Anticorpi monoclonali: cosa sono, quando si usano e perché sono utili contro il coronavirus

Cellule infettate dal Sars-CoV-2. Il virus si attacca attraverso una proteina, Spike, resa "inoffensiva" dagli anticorpi monoclonali
Cellule infettate dal Sars-CoV-2. Il virus si attacca attraverso una proteina, Spike, resa "inoffensiva" dagli anticorpi monoclonali Diritti d'autore AFP
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Di Lillo Montalto Monella
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Una dose può arrivare a costare 2mila euro l'una, ma evita ai pazienti di finire in terapia intensiva, dove costerebbero al sistema sanitario oltre mille euro al giorno. Ecco perché sono utili. Ma per usarli bene, bisogna identificare subito la malattia. E non sempre in Italia ce la facciamo.

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Dopo la Germania e l'Ungheria, anche in Italia ora si potranno utilizzare gli anticorpi monoclonali per trattare il Covid-19.

Si tratta di una terapia già nota in campo oncologico ed utilizzata da Donald Trump per guarire dal coronavirus prima che fosse troppo tardi.

Uno strumento di cura non alternativo al vaccino, relativamente costoso e che, se somministrato nelle prime fasi della malattia, può impedire ai pazienti di sviluppare le forme più gravi (e letali).

Cosa sono gli anticorpi monoclonali

Quando parliamo di anticorpi monoclonali parliamo di un farmaco basato sulla presenza di anticorpi fabbricati in laboratorio e molto potenti.

Riescono a bloccare il virus all'inizio di un'infezione Iegandosi alla proteina spike che permette al virus di "attaccarsi" alle cellule dell'organismo, penetrandovi.

"Col vaccino cerchiamo di stimolare il nostro sistema a produrre gli anticorpi contro la proteina spike, una stimolazione che richiede delle settimane, e che le nostre cellule dovranno cercare di ricordare nel tempo. Con i monoclonali, abbiamo invece una risposta immediata", spiega il prof. Alessandro Bartoloni, ordinario di Malattie infettive dell'Università di Firenze.

Quindi se da un lato il vaccino educa il nostro sistema immunitario ad avere una risposta pronta "in background", in caso di attacco, i monoclonali "fanno da boost di energia per bloccare subito il virus", sottolinea il prof. Patrizio Armeni, professore associato di Practice di Government, Health and Not for Profit alla Bocconi.

Quando si usano

L'uso dei monoclonali dovrebbe essere destinato alle persone a cui è stata appena diagnosticata l'infezione o che hanno manifestato i primi sintomi. Questi anticorpi sintetici impediscono alla maggioranza dei soggetti a cui sono somministrati di finire in terapia intensiva, o peggio.

Il loro utilizzo, indica il dott. Bartoloni, dovrebbe essere rivolto alle persone a rischio di sviluppare forme gravi: soggetti fragili, anziani, con problemi di immunodeficienza o che presentano fattori di rischio.

Ma come mai bisogna limitarne l'uso? "Perché il costo del farmaco non è trascurabile, non può essere distribuito in maniera diffusa e deve contare su un'accurata selezione precoce", dice Bartoloni.

Armeni indica che i monoclonali sono già stati utilizzati "con un certo successo" in Italia durante la prima ondata.

Il Tocilizumab dell'azienda La Roche, per esempio, è stato somministrato ai pazienti nella fase più acuta della tempesta di citochine, una risposta infiammatoria del sistema immunitario che può essere incontrollata e causare la maggior parte delle condizioni critiche - fino al decesso.

Quali sono i farmaci approvati

L'Aifa, l'agenzia italiana per il farmaco, ha dato via libera a due tipi di monoclonali. Un cocktail prodotto dall'azienda americana Regeneron (Regen-Cov, quello usato da Trump) ed un farmaco prodotto da un'azienda italiana (Bps Pharmaceuticals, con sede a Latina) ma di proprietà della casa farmaceutica statunitense Eli Lilly.

Per riconoscerli, fate attenzione al -mab finale nel nome (casirivimab, imdevimab, bamlanivimab, etesevimab).

I primi due, casirivimab e imdevimab, sono stati sviluppati e prodotti in collaborazione da Regeneron Pharmaceuticals e La Roche. I secondi, bamlanivimab e etesevimab, sono stati messi a punto da Eli Lilly. Questi ultimi, secondo i risultati della sperimentazione di Fase 3, riducono il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70% in pazienti ad alto rischio.

Aldo Braca, titolare della BPS Pharmaceuticals, indica a Euronews che "ora che l'Aifa ha dato il via libera, il governo dovrà accordarsi con la Eli Lilly su quante dosi comprare. Mi aspetto circa 100mila dosi, a spanne, se ci si basa sul fatto che la Germania, dove la popolazione è maggiore, ne ha comprate 200mila".

L'autorizzazione italiana precede quella dell'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, ovvero l'entità che ha approvato i vaccini anti-Covid in Europa. Al momento di scrivere, Ema ha avviato la revisione dei dati sull'utilizzo degli anticorpi monoclonali per fornire un parere scientifico armonizzato a livello UE ma non ha ancora dato il suo via libera.

Un farmaco che costa circa 2mila euro (e che conviene)

Una dose di anticorpi monoclonali può arrivare a costare 2mila euro l'una, 1250 dollari negli States. Può sembrare tanto, ma non è così.

