Frontiere sigillate a Ceuta e Melilla, migliaia di frontalieri marocchini senza più lavoro

Un senzatetto marocchino guarda il porto di Melilla in una sera di settembre del 2018 - Foto d'archivio
Un senzatetto marocchino guarda il porto di Melilla in una sera di settembre del 2018 - Foto d'archivio Diritti d'autore FADEL SENNA/AFP or licensors
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Di Lillo Montalto MonellaAFP
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"Se la frontiera non riaprirà, non avrò altra scelta che chiedere l'elemosina", dice all'agenzia AFP Fadwa, collaboratrice domestica marocchina di 43 anni. Fadwa ha passato gli ultimi 18 anni a lavorare a Ceuta, a meno di 10km da casa

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Migliaia di lavoratori transfrontalieri marocchini stanno patendo gravi conseguenze economiche a causa della chiusura della frontiera con l'exclave spagnola di Melilla che dura ormai da sei mesi.

"Tutto si è completamente fermato", lamenta Mohamed Bouhlal, padre di famiglia di 43 anni che non riesce più a pagare l'affitto e teme di ritrovarsi presto per strada.

Anche il confine con Ceuta - l'altra appendice spagnola in terra africana, distante circa 400 km da Melilla - è sigillato a causa della pandemia di Covid-19.

"Se la frontiera non riaprirà, non avrò altra scelta che chiedere l'elemosina", dice all'agenzia AFP Fadwa, collaboratrice domestica marocchina di 43 anni. Fadwa ha passato gli ultimi 18 anni a lavorare a Ceuta, a meno di 10km da casa.

JORGE GUERRERO/AFP or licensors
Panorama della fortezza di Melilla la Vieja (Vecchia Melilla), costruita nel XVI-XVII secoloJORGE GUERRERO/AFP or licensors

Il vicino posto di frontiera è deserto e la polizia sorveglia l'ingresso recintato.

Fnideq, piccola cittadina commerciale solitamente piena di gente in questo periodo dell'anno, sembra paralizzata, sospesa nel tempo.

A causa della chiusura delle frontiere terrestri tra Europa e Africa, oltre 8mila persone - camerieri, negozianti, addetti alle pulizie e lavoratori del settore turistico - hanno perso il lavoro: 3.600 a Ceuta e 5.000 a Melilla, stimano i sindacati locali.

Per Chakib Merouane, segretario generale dei lavoratori marocchini di Ceuta, la situazione è grave.

Se alcuni hanno potuto contare sul "buon cuore" del proprio datore di lavoro - data l'eccezionalità della situazione - altri sono stati messi alla porta o verranno presto licenziati, secondo le testimonianze raccolte dal suo sindacato.

Alcuni "hanno dovuto divorziare o sono caduti in depressione: hanno scelto di rimanere bloccati (nelle enclavi, ndr) lontani dai propri cari, così da conservare il posto di lavoro", continua Merouane.

Per qualche tempo non ci sono stati problemi grazie all'accordo tra Marocco e Spagna che esonerava i lavoratori transfrontalieri dall'obbligo del visto.

Fattouma Chairi, 73 anni, fa la pendolare da mezzo secolo. "Da marzo non ricevo più uno stipendio, sono bloccata a casa", dice all'agenzia AFP. Teme di perdere la pensione.

In Marocco, la crisi dovuta alla pandemia potrebbe far sprofondare oltre un milione di persone vulnerabili nell'indigenza, facendo schizzare il tasso di povertà, in un Paese da 35 milioni di persone, al 20%.

Si prevede che il Regno vivrà la sua peggiore recessione dal 1996, con una contrazione di oltre il 5% del PIL. Agli effetti della pandemia si associano i bassi rendimenti dell'agricoltura.

Alcuni hanno dovuto divorziare o sono caduti in depressione: hanno scelto di rimanere bloccati (nelle enclavi, ndr) lontani dai propri cari, così da conservare il posto di lavoro
Chakib Merouane
Segretario generale dei lavoratori marocchini di Ceuta

Ma se da un lato quasi sei milioni di famiglie in difficoltà hanno potuto ricevere aiuti di Stato per tre mesi, nulla è stato predisposto per i marocchini che si sono ritrovati senza lavoro a causa della chiusura delle frontiere terrestri con la Spagna.

