Non chiamatelo Recovery Fund: 500 imprenditori, politici, amministratori e le idee per il futuro

Di Maio in arrivo alla conferenza
Di Maio in arrivo alla conferenza Diritti d'autore Next Generation Italian Innovation Society
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In cinquecento tra imprenditori, politici, amministratori, creatori si sono riuniti a Roma per elaborare una serie di idee: dieci punti su come e dove vale la pena di investire. Il punto di partenza: "Non chiamatelo Recovery Fund. Guardiamo al futuro"

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Dalla filiera alimentare aperta alle forme innovative di apprendimento alla riscoperta e alla condivisione del patrimonio culturale, i campi in cui investire sono molti e se ne è discusso in una due giorni a Roma che ha coinvolto oltre cinquecento operatori economici e culturali, oltre a sei ministri e diverse istituzioni. Cinquanta tavoli di lavoro, decine di migliaia di collegamenti in streaming per il più imponente evento italiano di quest'anno sull'innovazione.

Next Generation the Italian Innovation Society lascia in eredità 10 punti, o piuttosto assi di investimento in termini politici, umani e soprattutto economici, visto che alla base dell'evento c'era la volontà di dare delle indicazioni utili su come dovrebbero essere investiti i miliardi del Recovery Fund, che a sua volta è un complesso sistema di finanziamenti europei che si inquadra nel progetto Next Generation EU, i cui assi fondamentali sono digitalizzazione e ambiente, ai quali in Italia non si possono non aggiungere cibo e cultura.

In ambito culturale per esempio s'è parlato di come recuperare centri storici più o meno abbandonati sviluppando anche nuove professionalità, e l'esempio menzionato è quello del progetto WonderGrottole, iniziativa di successo in un borgo a trenta km da Matera. In ambito agricolo si è pensato a come ridurre l'impatto degli insetticidi, introducendo nanomolecole biocompatibili per assicurare il perfetto assorbimento delle sostanze da parte delle piante, e questo eviterebbe il sovradosaggio, per esempio, così come si è discusso di una revisione in senso circolare della filiera, per ridurre gli sprechi: dagli scarti alimentari si possono per esempio ricavare bioresine utilizzabili in ambito industriale.

Intervista a Paola Pisano, Ministra per l'Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione

Le idee sono molte, messe nero su bianco a mo' di suggerimenti per un esecutivo rappresentato dai ministri Di Maio, Patuanelli, Pisano, Bellanova, Dadone e Franceschini, senza dimenticare la presenza di diversi operatori economici pubblici o semi-pubblici, come Cassa Depositi e Prestiti, Fondo Nazionale Innovazione, Invitalia, oltre alle decine di start-up, acceleratori e grandi gruppi dell'innovazione.

Ed ecco una breve sintesi dei dieci punti-proposta: 

Cultural Heritage:

Un nuovo rapporto tra patrimonio e comunità locale

Replicando l’esperienza genuina e autentica sperimentata da WonderGrottole che, notata e abbracciata da Airbnb in un mese ha raccolto interesse di 280.000 persone da più di 50 paesi nel mondo e straordinaria visibilità sulla stampa internazionale, si può puntare a costruire una proposta culturale diffusa. Questo significa creare opportunità di conservazione e rinascita di una moltitudine di luoghi e borghi storici, generando indotto in termini di notorietà e promozione nel mondo delle nostre eccellenze.

Offrire incentivi ai territori per sviluppare progetti di questo tipo, garantisce inoltre la possibilità di creare e aprire nuove figure professionali e opportunità di lavoro. Per immergersi nella cultura di una comunità (una città, una corrente artistica, un piccolo borgo) è necessario che tutto il vissuto collabori a costruire questa esperienza. Significa costruire un progetto culturale condiviso a tutti i livelli, che abbia una chiara identità diffusa, accompagnata da strumenti di racconto digitali (dal portale web, all’interazione in loco, all’utilizzo dei social network), da iniziative laboratoriali ed esperienziali diffuse sul territorio.

Al centro del coordinamento e dello sviluppo di questa progettualità integrata una nuova figura professionale: il Cultural Experience Manager.

