebbe corsi universitari più brevi se si traducessero in costi più contenuti.

Lo studio si basa su sondaggi di opinione approfonditi condotti da Yonder (precedentemente Populus), con circa 17 mila studenti universitari tra 18 e 21 anni in 21 paesi in tutto il mondo, tra cui 700 studenti in Italia.

L'Italia è in testa per pessismo. Secondo lo studio “Chegg.org Global Student Survey” il 55% degli studenti universitari Italiani vede nero per quanto riguarda le prospettive professionali dopo la laurea.

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