Doping, Russia squalificata per due anni. Niente Olimpiadi e Mondiali

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Doping, Russia squalificata dimezzata. La decisone del TAS di Losanna. Mosca non potrà utilizzare il proprio nome, la propria bandiera e il proprio inno alle Olimpiadi estive di Tokyo 2021, a quelle invernali di Pechino 2022 e ai Mondiali

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Condanna ma ma con una sorta di compromesso: la Russia è stata squalificata per lo scandalo sul doping ma sarà fuori dalle prossime due edizioni delle Olimpiadi. Il Tas ha dimezzato la squalifica di 4 anni che era stata decisa dalla Wada, l’Agenzia Mondiale antidoping.

Il verdetto è arrivato proprio nel giorno della conferenza di fine anno del presidente russo Vladimir Putin. I due anni di stop, decisi dal Tribunale arbitrale dello sport di Losanna, confermano l'esclusione di Mosca dai Giochi olimpici estivi di Tokyo (spostati dal 2020 al 2021 a causa dell'emergenza Covid) e da quelli invernali di Pechino 2022, oltre che dalle più importanti competizioni mondiali in programma nel periodo della sospensione.

Gli atleti russi che non sono coinvolti in vicende di doping, così come le squadre, potranno invece partecipare ai Giochi sotto la bandiera neutrale del Cio, il Comitato Internazionale Olimpico, come già avvenuto nell'ultima edizione dei Giochi invernali a Pyeongchang nel 2018. Lo scandalo del doping russo dura ormai da anni, da quando nel 2014 un’indagine portò alla ribalta le pratiche proibite.

Le tappe che hanno confermato l'esistenza del "doping di Stato" russo

Lo scandalo del cosiddetto doping di Stato iniziò a fine 2014, quando la televisione tedesca ARD trasmise un documentario, che denunciava un sistema segreto di somministrazione di sostanze dopanti e una possibile manipolazione e copertura dei risultati ai controlli antidoping di atleti russi.

La Wada allora istituì una prima Commissione Indipendente, presieduta da Dick Pound, per indagare. Nel rapporto definitivo della Commissione, pubblicato nel novembre 2015, vennero confermati i sospetti.

Nel maggio 2016 l'agenzia diede mandato all'avvocato canadese Richard McLaren, a capo di una nuova commissione indipendente, di aprire un'indagine, al fine di portare prove a supporto delle rivelazioni riguardanti le accuse. Dal rapporto McLaren emerse che effettivamente negli anni dal 2011 al 2015 (incluse quindi le OIimpiadi Invernali di Sochi del 2014) oltre mille sportivi russi beneficiarono del sistema. Venne provata l'esistenza di un apparato statale, che partiva dal Ministero dello Sport e toccava i servizi segreti e il laboratorio antidoping di Mosca, che coprì e protesse gli atleti russi che facevano uso di doping.

Dopo la pubblicazione la Wada invitò il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e quello Paralimpico Internazionale (IPC) a escludere la Russia dai Giochi di Rio 2016. Il Comitato Paralimpico decise di squalificare l'intera delegazione russa, il CIO, dopo una lunga battaglia con la Wada, ammise ai Giochi 271 atleti dei 389 proposti dal Comitato Olimpico Russo.

Nel dicembre 2017 la commissione delegata dal CIO, con a capo l'ex consigliere federale svizzero Samuel Schmid, produsse il documento conclusivo delle sue indagini, che corroborava tutte le precedenti investigazioni. La commissione esecutiva del CIO pochi giorni dopo approvò quindi una serie di misure in vista dei Giochi di Pyeongchang 2018, tra le quali l'immediata sospensione del Comitato Olimpico Russo e l'invito a disputare i Giochi ai soli atleti russi, mai accostati a problemi di doping e che avevano rispettato una serie di criteri. Questi atleti avrebbero gareggiato sotto le insegne olimpiche. 43 atleti russi, inoltre, vennero privati di tutti i risultati ottenuti a Sochi 2014 ed esclusi dalla partecipazione a future edizioni delle Olimpiadi.

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