Il patrimonio culturale come esperienza immersiva e condivisa. Tutte le ricerche e evidenze confermano che sempre di più per le nuove generazioni la “cultura” è vivere un’esperienza immersiva e interattiva.

Rendere vivo, interattivo e pulsante il nostro patrimonio culturale è una priorità e va fatto attraverso nuove tecnologie come la Realtà Aumentata, Virtuale e Mixata, perché “incontrare” un pezzo del nostro unico ed incredibile patrimonio significhi viverlo, entrarci e dialogarci per un’esperienza indimenticabile.

Per questo serve dotare i nostri siti di un’adeguata infrastruttura digitale, su cui poi poter costruire quella danza tra realtà e virtuale da offrire ai visitatori.

Un’infrastruttura che proponiamo essere una piattaforma aperta, nell’accesso ai dati e nelle sue API, per consentire di mettere a fattor comune di tutti gli operatori la conoscenza acquisita e di consentire agli innovatori digital di tutto il mondo di avere un nuovo campo di gioco dove esprimere la loro creatività tecnologica

Gli sforzi e le idee imprenditoriali, legati alle nuove tecnologie in particolare, rappresentano un’opportunità di crescita economica.

Il nostro patrimonio culturale ha bisogno di innovazione, di capacità sperimentale, di creatività tecnologica, di nuova linfa di pensiero, caratteristiche di cui il mondo dell’imprenditorialità tecnologica e (anche) giovanile è ricchissimo.

Incentivare questo incontro è fondamentale, e le modalità con cui può essere fatto sono molte:

- chiamare a raccolta talenti nazionali ed internazionali, per inventare nuove soluzioni in questo ambito. Ad esempio: immaginare insieme a loro come sfruttare la Mixed Reality a Venezia;

- supportare gli investitori (dagli Angel Investor ai Venture Capitalist) a guardare in questa direzione, adottando criteri di sviluppo e sostenibilità culturale nella scelta di investimento;

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- creare dei percorsi formativi ed educativi, nelle nostre università, che stimolino i nostri studenti a comprendere quanto ci sia da fare in questo ambito e quanto questa sfida possa portare molte soddisfazioni, anche di tipo economico.

Education:

Incentivare piattaforme di condivisione delle migliori esperienze consentendo agli insegnanti di confrontarsi sulla didattica innovativa utilizzate in aula. Ripensare la didattica approfittando delle nuove metodologie: apprendimento esperienziale, gioco, cooperazione, learning by doing e P2P. La didattica innovativa punta a sviluppare una mente critica e una capacità di ragionamento attivo.

L’Italia è fatta di città (poche) e periferie (tante). Il futuro dei giovani deve dipendere dalle loro azioni, e non dalle loro origini. Né dalle loro situazioni di vita, reddito, genere, cultura.

Incentivare le Aziende Tech affinché adottino una Scuola Professionale di periferia per sviluppare programmi di orientamento e sviluppo per gli studenti, trasformando così la Scuole in uno spazio di incontro e discussione.

Potenziare i programmi per gli studenti degli ultimi anni di superiori, che ancora troppo spesso non conoscono il mondo del lavoro, per orientarsi sui possibili percorsi lavorativi confrontandosi con professionisti. Per farlo semplificando l’organizzazione e alleggerendo le scuole, è possibile incentivare la creazione di una piattaforma di P2P mentoring dove gli studenti possono confrontarsi con i tanti professionisti di esperienza disposti a mettere a disposizione una percentuale del loro tempo in un’ottica di puro give-back.

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Food & FoodTech

Agire sui prodotti grazie a tecnologie di food science per aumentare la qualità e ridurre gli sprechi.

Incentivare gli investimenti in food science, un campo attraente e in ascesa per l’ambito foodtech europeo, e italiano in particolare. Nonostante costi di accesso non trascurabili, le opportunità di ritorno sull’investimento non lasciano spazio a dubbi sull’importanza dello stesso, a tutti i livelli della filiera. In questo contesto, l’efficientamento della produzione con un particolare focus su sostenibilità economica e ambientale può essere agevolato dalla cosiddetta produzione “ristretta”, ovvero quella parte di filiera relativa a singole linee produttive, dove lo sviluppo di soluzioni tecnologicamente avanzate che operano sul singolo “prodotto agricolo” può influire significativamente sulla qualità dei prodotti, specialmente in ottica di scala.

