Contestata la pace per il Nagorno-Karabakh: Armenia verso le elezioni anticipate

Contestata la pace per il Nagorno-Karabakh: Armenia verso le elezioni anticipate
Diritti d'autore Tigran Mehrabyan/Armenian Prime Minister Press Service/PAN Photo
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Di Euronews
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"Non c'era altra scelta che firmare l'accordo", ha detto il primo ministro Nikol Pashinyan. Governo armeno in panne, contestazioni in tutto il Paese. Per il presidente Armen Sarkissian le elezioni anticipate sono ormai "inevitabili"

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Il Primo ministro armeno è sotto assedio. Il Paese è uscito con le ossa rotte dall'accordo di pace con l'Azerbaigian, siglato per mettere fine agli scontri per il controllo del Nagorno-Karabakh.

"Per il bene del Paese, della nostra dignità e dei nervi di questa gente deve andarsene", dice Gegham Manukyan, uno dei rappresentanti dell'opposizione che, compatta, chiede le dimissioni di Nikol Pashinyan.

Lo fanno quotidianamente in piazza anche migliaia di persone, furiose contro il capo del governo. Uno dei dimostranti a Yerevan dice: "Ci hanno mentito dicendo che stavamo vincendo, che avevamo il controllo della situazione. Solo negli ultimi giorni è diventato chiaro che tutti questi territori venivano ceduti e poi la città di Shushi si è arresa. Ci sentiamo traditi".

Lunedì Pashinyan ha spiegato in parlamento le ragioni dell'accordo, con cui l'Armenia ha ceduto dei territori della regione contesa, controllati dai tempi del precedente conflitto nel 1994 con l'Azerbaigian. Ha ribadito che non c'era altra scelta e ha annunciato le dimissioni del ministro degli Esteri Zohrab Mnatsakanyan.

Tuttavia sarà difficile che un rimpasto salvi il governo. Il presidente Armen Sarkissian ha dichiarato che le elezioni anticipate sono ormai inevitabili.

Intanto gli sfollati del Nagorno-Karabach, residenti nei territori che rimarranno sotto il controllo armeno, si preparano a rientrare nelle loro case. Incontriamo una donna, la cui abitazione è a Martakert. Ci dice che pensa sarà impossibilie una coesistenza pacifica con i suoi nuovi vicini azeri: "Il mio unico fratello è morto il 13 ottobre. Non siamo potuti andare nemmeno sulla sua tomba. Nessuno vorrebbe vivere accanto a un nemico che... Ecco, mi fermo qui".

Intanto è cominciata la missione di peacekeeping russa, che prevede l'impiego di 1960 uomini per cinque anni. Da sabato stanno riaccompagnando gli armeni nelle lore case mentre altri loro connazionali, costretti a cedere le abitazioni agli azeri, stanno dando fuoco agli edifici per non lasciare indietro nulla.

"Il corridoio di Lachin, di cinque chiloemtri di larghezza, sarà pattugliato da queste forze russe che saranno qui nella regione per i prossimi cinque anni dopo che la Russia ha mediato l'accordo di cessate il fuoco tra l'Azerbaigian e l'Armenia - dice la nostra inviata Anelise Borges - Queste forze di pace hanno già istituito posti di osservazione  in tutta l'area e secondo i residenti qui è un segno che potranno restare, che saranno al sicuro. La domanda ovviamente è cosa succede quando queste truppe partiranno".

In arrivo anche i militari turchi. Recep Tayyip Erdogan ha presentato al parlamento una richiesta formale per autorizzare l'invio di una missione militare di peacekeeping in Azerbaigian.

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