Cos'è Parler, il social network dei trumpiani oscurato da Google e Amazon

Cos'è Parler, il social network dei trumpiani oscurato da Google e Amazon
Diritti d'autore OLIVIER DOULIERY/AFP or licensors
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Di Emma BeswickAntonio Storto
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Era nato come un'alternativa a Twitter "basata sulla libertà di parola" e nel periodo elettorale aveva registrato un'esplosione di traffico e utenza. Ma ora, i giganti dell'hi-tech lo hanno (momentaneamente?) buttato fuori dalla rete

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Mentre la polemica ancora infuriava circa la stretta che i social media mainstream hanno messo in atto nei confronti di Donald Trump - ritenuto moralmente responsabile dell'assedio al Campidoglio da parte dei suoi più accaniti supporter - milioni di sostenitori del presidente uscente si sono diretti a Parler.

La cosiddetta app "free speech-driven" - ovvero improntata alla libertà di parola - è diventata via via più popolare tra gli utenti che si sono trovati bloccati da Twitter, una situazione in cui lo stesso Trump è finito.

Ma ora - dopo che le piattaforme social della Silicon Valley hanno "imbavagliato" le pagine di Trump, rimuovendo i suoi più efficaci megafoni virtuali con un blocco praticamente simultaneo da parte di Twitter, Facebook e Instagram - anche Parler è finito nel mirino delle Big Tech, che lo hanno "affondato" in una manciata d'ore, mandandolo di fatto offline.

Che cos'è Parler?

Tra i fondatori della piattaforma troviamo John Matze, programmatore conservatore del Nevada che si definisce libertario, e ha dichiarato di aver fondato il social nel 2018 per offrire un'alternativa "basata sulla libertà di parola" alle piattaforme sociali tradizionali.

Secondo le linee guida del social network, gli utenti possono postare "senza timore di essere banditi per le proprie opinioni". Sono due, principalmente, le regole che chiariscono ciò che può esservi condiviso: non sono consentite attività criminali o spam.

Con questi principi, l'applicazione ha scalato la classifica dei download nei negozi di Google e Apple, raggiungendo il primo posto negli ultimi mesi del 2020.

Nel bel mezzo delle turbolenze elettorali statunitensi, mentre Facebook e Twitter hanno dato il via a un giro di vite contro quella che definiscono "disinformazione politica", l'elettorato conservatore ha iniziato a respingere le piattaforme tradizionali: probabilmente per questo, nell'arco di qualche settimana, l'utenza di Parler è quasi raddoppiata, passando da 4,5 a 8 milioni di utenti. Anche l'attività sul social - ovvero i contenuti postati - è cresciuta di circa 20 volte nello stesso periodo

Ma se, almeno ufficialmente, Donald Trump non ha ancora un account sulla piattaforma, alcuni noti conservatori vi hanno già traslocato: tra questi, il suo avvocato Rudy Giuliani , il commentatore politico di Fox News Sean Hannity, e il senatore texano Ted Cruz.

Parler ricorda per molti versi l'omologo Twitter: gli echoes, ad esempio, sono l'equivalente dei retweet, e al posto della spunta blu, esiste una medaglia gialla per chi è "influencer verificato".

In alcuni casi, i post banditi dalla "Twittersfera", sono ricomparsi quasi subito su questa piattaforma.

Parler, in effetti, ha un sistema di controllo sui "contenuti pericolosi" molto meno rigido rispetto a Twitter, che ormai sta mettendo in campo una campagna a tamburo battente di segnalazione ed oscuramento dei contenuti ritenuti veicolo di disinformazione o di incoraggiamenti alla violenza.

Prima dell'assalto al Campidoglio da parte dei sostenitori di Trump, molti dei manifestanti hanno in effetti postato contenuti che facevano riferimento alle armi e alla violenza, e alcuni thread facevano riferimento alle teorie complottiste di QAnon.

Quali sistemi operativi lo hanno bandito e perché?

Domenica Amazon ha annunciato che avrebbe tagliato fuori Parler dal suo servizio di web hosting a causa di una violazione delle sue linee guida, sospendendo il social network dai suoi server alle 9 ora italiana di stamattina, lunedì 11 gennaio.

Ciò vuol dire che Parler al momento è, di fatto, offline.

Precedentemente, sia Google che Apple avevano tolto l'app dai propri scaffali online, accusando i gestori di non aver trattato con la dovuta severità le crescenti minacce di violenza.

"Per poter distribuire un'app attraverso Google Play abbiamo bisogno che le app implementino una forte moderazione per contenuti di grande valore" ha dichiarato il gruppo in una nota. "Alla luce di questa continua e urgente minaccia per la sicurezza pubblica, sospendiamo gli annunci dell'app dal Play Store fino a quando non affronterà questi problemi".

Replicando a questa levata di scudi, Matze ha detto: "Non cederemo alle aziende politicamente motivate e agli autoritari che odiano la libertà di parola!"

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Motivando la sua decisione, Apple ha citato "contenuti che minacciano il benessere della collettività o che hanno lo scopo di incitare alla violenza o ad altri atti illegali".

Il colosso di Cupertino aveva dato alla piattaforma 24 ore di tempo per "rimuovere tutti i contenuti discutibili dalla propria app, così come qualsiasi contenuto che si riferisca a danni alle persone o ad attacchi alle strutture governative ora o in qualsiasi data futura".

A Parler è stato anche chiesto di fornire un piano "per moderare e filtrare questo genere di contenuti" dalle sue pagine.

Matze ha duramente criticato Apple, dicendo che stava applicando degli standard alla sua piattaforma che contraddirebbero le stesse linee guida dell'azienda.

"Apparentemente credono che Parler sia responsabile di TUTTI i contenuti generati dagli utenti su Parler, quindi (sic) secondo la stessa logica, Apple deve essere responsabile di TUTTE le azioni intraprese dai loro telefoni", ha detto.

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Già prima del ban da parte di Amazon, Matze ha comunque specificato che il social network potrebbe essere "indisponibile" per un massimo di una settimana, mentre verrà rimesso online "da zero".

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