Myanmar. L'opposizione alza la voce. Migliaia in strada per il secondo giorno consecutivo contro i generali putschisti: "Non ci arrenderemo fino a ottenere la democrazia". In manette anche un ex consigliere australiano di Aung San Suu Kyi. L'ONU avvia i contatti sul posto con la giunta militare
Myanmar ancora in piazza. La protesta prende coraggio
Con Aung San Suu Kyi, contro i Generali putschisti. In Myanmar, l'opposizione birmana si fa coraggio e alza la voce, malgrado censura, arresti e pressioni della giunta militare. Qualche migliaio i manifestanti scesi in strada a Rangoon, per il secondo giorno consecutivo di proteste. Numerosi, tra cartelli e slogan, gli appelli al rispetto del voto che a novembre aveva sancito la schiacciante vittoria della Nobel per la pace, poi arrestata dai militari.
"Se siamo qui per opporci al potere della giunta - dice una manifestante - è per evitare il ripetersi di sanguinose repressioni come quelle già vissute in passato". "Ci batteremo fino alla fine e con tutti i mezzi a disposizione - le fa eco un altro -. Lo faremo per la nostra, ma soprattutto per le prossime generazioni. Per ottenere una vera democrazia e porre fine a questa dittatura militare".
Stretta su internet e ondata di arresti
Le proteste si sono concentrate intorno alla zona dell'università della capitale economica birmana. Imponente la presenza di forze dell'ordine in tenuta anti-sommossa, che hanno inquadrato le manifestazioni, senza tuttavia mai intervenire. Lontana dall'ombra dei riflettori, la repressione della contestazione prosegue però con l'intensificazione della censura e la moltiplicazione degli arresti. Forte la stretta imposta nell'accesso a internet, così come ai social media che fanno eco al tam tam dei manifestanti.
Sul posto un inviato speciale ONU. Avviati i contatti con la giunta
A finire in manette, inanto, anche un ex consigliere australiano di Aung San Suu Kyi. Benzina sul fuoco della crescente preoccupazione internazionale, con le Nazioni Unite che hanno ormai inviato sul posto un'inviata speciale e avviato i contatti con la giunta. Resta alta, intanto, anche la pressione da parte di Unione Europea e Stati Uniti, che fin dall'arresto della Nobel per la pace, hanno brandito la minaccia delle sanzioni.