Covid-19, conflitti, clima: la lotta alla fame è una sfida in crescendo

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Di Giorgia OrlandiGioia Salvatori
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Il vice direttore esecutivo del WFP sottolinea l'importanza di spegnere i conflitti per combattere la fame nel mondo mentre il protrarsi della pandemia rischia di affamare migliaia di persone

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Combattere la fame nel mondo, un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario, nell'anno del Covid-19 una battaglia che sembra impossibile da vincere. Il World food programme, l'organizzazione delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare, quest'anno vincitrice del premio Nobel per la pace, tuttavia non si arrende e chiama alla solidarietà: servono 6,8 miliardi di dollari nei prossimi sei mesi per contrastare le crisi alimentari. 

Amir Abdulla, vice direttore esecutivo del WFP, racconta che "Quando il covid-19 ha colpito le catene di rifornimento, quando le frontiere hanno iniziato a chiudersi, il WFP è diventato il braccio del sistema di cooperazione e sviluppo visto che diverse compagnie aeree non volavano, abbiamo operato ragionevolmente come una compagnia di media taglia. Trasportando merci e persone". 

Il protrarsi della pandemia rischia di affamare migliaia di persone

Quest'anno già 7 milioni di persone sono morte di fame ma è il lungo termine che spaventa, visto il protrarsi della pandemia. E non c'è solo il Covid-19, i conflitti in 10 casi su 13 sono le prime cause delle peggiori crisi alimentari. Congo, Sud Sudan, Afghanistan, Siria, il nord-est della Nigeria terra di conquista di Boko Haram. Lo Yemen, poi: vi si contano 20 milioni di persone che soffrono fame e malnutrizione dopo anni di guerra civile ed epidemie, resta la peggiore crisi umanitaria mondiale. L'anno scorso il WFP ha fornito aiuti alimentari a 100 milioni di persone in più in 80 Paesi, l'azione in Yemen è ai primi posti per ordine di grandezza. Riuscirà il conferimento del Nobel al World food programme a mettere sotto i riflettori queste crisi? 

"Spero che si attiri l'attenzione sul fatto che non si riuscirà a mettere fine alla fame senza spegnere i conflitti  - dice Amir Abdulla - Se vogliamo davvero aiutare lo Yemen, bisogna fermare la guerra e di certo non è nostro compito prioritario farlo. Sta a noi, invece, fronteggiare le conseguenze nel settore alimentare". 

Il premio Nobel è stato conferito all'agenzia delle Nazioni Unite dopo 50 anni di attività, tra le motivazioni il suo ruolo nel contrastare la fame e nel contrastare l'uso della fame come arma di guerra.  

"Quello che ci piacerebbe fare ora - aggiunge Amir Abdulla - è parlare della nostra agenda tesa a cambiare la vita, ad aumentare la resilienza delle persone; nel Sahel, nell'Africa occidentale, si presentano importanti opportunità per noi. Ci sono aree di conflitto, certo, ma ci sono anche molte altre parti di mondo dove aiutando le persone ad adattarsi oggi, possiamo evitare guerre nel futuro".

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