La gente sta lasciando il Nagorno-Karabakh: Euronews è stata a Martuni, dove l'accesso era strettamente controllato
Continuano le ostilità tra Armenia e Azerbaigian nella regione separatista del Nagorno-Karabakh, nonostante l'accordo di cessate il fuoco negoziato a Mosca la scorsa settimana, che avrebbe dovuto essere in vigore da sabato.
I due Paesi si accusano a vicenda di attacchi: l'Esercito azero ha annunciato di aver bombardato "sistemi di lancio di missili", dispiegati di notte sul territorio armeno e che, secondo gli azeri, sarebbero stati utilizzati per colpirli.
La gente, intanto, continua a lasciare il Nagorno-Karabakh: in coincidenza dell'entrata nella terza settimana, l'intensità del conflitto va tutt'altro che scemando.
Euronews è stata in prima linea, nei pressi della città di Martuni, dove l'accesso è strettamente controllato e le interviste sono bandite.
Pur in presenza di una mattinata tranquilla, in lontananza si ode il rumore dei combattimenti.
"Nelle ultime due settimane - dice la giornalista Amanda Coakley - la linea di contatto è stata in continuo mutamento e lungo di essa sul lato armeno ci sono queste posizioni permanenti.
Gli armeni stanno combattendo una guerra di trincea, ma stanno anche cercando di difendersi dalla potenza aerea azera".
Stallo politico (e non solo)
E mentre Erevan si dice scettica su possibili negoziati, Baku spinge per avere dalla sua la Turchia, come alleato in eventuali futuri colloqui, negando però il fatto che Ankara sia attivamente schierata nel conflitto.
"Gli F-16 turchi sono qui. Sono arrivati durante le esercitazioni e sono rimasti dopo gli attacchi armeni", spiega il presidente azero, Ilham Aliyev - ma sono a terra e nessuno di questi aerei ha preso parte alla guerra".
La Turchia è anche accusata di aver inviato militanti filo-turchi dalla Siria, per combattere al fianco degli azeri, accuse categoricamente smentite da Ankara.
Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, punta il dito dritto contro Baku: "Nel corso degli anni, il processo di negoziazione sulla questione del Nagorno-Karabakh ha raggiunto un punto in cui, essenzialmente, l'Azerbaigian chiede al popolo armeno, al popolo del Karabakh, di rinunciare ai propri diritti", dichiara il premier.
I sostenitori di entrambe le parti emigrati all'estero sono scesi in piazza negli ultimi giorni, in diverse città del mondo: da Parigi - dove sono i filo-armeni ad aver manifestato - sino a Milano, passando per Stati Uniti e Iran.
I combattimenti iniziati il 27 settembre sono gli ultimi in ordine cronologico di un conflitto vecchio di decenni e mai veramente assopito.
Un conflitto, in questo territorio del Caucaso, scoppiato all’inizio degli anni '90 e che ha causato la morte di 30.000 persone e centinaia di migliaia di rifugiati da entrambe le parti.
Gli scontri tra i due Eserciti riprendono periodicamente - le ultime volte nel 2012 e nel 2016 - tuttavia le ostilità in corso sono sicuramente le più gravi a far data dal 1994.