Esempio efficace può essere la creazione di nano-componenti biocompatibili che assicurino il corretto assorbimento da parte delle piante di nutrienti e pesticidi o l’analisi e la mappatura genetica per replicarne caratteristiche chiave e migliorare la salute dell’individuo.

Arricchire il sistema agroindustriale con modelli data-driven e tecniche di produzione innovative rendendolo pronto per le nuove sfide climatiche e sociali. Incentivare lo sviluppo e l’applicazione di modelli agronomici predittivi e sempre più intelligenti, accanto ai sistemi di produzione alimentare a ciclo chiuso (agricoltura ambientale controllata) o coltivazione fuori dal suolo (idroponica, aeroponica, verticale), offrono un’opportunità in più per rivoluzionare gli spazi urbani attraverso il recupero di aree dismesse, creando realtà di vero e proprio “urban farming”. Così, allo stesso tempo, cambia il paradigma della food security grazie a produzioni sostenibili e di qualità.

Usare i dati e le nuove tecnologie su di essi basate, come l’intelligenza artificiale, in questo settore risulta fondamentale per efficientare e potenziare la produzione e lo scambio di informazioni tra gli attori coinvolti. I risultati prospettati? Un risparmio idrico fino al 90%, il raccolto protetto da fenomeni climatici estremi, nuove tecnologie di monitoraggio d’avanguardia e serre innovative e aree industriali riadattate da Sud a Nord, anche grazie a strumenti basati su modelli agronomici e intelligenza artificiale che permettono la lettura in tempo reale dello stato delle coltivazioni, arrivando ad analisi previsionali per ottimizzarle.

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Integrare dati, conoscenze e tecnologie per una filiera più efficiente, sostenibile, e consumatori più informati

Al fine di rendere i prodotti di qualità accessibili a un maggior numero di persone e far sì che la produzione agricola diventi sempre più sostenibile nel lungo termine, è necessario affiancare al concetto esteso di filiera il mondo del foodtech, al fine di creare ciò che oggi definiamo “economia circolare”.

Incentivare l’introduzione di nuovi strumenti e materiali nel percorso dal campo alla tavola o DTC (direct-to-consumer) significa ridurre gli sprechi, cambiare il modo stesso in cui la filiera funziona a favore di un processo integrato che sfrutta i punti di forza degli attori coinvolti, ed estende il potenziale di esportazione delle eccellenze Made in Italy e con esse i valori che incarnano. La chiave è valorizzare le nuove tecnologie al fine di semplificare e migliorare la filiera, analizzando in profondità ciascun prodotto senza complicare il processo industriale o estendendo la durata di conservazione nel caso di prodotti freschi.

Anche l’attivazione di sistemi peer di monitoraggio della catena di distribuzione può supportare efficacemente sia la parte della catena a monte (controllo qualità ed efficientamento della distribuzione) sia la clientela a valle, sia essa rappresentata dal grossista o dal cliente finale (quality insurance, preservazione della catena del freddo)

Cambiare prospettiva per convertire sprechi e scarti, che oltre a un tema etico rappresentano incredibile sperpero economico, in risorse inattese: il foodtech circolare.

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Potenziare ogni tipologia di incentivazione nel settore, dalla ricerca agli investimenti, per lo sviluppo di un’economia il più possibile circolare in grado di sviluppare allo stesso tempo nuovi settori di mercato e efficientare quelli già esistenti traendone il massimo in termini di sostenibilità ed efficienza.

Ciò si può fare usando gli scarti di produzione del settore agroalimentare per creare nuovi prodotti che possono avere un loro mercato, come ad esempio le bioresine, i polimeri plastici e i materiali per l’edilizia.

Lo stesso vale per il settore del packaging, in cui i materiali di scarto possono acquisire una nuova vita ad una più alta percentuale di riciclabilità., e per il mondo retail.

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