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Il prof. Armeni della Bocconi fa notare che "ci sono tanti trattamenti monoclonali che costano di più, fino a 10mila o 50mila euro per ciclo. Duemila euro corrispondono ad un giorno o due di ricovero in un reparto ordinario, quindi dal punto di vista economico, l'analisi costi-benefici dovrebbe guardare a questo aspetto".

Quella dei monoclonali è quindi un'opzione a cui si dovrebbe ricorrere prima di ospedalizzare il malato, e che serve appunto ad evitare il ricovero in terapia intensiva. Qui il paziente "costerebbe" in media al sistema sanitario 1.300€ circa, mentre in un reparto a bassa intensità di cura il costo della degenza si aggira sui 500€.

Il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), Filippo Anelli, ha accolto con favore l’individuazione di un fondo, da parte del Governo uscente, per una somministrazione in via sperimentale. "Il fondo permetterà di somministrare gli anticorpi monoclonali a diverse decine di migliaia di pazienti Covid-19 nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale, secondo le indicazioni che dovranno essere stabilite dall’Aifa”, ha dichiarato Anelli.

Un simile fondo (500 milioni all'anno) era stato stanziato nel 2017 per coprire i costi dei farmaci oncologici innovativi, ma è giudicato insufficiente dagli esperti. C'è poi un altro fondo di uguale dotazione per le altre patologie, che però finisce per coprire per il 90% il trattamento dell'epatite C (si possono spendere anche 30mila euro per i farmaci necessari).

Una questione organizzativa

Affinché i monoclonali siano efficaci, è necessario assicurare ai malati di Covid una diagnostica rapida, così da infondere il farmaco rapidamente, puntualizza il dott. Bartoloni.

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Lo si deve iniettare idealmente prima che il paziente arrivi in ospedale, oppure "trovare un modo di somministrarlo in ambulatori dedicati, o a domicilio.

Un'organizzazione di questo tipo richiede il coinvolgimento dei medici base e di tutti coloro che fanno assistenza Covid. L'obiettivo è proprio quello di farli somministrare dal medico di medicina generale a domicilio, dice all'Ansa l'infettivologo dell'Università dell'Insubria, Paolo Grossi.

"L'impegno è notevole", dice Bartoloni. "Sicuramente, chi ha sistemi sanitari più forti ed economicamente più dotati affronterà meglio il problema. Soprattutto in un momento in cui si fa molta fatica a gestire tutto, nel bel mezzo della campagna vaccinale che impegna il personale sanitario".

Non solo. Data l'importanza di usare gli anticorpi monoclonali nelle prime fasi della malattia, la mancanza di un'ottima attività di contact tracing in Italia - aggiunge il prof. Armeni della Bocconi - potrebbe essere un ostacolo. "Alcune regioni sono certamente più abili di altre a identificare subito i malati".

Come si somministrano

La somministrazione di alcuni monoclonali avviene per via endovenosa, anche in dose unica.

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Come indica il prof. Bartoloni, si sta valutando su alcuni nuovi prodotti la possibilità di un'iniezione intramuscolare. "Se si riuscisse ad avere la somministrazione di un monoclonale muscolare, sarebbe più facile l'utilizzo sul territorio".

La prospettiva, aggiunge Bartoloni, è quella "di usarne una o due dosi" al massimo.

L'utilizzo dei monoclonali è molto diffuso in ambito oncologico, ma anche contro il virus ebola. "Sono farmaci intelligenti che vanno a colpire il bersaglio in maniera precisa", afferma Bartoloni. "Possono essere usati per bloccare le cellule maligne degenerate. Nel caso del Covid, anche i dati delle sperimentazioni sugli animali rivelano ottimi risultati nel bloccare il virus".

Il problema delle varianti

Tuttavia, con l'affacciarsi delle nuove varianti mutate del Sars-CoV-2, Bartoloni ritiene che sarà necessario "valutarne l'efficacia" caso per caso.

Il celebre dottor Anthony Fauci, a capo dell'istituto statunitense National Institute of Allergy and Infectious Diseases, ha dichiarato a gennaio che "stanno uscendo un certo numero di articoli in pre-pubblicazione che dimostrano che, quando si parla di anticorpi monoclonali, l'efficacia di molti i questi [farmaci] è completamente negata dalla mutazione [sudafricana]".

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Quando si inizierà ad usarli in Italia

Ricordiamo che un farmaco, ma anche un vaccino, può essere autorizzato per via centralizzata (passando prima dall'Ema, l'autorità europea) o tramite procedura decentrata, ottenendo cioè l'autorizzazione alla messa in commercio in un singolo Paese.

Di solito si ricorre all'Ema perché la procedura è più veloce e vale dappertutto in Europa - così è stato nel caso dei vaccini -, ma nulla vieta alle singole agenzie del farmaco (come l'Aifa) di approvare l'utilizzo per il mercato interno.

Allo studio ci sono anche monoclonali italiani, messi a punto della Toscana Life Sciences. Dovrebbero arrivare entro la primavera.

Secondo Aldo Braca, titolare della Bsp Pharmaceuticals, le prime dosi di anticlonali dovrebbero arrivare in corsia "in un mese, un mese e mezzo massimo".

Una volta prodotto il farmaco nei suoi stabilimenti (in Irlanda, ma anche in America), BPS Pharmaceuticals lo consegnerà ad Eli Lilly che provvederà alla sua distribuzione in Italia. Se arriveranno prima ai medici di base o agli ospedali, sarà il (nuovo) governo a deciderlo.

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