"Non ho ricevuto alcun aiuto, ho dovuto prendere in prestito dei soldi per sei mesi per sopravvivere. Ma ora che non mi è più possibile, rischio di finire per strada", dice Merouane. Il sindacalista 49enne è stato impiegato in un ristorante di Ceuta negli ultimi 20 anni.

"Le autorità sono più crudeli della pandemia"

"Tutti stanno tornando al lavoro, perché noi non possiamo? Le autorità non possono essere più crudeli della pandemia", lamenta Fadwa, che grazie al suo lavoro nella exclave spagnola riusciva a mantenere sei membri della famiglia, tra cui il marito disoccupato.

Il governo locale non ha voluto commentato nello specifico la situazione di questi lavoratori transfrontalieri. In generale, le autorità marocchine dicono di profondere tutti gli sforzi possibili nella lotta contro la pandemia. Il picco nel Paese è stato raggiunto quest'estate.

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La regione soffre per una crisi socio-economica iniziata ben prima dell'arrivo del Covid-19, a fine del 2019, quando le autorità hanno chiuso un posto di frontiera con Ceuta da cui transitavano le merci e, con esse fioriva il contrabbando - con importanti ricadute economiche sull'intera zona.

A tutt'oggi non è stata fissata alcuna data per la riapertura delle frontiere.

Samira, 33 anni, "sta pensando seriamente di andare a nuoto fino Ceuta". "Non ho più scelta", dice piangendo. Da quando ha perso il lavoro come assistente sociale a Ceuta non può più mantenere la famiglia.

A passare la frontiera ci riescono, talvolta, i migranti.

Decine di migranti ospitati nell'arena della corrida

A metà agosto, la Guardia Civil spagnola ne ha intercettati 300 durante un tentativo collettivo di salto della recinzione di Melilla. L' "assalto" ha provocato la morte di un migrante, il ferimento di altri 8 e di tre poliziotti.

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Giovedì della settimana scorsa, il Consiglio d'Europa ha invitato la Spagna ad offrire una migliore assistenza alle centinaia di migranti che ospitati nell'arena di Melilla, la plaza de toros.

Il CETI, il centro di permanenza vicino alla frontiera che può ospitare 480 persone, viaggia già a più del doppio della sua capacità (1.400 ospiti a fine agosto secondo l'OIM) e sono già emersi oltre 25 casi di positività al coronavirus.

Nella plaza de toros è stato allestito un centro temporaneo d'accoglienza e qui sono stati alloggiati altri 500 migranti.

Jose Colon/Copyright 2019 The Associated Press. All rights reserved.
La recinzione che separa l'Europa dal Marocco a Melilla (foto del 2014)Jose Colon/Copyright 2019 The Associated Press. All rights reserved.

Queste arene non sono state progettate "per accogliere migranti o richiedenti asilo a lungo termine", ha sottolineato il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, in una lettera al governo spagnolo.

I migranti avrebbero "solo un accesso limitato alle docce e ai servizi igienici"; nessuna disponibilità di "prodotti alimentari e per l'igiene" e impossibilità di rispettare le misure di distanziamento sociale a causa del sovraffollamento, ha notato il commissario. La situazione è delicata anche a causa di risse, rapine e accuse di uso eccessivo della forza" da parte delle autorità.

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Mijatovic ha esortato Madrid a trovare soluzioni alternative per accogliere migranti e richiedenti asilo, sempre garantendo loro l'accesso alle procedure per la richiesta di protezione internazionale.

Anche Amnesty International si è unita alla richiesta di trasferire più migranti verso la Spagna continentale già avanzata da OIM, UNHCR e da Mijatovic.

"Durante l'attuale crisi sanitaria", la Spagna ha "adottato mezzi straordinari per rispondere a una situazione in rapida evoluzione" e mantiene come "obiettivo" il "rispetto della tutela della salute e della sicurezza delle persone", si è difeso il ministro degli Interni, Fernando Grande-Marlaska Gomez, in una lettera di risposta al commissario Mijatovic.

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